In un processo una delle parti può essere una persona giuridica (sia questa una associazione riconosciuta o una società di capitali), per costituirsi in giudizio la persona giuridica deve conferire all'avvocato la procura alle liti.
Di solito, non sorgono problemi quando colui che conferisce la procura (il rappresentato) coincide con il soggetto che ha, istituzionalmente, la rappresentanza della società (presidente del consiglio di amministrazione, amministratore delegato, amministratore unico), in altre parole, non sussistono grossi problemi quando la procura alle liti è sottoscritta dal soggetto che per legge ha la rappresentanza della società (sia questo l'amministratore unico, il presidente del cda o l'amministratore delegato).
In società molto grandi capita che le funzioni di rappresentanza siano suddivise tra diversi organi oppure che siano delegate a diversi organi (come ad, esempio, la gestione del contenzioso legale è la rappresentanza in giudizio della persona giuridica), al fine di rendere più agevole l'operatività della società.
E' opportuno ricordare che l'assenza del potere di rappresentare la società (al momento del conferimento della procura) comporta, nell'ambito del diritto sostanziale, quanto meno, che si è in presenza di un falso procurator con la conseguente inefficacia degli atti compiuti (la mancanza del potere rappresentativo può essere ratificata anche in sede processuale).
Risulta chiaro che anche in sede processuale potrebbe sorgere la necessità di verificare se colui che ha conferito al procura alle liti aveva il potere di rappresentare la società. In ambito processuale, il problema si scinde in due, da un lato i modi e i mezzi con i quali si può provare che un dato soggetto aveva i poteri per conferire procura, dall'altro a quale soggetto spetta l'onere di provare l'esistenza o l'inesistenza dei poteri rappresentativi.
Sul punto occorre distinguere se i poteri rappresentativi di colui (l'organo) che ha conferito la procura alle liti derivando dall'atto costitutivo o dallo statuto:
In questa situazione in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l'onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l'ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante se l'organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall'atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa.
Quindi, in questa situazione potendo verificare gli atti tramite il registro delle imprese, l'onere di provare la mancanza del potere rappresentativo sarà della parte che nega tale potere fornendo, come prova, le risultanze del registro delle imprese.
Se, invece, i poteri rappresentativi di colui che ha conferito la procura alle liti derivando da atti non soggetti pubblicità legale la situazione è diversa.
Infatti, solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l'onere di riscontrare l'esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all'effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa.
In questa situazione è colui che ha conferito la procura alle liti che deve provare di avere avuto i potere di rappresentare la società, proprio perché non si tratta di atti soggetti a pubblicità legale.
Cass., civ. sez. II, del 7 ottobre 2015, n. 20164 in pdf