Sentenza definitiva
Il nostro sistema processuale è ispirato in linea generale al principio secondo cui il giudice che delibera nel merito deve definire il giudizio, pronunciando su tutte le domande e le eccezioni proposte dalle parti (art. 277, comma 1, c.p.c.).
Il nostro ordinamento prevede alcune eccezioni a questo principio con due (sotto)tipi di sentenza: la sentenza definitiva generica e la sentenza (definitiva) parziale.
Sentenza definitiva generica
Il danneggiato può chiedere che sia accertata la responsabilità del danneggiante per il verificarsi dell'evento dannoso (condanna generica) e riservarsi di chiedere in un successivo giudizio la quantificazione del danno.
La sentenza generica è una sentenza definitiva, che chiude il procedimento, ma il suo oggetto riguarda solo al generica responsabilità del danneggiante.
Sentenza (definitiva) parziale
Come si è detto il giudice che delibera nel merito deve definire il giudizio, pronunciando su tutte le domande e le eccezioni proposte dalle parti.
Alla predetta regola può tuttavia derogarsi nei casi previsti dagli art. 277, comma 2, c.p.c. e art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4, che contemplano la possibilità delle sentenze non definitive, vale a dire di quelle pronunce che non esauriscono il thema decidendum in quanto risolvono soltanto alcune delle questioni dibattute, disponendo per le altre la prosecuzione del giudizio
In tale successiva fase del processo, il giudice che abbia emesso una sentenza parziale, rimane da questa vincolato, nel senso che non può rimetterne in discussione il decisum a meno che la stessa non sia stata riformata a seguito di impugnazione immediata (C. Cass. 1998/04821, 1999/05860, 2000/10101 e 2001/02332).
Il codice consente, infatti, alla parte interessata di scegliere se dolersi subito al giudice superiore ovvero attendere l'emanazione della sentenza conclusiva del giudizio.
Nella prima ipotesi, il gravame dovrà riguardare soltanto il profilo affrontato dalla sentenza non definitiva, con la conseguenza che l'appellante non sarà obbligato a riproporre le altre domande od eccezioni non esaminate in primo grado ed il giudice di appello non potrà dal canto suo passare all'esame di questioni diverse da quella su cui è chiamato a pronunciarsi (C. Cass. 1987/05999 e 1992/00595), definendo la stessa con un dicturn destinato ad inserirsi immediatamente nel processo eventualmente sospeso od ancora pendente davanti al giudice a quo". Costui sarà quindi tenuto a conformarsi alla predetta decisione, tenendo ad esempio conto di quelle domande che aveva creduto di non poter esaminare o di quelle eccezioni che aveva ritenuto di dover disattendere.
Perché questo avvenga, è però necessario che si tratti di una vera e propria sentenza parziale perché se quella impugnata presenta i caratteri della pronuncia definitiva, il giudice di prime cure non può tornare ad occuparsi della causa, che dovrà proseguire e concludersi in appello salvo che non ricorrano una delle ipotesi di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. (erronea dichiarazione dell'estinzione del processo, nullità dell'atto di citazione, mancata sottoscrizione della sentenza, omessa integrazione del contraddittorio ed indebita estromissione di una parte processuale).
Le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, con sent. n. 1577 del 1 marzo 1990, hanno spiegato che la definitività esige un espresso provvedimento di separazione oppure una pronuncia sulle spese, che potendo essere adottata soltanto in chiusura del processo, implica necessariamente la separazione delle cause fino ad allora riunite.
La prescrizione e le diverse tipologie di sentenze
Oltre il mero interesse processuale diretto a catalogare le diverse tipologie di sentenze è opportuno osservare che esiste un diverso interesse sostanziale che spinge a studiare le diverse tipologie di sentenze, infatti, occorre valutare come si atteggia la prescrizione del credito o del diritto in presenza delle diverse sentenze.
In altri termini occorre valutare se la prescrizione agisce in modo diversi in presenza di una sentenza generica o di una parziale.
La prescrizione e la sentenza parziale
Il problema dell'incidenza della prescrizione in presenza di una sentenza parziale, quasi non si pone, in quanto la prescrizione del diritto o del credito è stata sospesa con l'inizio del procedimento che ha dato vita alla sentenza parziale.
Anche dopo la sentenza parziale la prescrizione dovrebbe essere sospesa, in quanto se non viene fatta la riserva di appello sarà fatto appello e la prescrizione resta interrotta, se, invece, viene fatta riserva di appello, la prescrizione rimane sempre sospesa in attesa della decisioni sulle restanti questioni
La prescrizione e la sentenza generica di condanna al risarcimento del danno
Quanto, invece, all'incidenza della prescrizione in presenza di una sentenza generica, si può dire che una volta passata in giudicato la sentenza di condanna generica al risarcimento del danno da liquidarsi, la successiva azione volta alla determinazione del quantum debeatur, per il disposto dell'art. 2953 c.c., non è soggetta alla prescrizione breve di cui all'art. 2947 c.c., ma a quella decennale, decorrente dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.
Tutto questo dipende proprio dalle caratteristiche strutturali della sentenza generica di condanna, infatti, la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell'attitudine all'esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l'accertamento dell'obbligo risarcitorio, strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantrun.
Cass., civ. sez. III, del 18 giugno 2019, n. 16289