Divisione parziale stralcio di quota divisionale
Il diritto di ogni contitolare di chiedere ed ottenere la divisione del bene comune può essere attuato tramite la c.d. divisione.
La divisione può essere amichevole (effettuata tramite un contratto redatto da un notaio) oppure la divisione può essere contenziosa richiesta ed ottenuta con sentenza (dopo un procedimento giudiziario).
In sede divisione amichevole/contrattuale i condividenti sono molto più liberi di gestire le operazioni in base ai propri interessi, infatti, soprattutto in sede di divisione contrattuale si vedono delle divisioni parziali, nelle quali la divisione ha ad oggetto solo uno dei condividenti, mentre gli altri restano in comunione (c.d. stralcio della quota divisionale).
Non esiste un obbligo di procedere ad una sola divisione totale, ma è anche possibile avere, nel corso del tempo, diverse divisioni oppure diverse divisioni parziali. Del resto, nulla esclude che dopo la divisione si scopre un altro bene compreso nella comunione e non oggetto della divisione, ecco, quindi, che di fatto, viene ammessa una divisione parziale o incompleta per effetto di un mero incidente, ma nulla esclude che allo stesso risultato si giunga in modo consapevole e volontario limitando la divisone solo ad alcuni dei condividenti.
In queste situazioni, di fatto, per alcuni dei contitolari resta la comunione per altri, invece, si scioglie la comunione, ovviamente per avere questo tipo di operazioni contrattuali è necessario avere il consenso dei condividenti coinvolti nella divisione (anche parziale).
La divisione parziale in sede processuale
In teoria, una divisione parziale (che elimina dalla comunione solo alcuni dei condividenti e conserva la comunione per altri) può essere chiesta anche in sede di divisione processuale o contenziosa.
Infatti, anche in questa ipotesi alcuni dei proprietari convenuti in giudizio per una divisione da uno degli altri contitolari, possono chiedere al giudice, in modo chiaro, espresso e palese di restare in comunione per quanto riguarda le loro quote e procedere alla divisione solo per quanto riguarda le quote del soggetto che ha iniziato la divisione.
La divisione parziale in sede processuale incontra due ordini di problemi:
- 1) occorre valutare (in assenza di una espressa chiara e univoca domanda di divisione parziale o in assenza di una chiara e univoca domanda di preservare una comunione parziale) quando è possibile ritenere che esiste una domanda di divisione parziale;
- 2) come agiscono in sede di divisione contenziosa le preclusione processuali (oppure, detto in modo diverso, fino a quando proposta una domanda di divisione integrale è possibile presentare una domanda di divisione parziale e viceversa)
La mera non opposizione alla divisione è da interpretarsi come domanda di restare in comunione per coloro che non hanno iniziato il giudizio di divisione ?
Occorre stabilire se in assenza di una espressa, chiara e palese domanda di restare in comunione anche parziale (e di effettuare una divisione parziale) la mera iniziale non opposizione allo scioglimento della comunione può essere interpretata come una domanda di scioglimento della comunione (parziale), cioè con la modalità di restare in comunione con tutti gli altri convenuti (ad esclusione dell'attore).
Questa interpretazione è quantomeno azzardata.
Infatti, non opporsi alla divisione non significa di per sé richiedere l'assegnazione di una quota comune. Una tale interpretazione è possibile solo quanto solo quando emerga dallo scritto difensivo una comune posizione in tal senso di tutti gli assistiti;
Infatti, nulla esclude che alcuni dei condividenti formulino richieste (chiare ed espresse) diversificate non in contrasto tra loro (per esempio assegnazione congiunta di quote a gruppetti).
La divisione e le preclusioni processuali
Inoltre, occorre anche valutare se passare dalla non opposizione alla divisione alla domanda espressa di l'attribuzione di una quota per ogni condividente (che non intendono restare in comunione) formulata oltre i termini delle memorie di cui all'art. 183 c.p.c. è una domanda nuova e, quindi, inammissibile.
Si può subito osservare che considerare la domanda (di attribuzione della quota) come domanda nuova obbliga le parti a restare in comunione violando il diritto di sciogliere la comunione art. 1111 e 1114 c.c.
In realtà, il problema è più complesso perché riguarda le preclusioni processuali e quanto queste incidono sul giudizio di divisione (per sua natura influenzabile da elementi esterni acquisibili solo nel corso del procedimento).
Infatti, in sede di ricostruzione del sistema della divisione processuale è stato precisato che il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale.
In quanto, la posizione (e gli interessi) del singolo condividente può mutare (per eventi sopravvenuti) come, ad esempio, per le strategie difensive degli altri proprietari, oppure anche per l'esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti con riferimento al progetto di divisione, inoltre, acquistano anche rilievo anche gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l'entità delle quote.
Ne deriva il diritto delle parti del giudizio divisorio di mutare, anche in sede di appello, le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l'attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione.
Cass. civ. sez. II del 30 maggio 2017 n. 13621