Quando sul medesimo bene più persone esercitano il medesimo diritto reale, si crea quella che viene definita una comunione. Il legislatore cerca di agevolare, in ogni modo, lo scioglimento delle comunioni, in quanto è consapevole delle difficoltà che una situazione di comproprietà può generare (basta pensare all'uso – eventualmente turnario – del bene comune oppure basta pensare a tutti i problemi che derivano dal mancato uso del bene comune da parte di tutti i comproprietari o ai problemi che derivano dall'uso del bene in comune solo da parte di alcuni dei proprietari).
Allo scioglimento della comunione si giunge – di solito – attraverso la divisione, (da distinguere dalla mera operazione di frazionamento catastale del bene) procedimento che presenta notevoli difficoltà, infatti, basta pensare a tutti problemi che derivano dalla formazione delle quote o delle porzioni (difficolta acuite dalla possibile presenza di beni non omogenei o con natura diversa), altre volte i beni possono non essere materialmente separabili o frazionabili (ipotesi, quest'ultima, che deve essere distinta dalla mera necessità di procedere alle operazioni materiali di separazione dei beni dopo la divisione degli stessi).
Se non si può giungere allo scioglimento della comunione o non si ha interesse allo scioglimento immediato della comunione è anche possibile "uscire" dalla stessa situazione di contitolarità, lasciando immutata la comunione, cedendo la propria quota (ad un estraneo o ad un altro dei comproprietari) in questo modo, anche se non si scioglie la comunione, si permette al singolo partecipate di uscire dalla situazione di contitolarità del bene. Tutto questo è possibile perché il legislatore riconosce al singolo contitolare di cedere la sua quota in ogni tempo (in altri termini, il legislatore, non impone un trasferimento congiunto di tutte le quote).
E' facilmente intuibile che anche quando si gestisce la singola quota è possibile giungere alla fine alla comunione con un procedimento che non rientra nella divisione, ma, di fatto, raggiunge il medesimo effetto, (basta pensare alle ipotesi in cui tutti i contitolari vendono il bene comune ad un unico soggetto).
La peculiarità di queste situazioni è data dal fatto che – sicuramente – oggetto del preliminare sono tutte le quote del bene in comune, ma, occorre anche comprendere se l'oggetto del preliminare è inscindibilmente unico (nel senso che tutte le parti hanno considerato tutte le quote come inscindibilmente unite, nel senso che senza la quota di uno dei comproprietari non si sarebbe effettuato il trasferimento) oppure se l'oggetto del preliminare è scindibile (nel senso che le parti hanno considerato oggetto del contratto tante singole quote e solo per economicità hanno stipulato un unico contratto e non tanti contratti separatamente).
Qualsiasi sia la valutazione della fattispecie (quote scindibili quote inscindibili) deve essere chiaro che il principio per il quale la quota può essere gestita e venduta solo dal singolo proprietario non è compromesso o eliminato, in altri termini anche in presenza di un oggetto del contratto inscindibile non è possibile trasferire ogni quota senza il consenso del rispettivo proprietario. Una caratteristica dell'oggetto inscindibile (o scindibile) è data dal fatto che se per un motivo qualsiasi manca ab origine (al momento della stipula) il consenso di uno dei contitolari il contratto (se l'oggetto è inscindibile) il contratto resta totalmente inefficace (non produce nessun trasferimento), mentre se l'oggetto del contratto è scindibile e se viene a mancare ab origine (o se viene a mancare ex post) il consenso di uno dei contitolari il contratto produce effetti limitatamente alle quote di coloro che hanno manifestato il consenso, cioè il contratto produce un effetto parziale.
Quindi, mentre nel contratto preliminare con bene comune inscindibile non è possibile stipulare il definitivo (anche limitatamente alle parti per le quali sussiste il consenso) e non è possibile chiedere la sentenza ex art. 2932 c.c. (anche limitatamente alle parti per le quali sussiste il consenso), al contrario nel contratto preliminare con bene comune "scindibile" è possibile stipulare il definitivo limitatamente alle parti per le quali sussiste un consenso valido ed è possibile chiedere la sentenza ex art. 2932 c.c. limitatamente ai venditori che hanno manifestato un consenso valido.
Questo perché quando nel preliminare di vendita avente ad oggetto un bene in comproprietà indivisa, si deve ritenere che i promittenti venditori si pongano congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate invece a fondersi in un'unica manifestazione negoziale, giacché si deve presumere che il bene sia stato considerato dalle parti come un "unicum" giuridico inscindibile, in difetto di elementi desunti dal tenore del contratto, che siano idonei a far ritenere che con esso siano state assunte (anche contestualmente) dai comproprietari promittenti distinte autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà, inesistenti nella specie.
Da ciò consegue che, qualora una di dette manifestazioni manchi, o risulti viziata da invalidità originaria, o venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell'art. 2932 c. c., restando, pertanto, escluso che il promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello (o di quelli) tra comproprietari promittenti, dei quali esista e persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare.
Questa ricostruzione, (basata sulla situazione di fatto avente ad oggetto il trasferimento di un bene indiviso), da un lato presuppone che nel contratto nulla sia specificato dalle parti, potendo le parti regolarsi anche in modo diverso, dall'altro rafforza l'interesse del venditore ad acquistare un bene per intero e non una parte di bene, (ricreando così, una situazione di comunione), mentre indebolisce l'interesse del singolo contitolare a dismettere la propria quota.
Cass., civ. sez. VI, del 2 febbraio 2015, n. 1866 in pdf