No alle “avances” in ufficio, il rischio è una condanna per ingiuria
Stop alle avances, agli epiteti ingiuriosi e ai “complimenti” spinti nei confronti delle colleghe sul luogo di lavoro. I giudici della Corte di Cassazione hanno annullato con rinvio una sentenza in cui il Tribunale di Massa aveva assolto un dipendente delle Poste che si era rivolto a una sua collega utilizzando un termine che, anche se per scherzo, non appariva gentile. Lui, infatti, l’aveva definita “pornodiva” e secondo il Tribunale andava assolto “perché il fatto non costituisce reato”. Parere differente, appunto, quello della Cassazione: per i giudici non ha importanza se le avances o il “complimento” in questione siano state pronunciate per scherzo. Il rischio è lo stesso: una condanna per ingiuria. Nella sentenza di assoluzione i giudici in appello avevano parlato proprio di una “condotta scherzosa” e in questo modo avevano ribaltato la decisione in primo grado del giudice di pace: quella che condannava l’imputato a pagare una multa di 400 euro e a risarcire la collega offesa.
L’imputato si era difeso parlando di una frase pronunciata in un clima d’ilarità – Quella stessa condotta scherzosa che per i giudici della quinta sezione penale della Suprema Corte però non conta: l’imputato si era infatti difeso dicendo che la sua battuta era stata pronunciata in un clima d’ilarità e che la stessa collega aveva risposto con un sorriso ad altri “complimenti” degli uomini. Ebbene, i giudici hanno rilevato che il fatto che “una donna possa tollerare delle avances più o meno tra il serio e il faceto non comporta affatto che ella si debba considerare disposta a farsi prendere a male parole, così come, ancor prima, l’avere risposto con un sorriso alla condotta scherzosa di un collega non autorizza affatto un altro uomo a ritenere che le sue battute siano altrettanto tollerate o gradite”.