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Leasing traslativo, risoluzione e fallimento

La Cassazione del 29.4.2015 n. 8687 ha stabilito che alla risoluzione del contratto di leasing traslativo si applica sempre l’art. 1526 cc. Tale orientamento non è modificato dal nuovo art. 72 quater della legge fallimentare (r.d. 16.3.1942 n. 267) sia perché si tratta di norma speciale non applicabile analogicamente ad una fattispecie già regolata dall’art. 1526 cc, sia perché l’art. 72 quater legge fallimentare non disciplina la risoluzione del contratto di leasing (art. 1453 c.c.), ma il suo scioglimento derivante dal fallimento dell’utilizzatore, quindi la norma fallimentare regola una fattispecie concreta diversa dalla risoluzione ex 1526 cc.
A cura di Paolo Giuliano
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Il leasing traslativo è un contratto atipico (cioè non regolato dal legislatore) con il quale le parti si accordano nel senso che oltre al godimento del bene a fronte del versamento di un canone, con la possibilità da parte del locatore di poter acquistare il bene versando un importo che è molto inferiore al valore del bene, il canone iniziale della locazione è quantificato considerando il godimento del bene e la possibilità di acquisto dello stesso al termine della locazione.

Uno dei problemi che riguarda la risoluzione per inadempimento del leasing traslativo è quello relativo alla sorte delle somme già pagate e delle somme non ancora pagate al momento della risoluzione (per inadempimento) del locatore o a risoluzione consensuale del contratto. Molto spesso nei contratti era previsto che il locatore perdesse le somme già versate ed (addirittura) era costretto anche a versare le somme non ancor riscosse fino alla scadenza del contratto.

Questa posizione di estrema soggezione a carico del locatore era in contrasto con una situazione simile prevista nel codice civile del 1942  (la vendita con riserva di proprietà) in cui una situazione analoga è regolata dall'art. 1526 c.c.  prevedendo che   "Se la risoluzione del contratto ha luogo per l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d'indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l'indennità convenuta. La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti".

La posizione della  giurisprudenza è sempre stata quella di ritenere che in caso risoluzione consensuale (o per inadempimento) del contratto di leasing traslativo, tale situazione è soggetta all'applicazione in via analogica delle disposizioni fissate dall'art. 1526 c.c.

Questa situazione potrebbe essere messa in discussione dopo la modifica dell'art. 72 quater legge fallimentare il quale nel disciplinare gli effetti del fallimento dell'utilizzatore, (senza distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento) potrebbe prevedere  sempre  l'obbligo del concedente di restituire il bene, lasciando al concedente il diritto di trattenere le rate riscosse. Dall'art. 72 quater legge fallimentare si potrebbe trarre la volontà del legislatore di "superare il meccanismo dell'art. 1526 c.c.", nel caso di risoluzione per inadempimento del contratto di leasing.

Al leasing può continuare a ritenersi applicabile l'art. 1526 c.c. (norma generale) e non l'art. 72 quater disp. att. c.c. (norma speciale) per una serie di ragioni.

–  pensare di poter ricavare  dalla legge fallimentare le regole da applicare in caso di risoluzione del contratto di leasing presupporrebbe che la legge non disciplinasse questa fattispecie. In realtà così non è, perché proprio la presenza dell'art. 1526 c.c. (che è norma generale rispetto all'art. 72 quater cit.) rende impensabile il ricorso all'analogia, (cioè all'applicazione dell'art. 72 legge fallimentare) per mancanza di uno dei suoi presupposti, cioè la lacuna nell'ordinamento.

– anche volendo ammettere la possibilità di ricorrere all'analogia (e, quindi, anche volendo ammettere che nell'ordinamento vi sia una lacuna da colmare), questa lacuna  non potrebbe essere colmata con l'applicazione analogica dell'art. 72 quater L. fall.. Tale norma, infatti, non disciplina la risoluzione del contratto di leasing (art. 1453 c.c.), ma il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell'utilizzatore. La norma fallimentare è dunque destinata a disciplinare una fattispecie concreta del tutto diversa da quella disciplinata dalla norma sostanziale (ovvero la risoluzione per inadempimento); quindi, mancando la eadem ratio, non è consentito all'interprete il ricorso all'interpretazione analogica.

Cass., civ. sez. III, 29 aprile 2015, n. 8687 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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