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La vendita e la mancanza dell’abitabilità o della destinazione d’uso

La Cassazione del 21.4.2015 n. 8102 ha stabilito che il venditore di un bene immobile destinato ad abitazione, in assenza di patti contrari, è obbligato a dotare tale bene della licenza di abitabilità (senza della quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico — sociale), cosicché la mancata consegna della licenza di abitabilità implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, può comunque essere fonte di un danno risarcibile ovvero costituire il fondamento dell’ exceptio prevista dall’art. 1460 c.c., per il solo fatto che si è consegnato un bene che presenta problemi di commerciabilità.
A cura di Paolo Giuliano
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Esistono delle vicende che permettono di analizzare alcuni principi mettendone, in evidenza, le differenze e o la sovrapponibilità. Per chiare meglio basta fare riferimento ad un caso concreto quello in cui tizio vende una serie di locali a caio, tizio e caio concordano che i locali dovranno avere la destinazione d'uso di uffici, come del resto era stato già richiesto con la domanda di condono (frazionamento con destinazione d'uso degli immobili) già presentata dall'acquirente. La pratica del condono si chiude con il permesso il provvedimento di sanatoria, ma agli immobili viene negata la destinazione ad uffici (e l'abitabilità come uffici), in quanto la superfice degli immobili non è sufficiente ad autorizzate un tale uso.

Ora, sorvolando sull'aspetto amministrativo della vicenda [nel regime degli art. 221 t.u.l.s e d.p.r. 22 aprile 1994, n. 425, art. 4 — vedi ora artt. 24 e 25, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 — il rilascio del certificato di abitabilità era subordinato alla richiesta del certificato di collaudo, alla certificazione dell’iscrizione dell’immobile al catasto e ad una dichiarazione dei direttore dei lavori che doveva certificare, sotto la propria responsabilità, la conformità rispetto al progetto approvato (originario o in sanatoria), l’avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti] e relativo alla distinzione tra la destinazione d'uso del bene e l'abitabilità del bene per una particolare destinazione d'uso (e all'evoluzione della disciplina da abitabilità ad agibilità) occorre valutare cosa accade quando l'immobile viene venduto con una espressa destinazione d'uso, ma questa destinazione non viene attribuita.

Risulta evidente che in queste situazioni, (mancanza di una specifica abitabilità legata ad una specifica destinazione d'uso es. uffici) è sempre onere del venditore fornire i documenti relativi all'abitabilità, infatti,  venditore di un bene immobile, in assenza di patti contrari, è obbligato a dotare tale bene della licenza di abitabilità (senza della quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico — sociale), cosicché la mancata consegna della licenza implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, può comunque essere fonte di un danno risarcibile, per il solo fatto che si è consegnato un bene che presenta problemi di commerciabilità, essendo irrilevante la circostanza che l'immobile sia stato costruito in conformità delle norme igienico – sanitarie, della disciplina urbanistica e delle prescrizioni della concessione ad edificare ovvero che sia stato concretamente abitato.

Risulta intuibile che la mancanza del certificato di abitabilità di un bene destinato ad appartamento è molto più grave della mancanza del certificato di abitabilità di un locale destinato ad ufficio (ma concesso per altri usi, diversi da quello supposto nel contratto). e nell'ipotesi più grave (mancanza di abitabilità per un appartamento)  è giustificato cui il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia, pur se il mancato rilascio dipende da inerzia del Comune – nei cui confronti, peraltro, è obbligato ad attivarsi il promittente venditore – è giustificato, perché l'acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali.

Resta da chiedersi come, il compratore, può tutelarsi se, invece, l'immobile viene venduto come ufficio e si scopre che non può avere tale destinazione d'uso (e la conseguente abitabilità per tale uso), ma viene riconosciuto un uso del bene minore (rispetto quello previsto nel contratto) e viene concessa l'abitabilità per un uso minore del bene e non per uso ufficio. In tale ipotesi la mancanza di una specifica destinazione d'uso (ancora al vaglio della p.a. al momento della stipula del contratto di vendita) integra un'ipotesi di vendita di bene diverso da quello pattuito oppure, più semplicemente si è solo in presenza della mancanza di una qualità promessa dell'immobile ex art. 1497 c.c.

La mancata attribuzione di una specifica destinazione d'uso del bene rientra nella mancanza di una qualità promessa ex art. 1497 c.c. ed è equiparabile alla situazione nella quale viene venduta un'area fabbricabile in funzione di un determinalo progetto edilizio, ma viene attribuita una minore potenzialità edifìcatoria del fondo rispetto a quella sulla quale il compratore aveva fatto affidamento, in questa situazione  la responsabilità del venditore, non corrisponde ad un'ipotesi di vendita di cosa diversa da quella pattuita, essendo il bene immutato sia nella sua materialità che nella sua idoneità ad essere edificato, mentre la circostanza che sul suolo acquistato possa essere costruito un edificio di superficie minore rispetto a quella stimata incide unicamente sulle qualità promesse).

La mancanza di una particolare destinazione d'uso del bene (e della relativa abitabilità) è rilevante anche in sede di locazione (commerciale), in questo contesto la cassazione ha distinto tra certificati o documentazione generale e certificati o documentazione speciale: occorre distinguere i certificati (generali)  relativi all'immobile (es. documentazione abilitativa edilizia e certificato di agibilità)  e certificati (speciali) necessari per la particolare e specifica attività a cui l'inquilino vorrebbe destinare il locale (es. cinema in un locale senza doppia uscita di sicurezza). Quanto ai certificati "generali" (documentazione generale richiesta per ogni tipo di immobile) è obbligo e responsabilità del proprietario verificare che sussistono, mentre, per quanto riguarda i certificati "speciali" (documentazione speciale per il particolare uso che l'inquilino intende fare dell'immobile locato es. usare un locale senza uscite di sicurezza come cinema) è compito e responsabilità dell'inquilino verificare che l'immobile possa ottenere la documentazione idonea e se l'immobile non può essere destinato all'uso specifico, perché non possibile ottenere un particolare certificato amministrativo, tale inidoneità (ad uno specifico uso) non è imputabile al proprietario.

Oltre alla responsabilità delle parti (venditore o locatore)  può anche sussistere una responsabilità del notaio in caso di trasferimento di un immobile senza abitabilità.

Cass., civ. sez. II, del 21 aprile 2015 n. 8102 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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