Il diritto d'uso in generale
Il codice civile prevede e regola espressamente il diritto d'uso come autonomo e specifico diritto reale (distinto dal diritto di proprietà), in altre parole il diritto d'uso presuppone il diritto di (nuda) proprietà e limita il diritto di (nuda) proprietà del bene, quindi, il titolare della nuda proprietà e il titolare del diritto d'uso non coincidono.
Di conseguenza, il diritto d'uso (1021 cc e 1024 cc) è un diritto che attribuisce al titolare delle facoltà (di usare il bene e di acquisire i frutti del medesimo bene) minori rispetto quelle del proprietario.
Il diritto d'uso ha altri limiti, a) è legato ala vita del titolare del diritto d'uso, ergo non sopravvive alla morte del titolare del diritto d'uso (riunendosi con il diritto di proprietà), se il diritto d'uso è conferito ad una persona giuridica non può superare i 30 anni; b) il diritto d'uso non può essere ceduto; il diritto d'uso con ferisce il potere di locare il bene (1024 cc).
Il diritto d'uso esclusivo nel condominio
Leggendo i regolamenti di condominio oppure i contratti di acquisto delle singole unità immobiliari comprese nel condominio capita di imbattersi in locuzioni relative a "diritto d'uso", con le quali a specifici soggetti viene riconosciuto il diritto d'uso su un giardino, oppure, su un cortile ecc.
Risulta evidente che in queste situazioni il primo problema che sorge è quello di stabilire "se" e "entro quali termini" il diritto d'uso nell'ambito del condominio è equiparabile al diritto d'uso regolato dal codice civile (1021 cc). Del resto, dovrebbe essere determinato
- se il diritto d'uso è compatibile (o può essere attribuito) su beni condominiali ex art. 1117 cc (cortile, giardino ecc.)
- se il diritto d'uso condominiale presuppone (come il diritto d'uso ordinario) una nuda proprietà di un altro soggetto
- se il diritto d'uso condominiale ha una durata limitata dalla vita de titolare (a 30 anni se concesso ad una persona giuridica)
- se il diritto d'suo condominiale subisce non può essere ceduto e non conferisce il diritto di locale il bene concesso in uso (cone il diritto d'uso ordinario)
Ammissibilità di un diritto d'uso su beni condominiali ex art. 1117 cc
L'art. 1117 cod. civ., nell'elencare le parti comuni di un edificio in condominio, dispone che tale indicazione valga "se non risulta il contrario dal titolo". Ne deriva che, al momento di costituzione del condominio, coincidente con la prima vendita di una singola unità immobiliare da parte dell'originario proprietario in virtù di clausole contenute nel relativo atto, anche mediante eventuale richiamo di un previo regolamento di condominio, è lasciata all'autonomia delle parti la possibilità di sottrarre (totalmente) alla presunzione di comunione ex art. 1117 cc alcune delle parti altrimenti comuni
Inoltre, l'art. 1118 cc ammette anche la possibilità che il titolo possa modificare il criterio di proporzionale dei diritti dei partecipanti sulle cose comuni.
Se è possibile escludere totalmente e completamente alcuni beni dalla comunione condominiale ex art. 1117 cc è possibile anche nella medesima sede costitutiva del condominio, che sia attribuito l'uso esclusivo, su una parte (o su un intero) bene condominiale, in favore di uno o più determinati condomini
Basta pensare all'uso esclusivo del cortile o del giardino il cui "uso esclusivo" è attribuito ai condomini proprietari di unità immobiliari con possibilità di accesso ad esse; o ai lastrici solari o terrazze a livello, attribuiti in "uso esclusivo" ai proprietari delle porzioni di piano sottostanti o latistanti ecc.
Inoltre, (sempre ai fini dell'ammissibilità) nel caso di lastrici solari o terrazze a livello, la possibilità di attribuzione in "uso esclusivo" è regolata (solo quanto alle conseguenze applicative) nell'art. 1126 cod. civ., che disciplina – in maniera diversa rispetto alle regole generali – il riparto delle spese di riparazione e ricostruzione.
