La locazione e il canone
Nel contratto di locazione le questioni che riguardano la quantificazione, l'aumento, la tassazione, il pagamento del canone sono sempre molto complesse.
La locazione e la quantificazione del canone
La quantificazione del canone (attualmente, salvo ipotesi particolari) è lasciata alla libera determinazione della parti del contratto.
Rientra nel cotesto della quantificazione del canone la modifica del canone e gli obblighi tributari relativi alla quantificazione del canone.
La quantificazione del canone di locazione e gli aspetti tributari
L'influenza del diritto tributario sul canone di locazione non è limitata alla mera tassazione del reddito derivante dalla locazione, ma anche all'omessa registrazione (totale o parziale) del contratto di locazione.
Sul punto è possibile affermare che si è giunti ad una sostanziale equiparazione della locazione commerciale alla locazione ad uso abitativo, infatti, la totale omessa registrazione del contratto determina la nullità della locazione (salvo "sanatoria" se viene adempiuto tale obbligo); invece la parziale registrazione del contratto di locazione (di una parte del canone di locazione) determina che il canone resterà valido e immutato per la parte di canone dichiarata a fisco, mentre la parte di canone non dichiarata al fisco resta nulla (e non dovuta) senza possibilità di "sanatoria" derivante da una registrazione tardiva.
La quantificazione del canone di locazione e la modifica del canone di locazione
Come si è già detto nella locazione commerciale vige il principio della libera determinazione del canone di locazione.
Resta da chiedersi se tale principio ha delle limitazioni.
Le limitazioni alla libera quantificazione del canone di locazione sono previste nella legge del 27 luglio 1978 n. 392, infatti, l'art. 32 della legge 392/1978 ha stabilito che nel corso del rapporto le variazioni in aumento del canone sono possibili solo se derivano dagli aumenti Istat la sanzione della nullità per gli aumenti del canone è imposta dal successivo art. 79 della legge 392/1978.
In base a quanto previsto dalla legge 392/1978 il conduttore commerciale ha un diritto a non pagare somme ulteriori rispetto al canone (salvo gli aumenti istat).
Resta da chiedersi se il conduttore ha il potere di rinunziare al diritto di pagare somme ulteriori rispetto al canone concordato e se l'eventuale potere del conduttore di rinunziare al diritto di pagare somme ulteriori rispetto il canone di locazione è influenzato dalle modalità (o dal momento) con le quali l'aumento del canone di locazione è stabilito.
In modo più semplice,
- l'aumento del canone può essere imposto al momento della stipula del contratto, con una tecnica c.d. della scaletta, cioè è previsto ab origine che il canone si incrementerà, nel corso del tempo, in quanto, ad esempio, le parti della locazione hanno considerato l'incremento dell'attività imprenditoriale nel corso del tempo;
- l'aumento è imposto del corso del contratto di locazione, (di fatto, si potrebbe anche sostenere che il canone a scaletta e è un aumento del canone durante il contratto di locazione);
Rinuncia preventiva e rinunzia intervenuta nel corso del rapporto di locazione
Occorre valutare se il divieto di rinunciare al diritto di pagare somme ulteriori rispetto al canone indicato nel contratto vale solo al momento della stipula e, quindi, tale rinuncia sarebbe possibile durante il corso del rapporto di locazione (di conseguenza questo renderebbe ammissibile le modifiche in aumento del canone di locazione).
Non può essere accolta la tesi secondo cui il divieto posto dall'art. 79 legge n. 392 del 1972 è diretto solo ad evitare una elusione di tipo preventivo dei diritti del conduttore, di conseguenza, sarebbe possibile disporre dei diritti una volta sorti, per cui sarebbe valido il patto avente ad oggetto l'aumento del canone convenuto nel corso del rapporto.
Infatti, tale ricostruzione urta con la possibilità accordata dal legislatore al conduttore, con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, di ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla legge 392/1978, per cui se il conduttore può richiedere la restituzione delle somme versate in più rispetto al canone concordato (tale diritto è limitato solo con un termine temporale) è evidente che il diritto a non erogare somme in misura eccedente il canone legalmente dovuto sorge al momento della conclusione del contratto; persiste durante tutto il corso del rapporto; può essere fatto valere, in virtù di espressa disposizione legislativa, dopo la riconsegna dell'immobile locato, entro il termine di decadenza di sei mesi.
Se, dunque, il diritto in esame può essere fatto valere dopo la riconsegna dell'immobile, non è sostenibile che di esso possa disporre il conduttore in corso di rapporto, accettando aumenti non dovuti.
La validità di una rinunzia espressa o tacita del medesimo ad avvalersi del diritto a non subire aumenti non dovuti, eventualmente intervenuta in corso di rapporto, appare, infatti, inconciliabile, con la facoltà attribuita al conduttore di ripetere «le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge» entro sei mesi dalla riconsegna dell'immobile.
E' da escludere che il conduttore possa, anche nel corso del rapporto, e non soltanto in sede di conclusione del contratto, rinunziare al proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti.
Principio generale dell'irrinunziabilità del diritto a non pagare somme maggiori del canone di locazione
Va ribadito che in tema di immobili adibiti ad uso diverso da abitazione, ogni pattuizione intervenuta in corso di rapporto avente ad oggetto non già l'aggiornamento del corrispettivo ai sensi dell'art. 32 legge n. 392 del 1978, ma veri e propri aumenti del canone, deve ritenersi nulla, ex art. 79, comma 1, della stessa legge, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello previsto dalla norma, senza che il conduttore possa, neanche nel corso del rapporto, e non soltanto in sede di conclusione del contratto, rinunziare al proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti.
Il diritto del conduttore a non erogare somme eccedenti il canone legalmente dovuto (corrispondente a quello pattuito, maggiorato degli aumenti c.d. Istat, se previsti) sorge nel momento della conclusione del contratto, persiste durante l'intero corso del rapporto e può essere fatto valere, in virtù di espressa disposizione di legge, dopo la riconsegna dell'immobile, entro il termine di decadenza di sei mesi
Eccezioni al principio generale
Il canone a scaletta non è la prova della legittimità di una pattuizione che intervenga nel corso del rapporto, in quanto il canone a scaletta obbliga il giudice a verificare se la previsione (iniziale) di «una scaletta» del canone (o, più propriamente, la «predeterminazione differenziata per frazioni di tempo») non sia volta ad eludere la norma di cui all'art. 32 legge 392/1978, ma sia solo diretta ad adeguare il canone al mutato valore locativo dell'immobile volto a ripristinare il sinallagma originario, evitando uno squilibrio a vantaggio del conduttore altrimenti determinato dal canone fisso ovvero di una limitata e iniziale "riduzione" del canone convenuto.
La locazione e il mancato pagamento del canone
Sorvolando sugli aspetti relativi alle modalità di pagamento del canone di locazione (contanti o mezzi tracciabili) e sul soggetto idoneo a ricevere il pagamento con efficacia liberatoria per il debitore, occorre valutare consa accade quando il conduttore smette di pagare il canone.
Quando il locatore si trova in presenza di un mancato pagamento del canone (e del conseguente inadempimento del conduttore) si trova in presenza di un bivio, infatti deve scegliere se attendere e sperare che la situazione si normalizza oppure se deve procedere con la risoluzione del contratto (sfratto e tutto quello che ne consegue).
Se il locatore è stato previdente (e il conduttore ha accettato) è possibile che il contratto di locazione abbia imposto al conduttore la stipula di una fideiussione a garanzia del pagamento dei canoni di locazione.
Cass., civ. sez. III, del 14 marzo 2018, n. 6124