Prelazione legale
La prelazione conferisce ad un soggetto il diritto di essere preferito "se" e "quando" sarà stipulato un determinato contratto.
La prelazione può essere definita volontaria, quanto il diritto di prelazione è conferito in seguito ad un libero accordo negoziale concluso tra le parti, mentre la prelazione è definita legale quanto è lo stesso legislatore che attribuisce il diritto di essere preferito ad un determinato soggetto.
Rientrano nella prelazione legale (imposta dal legislatore) la prelazione ereditaria ex art. 732 cc e la prelazione agraria.
La ratio della prelazione legale
I motivi che spingono il legislatore a riconoscere il diritto di prelazione possono essere i più vari e distinguersi o essere diversi per ogni prelazione, ad esempio nella prelazione ereditaria si ritiene che la prelazione è riconosciuta onde evitare di far inserire un estraneo nella comunione ereditaria, mentre nella prelazione agraria, la prelazione ha il fine di evitare di disperdere o frazionare la continuità agraria oppure permette al coltivatore diretto del fondo di diventare proprietario dello stesso, conservando la continuità agraria del fondo.
L'effetto della prelazione legale sull'autonomia negoziale
Se diverse possono essere le motivazioni che portano a riconoscere un diritto di prelazione, è opportuno osservare che sono quasi identiche le conseguenze che derivano dal diritto di prelazione.
Infatti, il diritto che deriva dalla prelazione volontaria o legale (cioè il diritto di essere preferito per la stipula di un determinato contratto), di fatto, limita l'autonomia negoziale, in quanto impone ad un soggetto un determinato contraente (o una determinata controparte).
Prelazione agraria e la vendita di un bene ereditario
Anche se le prelazione hanno dei punti in comune, ogni prelazione è specificatamente prevista per alcune ipotesi peculiari: la prelazione ereditaria regola il trasferimento dei beni ereditari, la prelazione agraria presuppone il trasferimento di fondi agricoli.
Questo, però, non esclude che possono venirsi a creare delle situazioni possono portare ad un conflitto tra diverse prelazioni.
Infatti,
- se si prende la prelazione ereditaria ex 732 c.c. si nota che la prelazione a favore del coerede sussiste soltanto in ipotesi di alienazione, sia pure parziale, della quota ereditaria (intesa come porzione ideale dell'universum ius defuncti), che implica, per la sua efficacia reale, l'ingresso dell'estraneo nella comunione ereditaria che la norma citata tende ad impedire;
- mentre la prelazione agraria ex art. 8 della legge 26 maggio 1965 n. 590 prevede che in caso di trasferimento a titolo oneroso di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, l'affittuario, il mezzadro, il colono ha diritto di prelazione; l'ultimo comma dell'art. 8 della legge del 26.5.1965 n. 590 prevede che ai soggetti indicati in precedenza sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore.
Ecco, quindi, che la prelazione agraria sembrerebbe applicarsi anche quando il fondo agrario è compreso in una comunione ereditaria e, in tale ipotesi, se viene trasferito un bene compreso nella comunione ereditaria hanno il diritto di prelazione gli altri contitolari del bene ereditario se una quota del fondo in comunione ereditaria è trasferito da uno degli altri contitolari.
Per rendere più concreta la questione giuridica si potrebbe fare riferimento a questo esempio: alcuni tra i coeredi di Tizio (deceduto), e precisamente Primo, Secondo, Terzo e Quarto, hanno venduto al coerede Quinto le rispettive quote di un fondo rustico facente parte dei beni caduti in successione alla morte di Tizio.
Resta da chiedersi se uno degli altri eredi (Sesto) in quanto coltivatore diretto del fondo trasferito ha diritto di prelazione sulla vendita ex art. 8 u.c. legge 590 del 1965.
L'interpretazione dell'art. 8 della legge 26.5.1965 n. 590
L'art. 8, comma 12, deve essere interpretato nel senso che:
- a) il trasferimento a titolo oneroso di quota indivisa di un fondo rustico in comunione non comporta prelazione agraria a favore dei comproprietari del fondo, ove non risulti che siano oltre che coeredi del venditore anche coltivatori diretti;
- b) il diritto di prelazione in favore del coerede, disciplinato dall'art. 732 cod. civ., prevale sul diritto di prelazione del coltivatore diretto del fondo, mezzadro, colono o compartecipante, ove anche il coerede sia coltivatore diretto;
- c) il diritto di prelazione tra coeredi, previsto dall'art. 732 cod. civ. per la durata della comunione ereditaria, integra un diritto personalissimo, non trasmissibile, contemplato in deroga al principio generale della libertà e autonomia negoziale e della libera circolazione dei beni al solo fine di assicurare la persistenza e l'eventuale concentrazione della titolarità dei beni in capo ai primi successori.
Risulta chiaro, perlatro, che la limitazione all'autonomia negoziale, che è il portato della prelazione a favore del coerede, prevista sia dal comma 3 sia dall'ultimo comma dell'art. 8 citato, si giustifica avuto riguardo al rapporto tra coerede e terzo estraneo alla comunione ereditaria risultando priva di giustificazione se applicata all'interno della comunione ereditaria.
Si deve affermare, conclusivamente e con riferimento allo specifico caso in esame, che all'interno della comunione ereditaria ciascuno dei coeredi è libero di trasferire la propria quota di fondo rustico all'uno o all'altro coerede, non essendo applicabili tra i coeredi le limitazioni all'autonomia negoziale che discendono dalla prelazione agraria riconosciuta dall'art. 8, ultimo comma, legge n. 590 del 1965 a favore del coerede coltivatore diretto.
Cass. civ. sez. II del 11 settembre 2017 n. 21050