Natura giuridica dell'uso esclusivo nel condominio
Occorre prendere atto che il fenomeno dell'"uso esclusivo" di parti comuni dovrebbe opporsi al fenomeno di "uso comune" dei beni condominiali, in realtà la situazione non è così netta, infatti, l'uso esclusivo di parti comuni, molto spesso, cela la coesistenza, su parti comuni, di facoltà individuali dell'usuario e facoltà degli altri partecipanti (mai in effetti realmente del tutto esclusi dalla fruizione di una qualche utilità sul bene c.d. in uso "esclusivo" altrui), secondo modalità non paritarie determinate dal titolo e, se del caso, dal giudice che debba interpretarlo, in funzione del migliore godimento di porzioni di piano in proprietà esclusiva cui detti godimenti individuali accedano.
Poteri e godimento del bene condominiale con diritto s'uso esclusivo
In presenza di un diritto d'uso esclusivo su bene condominiale, il bene condominiale gravato da diritto d'uso esclusivo rimane bene – appunto – comune ex art. 1117 cc, il diritto d'uso esclusivo deroga soltanto al disposto dell'art. 1102 cc, (applicabile anche al condominio), che consente ai partecipanti di fare uso della cosa comune "secondo il loro diritto".
Gli altri condomini diversi dall'usuario esclusivo vedranno i rispettivi godimenti determinati dal titolo , con maggiori (ma non realmente "esclusive") utilità per l'usuario stesso e minori utilità per gli altri condomini (variando queste ultime, ad es., dalla mera possibilità per i proprietari dei piani superiori di prendere aria e luce, nonchè di esercitare la veduta in appiombo, da una zonetta di cortile attribuita in uso esclusivo.
Differenze tra uso esclusivo condominiale e diritto d'uso ordinario
Dalla qualifica della cosa in uso esclusivo nell'ambito del condominio quale parte comune di spettanza di tutti i partecipanti, tutti comproprietari, ma secondo un rapporto di riparto delle facoltà di godimento diverso, in quanto fissato dal titolo, da quello altrimenti presunto ex artt. 1117 cod. civ. (anche in relazione agli artt. 68 e 69 disp. att.) e 1102 cod. civ., derivano i corollari dell'inerenza di tale rapporto a tutte le unità in condominio, con la conseguenza che l'uso esclusivo si trasmette, al pari degli ordinari poteri dominicali sulle parti comuni, anche ai successivi aventi causa sia dell'unità cui l'uso stesso accede che delle altre correlativamente fruenti di minori utilità .
Esso – quale connotazione del diritto di proprietà ex art. 832 cod. civ. o dell'altro diritto eventualmente spettante sull'unità immobiliare esclusiva cui accede, tendenzialmente perpetuo e trasferibile (nei limiti di trasferibilità delle parti comuni del condominio) – non è in alcun modo riconducibile,' se non per assonanza terminologica, al diritto reale d'uso di cui agli artt. 1021 cod. civ., di cui l'uso esclusivo di parte comune nel condominio non mutua i limiti nè di durata, nè alla trasferibilità, e neppure le modalità di estinzione.
Cass., civ. sez. II, del 16 ottobre 2017, n. 24301
Aggiornamento Cass. civ. sez. VI del 3 settembre 2019 n. 22059
La Cassazione (Cass. civ. sez. VI del 3 settembre 2019 n. 22059) ha confermato quando sopra esposto affermando che il diritto di "uso esclusivo" su parti comuni dell'edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull'appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex arti. 1102 e 1117 c.c. (Cass. civ. sez. VI del 3 settembre 2019 n. 22059).
Tale diritto, pertanto, non è riconducibile al diritto reale d'uso previsto dall'art. 1021 c.c., ma neanche ad una comproprietà pura e semplice, tant'è che è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell'unità immobiliare cui accede. ( Cass., 16 ottobre 2017 n. 24301). Cass. civ. sez. VI del 3 settembre 2019 n. 22059.
Del resto, l'art. 1117 c.c. che, nell'indicare le parti comuni di un edificio in condominio, dispone che tale indicazione valga "se non risulta il contrario dal titolo". Se ciò è possibile, a fortiori è possibile che le parti convengano l' "uso esclusivo" di una parte comune in favore di uno o più determinati condomini. Così inquadrato, il fenomeno dell' "uso esclusivo" di parti comuni, cela la coesistenza di facoltà individuali, espressione del pieno diritto di proprietà. In tal senso, non trattandosi di figure di asservimento o di pertinenza, gli usuari si vedranno conformati dal titolo il maggiore godimento rispetto a quello degli altri partecipanti diversi dall'usuario (in tal senso Cass., n. 24301 del 2017 cit.) Cass. civ. sez. VI del 3 settembre 2019 n. 22059.