La necessità di avere un regolare ed uniforme sviluppo del territorio (anche urbanistico) ha spinto lo Stato a disciplinare, (ma, di fatto, a limitare), il diritto del singolo proprietario di costruire sulla propria proprietà. Il metodo usato dal legislatore, per raggiungere questo risultato, è quello subordinare l’esecuzione dell’opera edilizia all’ottenimento di un preventivo provvedimento amministrativo autorizzativo (di fatto la p.a. concede il diritto di costruire).
In questo modo, si ottiene il controllo dello sviluppo urbanistico di un’area (pianificazione urbanistica) e si colpisce anche la mera speculazione edilizia.
Nel corso del tempo, però, si è notato che la mera abilitazione urbanistica non bastava e l’obbligo di un preventivo provvedimento ammnistrativo autorizzativo dell’attiva edilizia doveva essere rafforzato (tutelato) prevedendo sanzioni penali in caso di abuso edilizio (costruzioni senza permessi edilizi o in difformità delle stesse autorizzazioni) e doveva essere impedito il trasferimento (la vendita) degli immobili privi di titolo abilitativo edilizio o degli immobili irregolari dal punto di vista edilizio (per irregolari si intende un immobile difforme dal titolo edilizio), quest’ultimo fine si è raggiunto imponendo al venditore di dichiarare, al momento del trasferimento, gli estremi dei provvedimenti edilizi autorizzativi.
Limitandoci al rilievo civile – contrattuale dei titoli abilitativi edilizi, è possibile ricordare l’art. 17 della legge 47 del 28 febbraio 1985, oggi completamente riportato nell’art. 46 del c.d. testo unico dell’edilizia DPR del 6 giugno 2001 n. 380, rubricato con il titolo di “Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985” il quale stabilisce che
- “1. Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.
- 4. Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa.
- 5. Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria.
- 5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi realizzati mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, qualora nell'atto non siano indicati gli estremi della stessa.
Dalla semplice lettura del testo unico si deduce che gli atti inter vivos (intendendosi con tale locuzione i contratti ad efficacia reale a titolo oneroso o gratuito) costitutivi, (es. trasferimento di proprietà, nuda proprietà, superficie, enfiteusi, usufrutto, uso abitazione) modificativi o estintivi di diritti reali devono contenere una dichiarazione dell’alienante con la quale si indicano gli estremi del titolo abilitativo edilizio.
Sono esclusi dall’applicazione della legge gli atti mortis causa di trasferimento di diritti reali (es. i testamenti e i legati), gli atti costituitivi di ipoteca (diritti reali di garanzia) e gli atti costitutivi di servitù.
Sempre dal testo della legge (conforme alla legge pregressa 47/85) si nota che esistono due tipi di nullità, una sostanziale (mancanza di titolo abilitativo edilizio e/o irregolarità della costruzione rispetto al titolo edilizio) una seconda nullità formale derivante dalla mera mancanza della dichiarazione sull’esistenza dei titoli edilizi ad opera del venditore. Ora, mentre, la nullità formale può essere confermata (sanata), la nullità sostanziale non può essere confermata (santa).
La ratio della disposizione che considera nulli i contratti senza le dichiarazioni urbanistiche è evidente: limitare il diritto di costruire dei singoli a vantaggio di un controllo sempre maggiore sulla pianificazione edilizia da parte dello Stato.
Il testo unico sull’edilizia (come la pregressa legge 47/85) si riferisce agli atti (i contratti) che avevano efficacia reale, cioè che trasferiscono, modificano o estinguono diritti reali, ma non considera i contratti obbligatori (come il preliminare) che non hanno efficacia reale, ma obbligano le parti a stipulare un successivo contratto definitivo con efficacia reale.
Nell’ipotesi in cui viene stipulato un preliminare avente ad oggetto un immobile totalmente abusivo o irregolare, si è sempre sostenuto che l’unica tutela per la parte compratrice era la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, per cui, la sanzione per la parte venditrice era quella dell’inadempimento. Di conseguenza, il contratto è considerato valido ed efficace fino a quando non viene sciolto per l’inadempimento di una delle parti e, addirittura, le parti potrebbero anche decidere di non richiedere l’inadempimento, ma ridurre il prezzo e stipulare il contratto definitivo (es. quando si scopriva una irregolarità e/o difformità tra la costruzione e il titolo edilizio.
La differenza di trattamento tra contratto definitivo e contratto preliminare (avente ad oggetto il medesimo bene) è evidente.
Sottolineare questa evidente differenza, non significa che vuole o si ritiene applicabile al preliminare il testo unico sull’edilizia (e, quindi, non significa che il preliminare è nullo se non sono presenti le dichiarazioni urbanistiche del promittente venditore), ma si vuole solo sottolineare che secondo logica se il bene è illecito quando è oggetto di un contratto definitivo, (perché, ad esempio, totalmente privo di titolo edilizio, o perché irregolare e/o non conforme rispetto al titolo edilizio), il medesimo bene sarà illecito anche se oggetto di contratto preliminare (sempre se il bene si trova nelle identiche condizioni, cioè il bene è totalmente abusivo o irregolare rispetto al titolo abilitativo edilizio).
In altri termini, il bene non è abusivo solo perchè inserito in un contratto definitivo, ma è abusivo anche quando è inserito (solo) in un contratto preliminare (che, di solito, precede la stipula del contratto definitivo). Del resto, se è nullo il contratto definitivo, deve essere nullo anche un propedeutico (anche se eventuale) ed un atto preparatorio come il preliminare. Questo è sostanzialmente il punto a cui giunge la Cassazione.
Considerare nulli i preliminari quando manca il titolo edilizio abilitativo oppure quando il titolo edilizio abilitativo c’è ma la costruzione è stata realizzata in modo difforme da quanto indicato nel titolo, comporta alcune conseguenze: a) la nullità, in quanto rilevabile d’ufficio, sarà sempre dichiarata, b) vien sottratta alla singola parte contrattuale il potere di decidere se chiedere o meno l’inadempimento; c) di fatto, fin dal momento della stipula del preliminare, occorrerà effettuare i controlli sulla (reale) conformità edilizia.
Cassazione civ. sez. II, del 17 ottobre 2013 n. 23591 in pdf