Nota a Cassazione 21.06.2012 n.10296: La responsabilità professionale del notaio e l’abitabilità dell’immobile
Questo articolo è a cura dell’Avvocato Uber Tacconi del Foro di Bologna. Autore di contributi per la rivista Vita Notarile, si occupa di diritto civile, commerciale ed ecclesiastico in particolare su questioni legate all’attività notarile e alla gestione dei beni degli enti ecclesiastici.
Nota a Cassazione 21.06.2012 n.10296: La responsabilità professionale del notaio per la mancanza dell'abitabilità dell'immobile trasferito
Massima Cassazione, civ. sez. III sentenza del 21 giugno 2012 n. 10296
Notariato – Responsabilità professionale – Compravendita di immobile privo di abitabilità – Responsabilità del notaio – Sussistenza – Presupposti – Fattispecie. Vendita – Singole specie di vendita – Di cose immobili – Compravendita di immobile privo di abitabilità – Responsabilità del notaio – Sussistenza – Presupposti – Fattispecie.
Il notaio incaricato della stipula di un atto di compravendita immobiliare risponde dei danni patiti dall'acquirente a causa dell'assenza nell'immobile dei requisiti per il rilascio del certificato di abitabilità, a nulla rilevando che la mancanza di quei requisiti potesse essere agevolmente accertata dall'acquirente stesso, quando non sia dimostrato che il professionista abbia informato il cliente di tale situazione e delle sue possibili conseguenze.
Riferimenti normativi: Regio Decr. 27/07/1937 num. 1265 art. 221, D.P.R. 06/06/2001 num. 380 art. 24, Cod. Civ. art. 2236
Massime precedenti Vedi: N. 1426 del 1978, N. 24729 del 2008
La sentenza prosegue nel solco, da tempo perseguito anche dal legislatore, di accollare all’operatore giuridico, nel caso di specie al notaio, l’obbligo informativo a tutela dei contraenti, anche su elementi del negozio che dovrebbero essere tra i primi ad essere verificati dalle parti nel perseguire il loro interesse negoziale. L’agibilità di un edificio, che sostitusce la “superata” abitabilità si configura come un elemento determinante ed essenziale nell’ambito di un negozio di compravendita di un bene ad uso abitativo. La stessa giurisprudenza (Cass. civ., sentt. nn. 442 del 20/01/96; n. 13969 del 16.06.06; n. 9253 del 20.04.06; n. 10820 del 11.05.09) ha affermato che la mancanza di agibilità configura un aliud pro alio, (per Cass. n. 6548 del 18.03.2010 non si configura l’aliud pro alio, se il certificato di agibilità pur assente al momento della stipula della compravendita può essere richiesto ed ottenuto dopo, essendoci già tutti i requisiti sostanziali per averlo), essendo il principale interesse dell’acquirente quello di avere un bene da utilizzare come abitazione.
Qualora dai documenti e dai contatti tra le parti è evidente che il bene trasferendo non ha questa caratteristica essenziale, né attualmente i requisiti per ottenerlo, l’ordinamento giuridico accorda l’azione di risoluzione del contratto a favore del comparente che non ha accettato o non ritiene di accettare il bene sprovvisto dell’agibilità. Allo stesso contraente è poi concesso di agire per il risarcimento di eventuali danni senza essere soggetto ai limiti di prescrizione e di decadenza di cui all' art. 1495 c.c..
Va detto, infatti, che l’assenza del certificato di agibilità non è una situazione irreversibile, non sono rari i casi in cui, in mancanza del certificato, le parti si accordano di chiederlo a spese dell’una o dell’altra concludendo comunque il negozio traslativo senza rinvii e senza ripensamenti.
Inoltre la mancanza del certificato può dipendere da diverse cause sia formali, come la mancata richiesta o l’incompleta documentazione all’atto della richiesta, o sostanziali per la presenza di una situazione di fatto dell’edificio, che non consente l’emissione del certificato di agibilità in conformità delle norme edilizie ed urbanistiche applicabili alla fattispecie concreta. Il motivo effettivo della mancata emissione del certificato di agibilità fa quindi variare, anche notevolmente, l’attività e i costi per ottenerlo succesivamente al negozio traslativo e indirettamente, la responsabilità per la sua mancanza a chiunque debba essere addebitata.
Ora assegnare una responsabilità al professioniosta incaricato della stipula, a fronte di una mancanza immediatamente percepibile dal contraente che si addentra nel negozio con la precipua motivazione di acquistare un bene da utilizzare per l’uso stabilito, solo per una mancata comunicazione alla parte acquirente dell’inutilizzabilità del bene, è al limite di una responsabilità oggettiva.
Se questa “quasi responsabilità oggettiva” del professionista è giustificabile ed in un certo senso apprezzabile dove ci siano asimmetrie informative e di forze contrattuali, come tra venditore professionista e consumatore, per cui al professionista legale è chiesto di vigilare ed eventualmente riequilibrarne le posizioni, ciò non può dirsi in caso di negozi tra soggetti privati che contrattano tra loro fuori da rapporti professionali o di attività commerciali. In questi casi il professionista deve inserirsi nella contrattazione con discrezione, come ascoltatore delle volontà delle parti e come controllore del rispetto delle norme imperative, ha sicuramente la possibilità di evidenziare alle parti ciò che già le stesse potrebbero chiaramente apprendere dalle circostanze e dai documenti, ma appare eccessiva la responsabilità civile per la mancanza di esercizio di quella che, nella contrattazione tra privati, appare solo una facoltà e non un obbligo.
Avv. Uber Tacconi