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Opinioni

La valutazione dell’uso del bene comune o condominiale art. 1102 c.c.

La Cassazione del 4.5.2015 n. 8857 ha stabilito che è corretto porre alla base della valutazione sulla legittimità dell’uso da parte del singolo del bene comune ex art. 1102 cc, la decisione dell’assemblea di consentire la prosecuzione dell’uso del bene comune: tale delibera rileva la mancanza di lesività dell’uso, sia per la minima incidenza materiale dell’uso esclusivo sia per l’assenza di un manifestato interesse contrario. Questa decisione è in linea con l’indirizzo interpretativo che ritiene la valutazione di fatto, (incensurabile in quanto tale in Cassazione) sulla coesistenza dei due usi (quello più intenso del condomino e quello generico della comunità condominiale), valida quando basata su un sicuro parametro di valutazione della legittimità dell’uso del singolo sul bene condominiale.
A cura di Paolo Giuliano
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Quando un bene appartiene a più persone, (sia se questa situazione da vita ad una comunione o ad un condominio) sorge il problema dell'utilizzo contemporaneo del medesimo bene da parte di più persone.

Questa vicenda, di fatto, comprende due fattispecie, 1) quella tipica dell'uso contemporaneo del bene da parte di tutti i proprietari (es. si pensi ai parcheggi condominiali insufficienti per tutti); 2) quella dell'uso del bene comune (conforme o meno alla destinazione del bene comune) da parte di un unico proprietario, che, di fatto, può impedire l'uso del bene anche agli altri (si pensi alla costruzione sul tetto dell'edificio di una antenna per le telecomunicazioni di un motore di un condizionatore dell'aria).

Entrambe le ipotesi possono essere ricondotte nell'ambito del 1102 c.c. secondo il quale "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa".

Diverse, però, possono essere le soluzioni concrete al problema che dipendono anche dal bene e dal tipo di uso posto in essere.

Infatti, le soluzioni che possono essere usate per risolvere potenziali contrasti tra i contitolari sono numerose, patendo dall'analisi di quelle n cui c'è l'esigenza di usare tutti il medesimo bene:

– se il bene è tanto grande da permette l'uso contemporaneo di tutti i proprietari, di solito grossi problemi non sorgono;

– se, invece, il bene non consente sull'uso contemporaneo da parte di tutti i proprietari, è possibile predisporre un uso turnario del bene comune, così come è possibile che i contitolari che non usano il bene siano indennizzati per il mancato uso, l'indennità è a carico di colui che usa il bene e a favore di coloro che non usano il bene (si pensi all'ipotesi in cui c'è una piccola casa caduta in successione usata solo da uno dei degli eredi)

Passando, invece, all'uso del bene comune (conforme o meno alla destinazione del bene) da parte di un unico proprietario ex art. 1102 c.c.,  (che potrebbe escludere gli altri), si potrebbe essere in presenza di una situazione che rientra in un uso vietato ex art. 1102 c.c., perché ad esempio, viene impedito  agli altri di farne parimenti uso, il problema concreto (si ripete concreto) è verificare quando si è in presenza di un uso vietato.

Un primo aiuto può essere fornito dall'applicazione del principio secondo il quale l'uso ex art. 1102 c.c. non giustifica e non consente la collocazione di un manufatto sul bene comune, che in considerazione della sua consistenza e delle sue dimensioni (in rapporto alla superficie del  bene comune) attrae parte della cosa comune nella sfera di disponibilità di un solo condomino, impedendo agli altri condomini di farne parimenti uso del bene (Cass. 22.12.2014 n. 27167).

Da quanto detto si potrebbe dedurre che c'è assoluta incompatibilità tra l'art. 1102 c.c. del diritto al pari uso ex art. 1102 c.c. e l'occupazione del bene comune (anche se limitata), ma pur sempre esclusiva del medesimo bene comune.

In realtà, non è così, perché dipende anche dalla mancanza di lesività dell'attività effettuata dal singolo proprietario (es. per le dimensioni minime del manufatto collocato sul bene comune, e dall'inesistenza di un  danno che potrebbero subire gli altri proprietari, (quando l'assemblea , non impugnata ha ammesso l'uso del bene).

In ogni caso, si tratterebbe di una  valutazione di fatto (incensurabile in quanto tale in Cassazione) quello sulla possibile coesistenza dei due usi ( quello più intenso del condomino e quello generico della comunità condominiale) che ha alla sua base un sicuro parametro di valutazione della legittimità dell'uso del singolo sul bene condominiale.

Cass., civ. sez. VI, del 4 maggio 2015, n. 8857 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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