Art. 5 legge fallimentare
L'art. 5 della legge fallimentare stabilisce che l'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito.
Definizione dello stato di insolvenza ex art. 5 legge fallimentare
Lo stesso articolo 5 fornisce una definizione di stato di insolvenza, affermando che lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Se si legge la descrizione fornita dal legislatore dello stato di insolvenza, si nota che l'impossibilità di adempiere le proprie obbligazioni può scaturire da due elementi: a) dal mancato adempimento delle proprie obbligazioni; b) da altri fatti che dimostrano che il debitore non è più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni.
Inadempimento conclamato e altri fatti equiparabili all'inadempimento
Per espressa disposizione del codice un indice dell'insolvenza è l'inadempimento, ma indice dell'insolvenza possono essere anche altri fatti, che (non sono veri e propri inadempimenti), ma dai quali si può presumere l'insolvenza (cioè l'impossibilità di pagare regolarmente le proprie obbligazioni).
Ad esempio fatto (che non è inadempimento) che può essere considerato come un indice rilevatore dello stato di insolvenza è la notevole differenza tra entrate ed uscite presenti nel bilancio oppure l'inesigibilità dei crediti iscritti in bilancio .
Insolvenza basata sulla valutazione delle condizioni economiche dell'impresa
Ecco, quindi, che si può affermare che l'insolvenza ex art. 5 legge fall. non è limitata solo all'esistenza di inadempimenti conclamati, ma deriva da una valutazione delle condizioni economiche necessarie all'esercizio di attività economiche e si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all'impresa, esprimendosi, secondo una tipicità desumibile dai dati dell'esperienza economica, nell'incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l'estinzione dei debiti), nonché nell'impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio.
Insolvenza permanente e insolvenza transitoria
Occorre, infine, fornire una collocazione anche ad un'altra locuzione: l'impossibilità anche temporanea di far fronte alle proprie obbligazioni.
Il riferimento del legislatore alla temporaneità dell'insolvenza, permette di valutare se l'insolvenza deve essere assoluta ed immodificabile oppure se può essere anche temporanea o non continua,
In altre parole, la situazione di impotenza patrimoniale e finanziaria dell'impresa deve strutturarsi, per portare all'accertamento dell'insolvenza, come condizione solo permanente (e definitiva o irreversibile) oppure può essere anche essere meramente transitoria (come ad esempio derivare da una congiuntura economica momentanea) e, in quanto, tale eliminabile o superabile.
Lo stato di insolvenza del debitore non richiede la totale cessazione dei pagamenti, ma sussiste quando l'imprenditore non è in grado di adempiere regolarmente, tempestivamente e con mezzi normali alle proprie obbligazioni, per essere venute meno le condizioni di liquidità e di credito nelle quali deve trovarsi un'impresa commerciale, anche se l'attivo superi eventualmente il passivo e non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili.
Inoltre, il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta.
Cass., civ. sez. I, del 10 maggio 2019, n. 12561