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La semplificazione delle autorizzazioni per gli impianti di energia da fonti rinnovabili: Corte Costituzionale 06.12.2012 n. 275

E’ costituzionale ed è legittima la disciplina statale semplificata per le autorizzazioni necessarie per la costruzione ed esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in quanto si tratta di una normativa che detta i principi genarali necessari per rendere uniforme gli interventi sull’intero territorio nazionale ed è – comunque – possibile la facoltà delle regioni di regolare in modo specifico le varie procedure autorizzative.
A cura di Paolo Giuliano
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Corte Costituzionale del 6 dicembre 2012 n. 275

in G.U. del 12 dicembre 2012 n. 49

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente:Franco GALLO; Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe   TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro   CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta   CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 5,  6, e 15, commi 3 e 4, primo periodo, del  decreto  legislativo  3  marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE  sulla  promozione dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e successiva abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e  2003/30/CE), promosso dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il 27 maggio 2011, depositato  in  cancelleria  il  31  maggio  2011  ed iscritto al n. 52 del registro ricorsi 2011.     Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri;     udito nell'udienza  pubblica  del  7  novembre  2012  il  Giudice relatore Gaetano Silvestri;     uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento  e  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 27  maggio  2011  e  depositato  il successivo 31 maggio, la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente  pro-tempore,  ha  promosso  questioni   di   legittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1, 6, commi 9  e  11,  nonche' degli artt. 5 e 6 nel loro complesso, e dell'art. 15, commi  3  e  4, primo  periodo,  del  decreto  legislativo  3  marzo  2011,   n.   28 (Attuazione della  direttiva  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), per violazione: a) dell'art. 4, n. 3), dell'art. 8, numeri 1), 3), 4), 5),  6),  13), 16), 17), 19), 21), 22), 24) e 29), dell'art. 9,  numeri  9)  e  10), dell'art. 16, degli artt. 80, comma 1, e 81, comma 2, del  d.P.R.  31 agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto Adige); b) del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115  (Norme  di  attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in  materia di trasferimento alle province autonome di Trento e  di  Bolzano  dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della  Regione);  c)  del d.P.R. 1° novembre 1973, n. 690 (Norme di  attuazione  dello  statuto speciale per la regione  Trentino-Alto  Adige  concernenti  tutela  e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare);  d)  del d.P.R. 22 marzo 1974, n.  381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); e) del d.P.R. 26 marzo 1977, n.  235  (Norme  di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige in materia di energia); f)  del  d.P.R.  19  novembre  1987,  n.  526 (Estensione  alla  regione  Trentino-Alto  Adige  ed  alle   province autonome di Trento e di Bolzano delle disposizioni  del  decreto  del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616); g)  dell'art.  2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266  (Norme  di  attuazione dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige  concernenti  il rapporto  tra  atti  legislativi  statali   e   leggi   regionali   e provinciali,   nonche'   la   potesta'   statale   di   indirizzo   e coordinamento); h) nonche' – limitatamente  agli  artt.  5  e  6  del decreto legislativo n. 28 del 2011 – dell'art. 117,  terzo  e  quinto comma, della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10  della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche  al  Titolo  V della Parte seconda della Costituzione).

1.1.- La ricorrente  premette  di  essere  titolare  di  potesta' legislativa primaria in materia di «urbanistica»  e  di  «tutela  del paesaggio», ai sensi dell'art. 8,  numeri  5)  e  6),  dello  statuto speciale di autonomia, ed osserva come, gia' prima della modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, l'art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977 (aggiunto dal decreto legislativo 11  novembre  1999, n. 463, recante «Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio  idrico,  di  opere idrauliche  e  di  concessioni  di   grandi   derivazioni   a   scopo idroelettrico, produzione  e  distribuzione  di  energia  elettrica») avesse trasferito alle Province autonome le funzioni esercitate dallo Stato, concernenti le attivita' di ricerca,  produzione,  stoccaggio, conservazione,  trasporto  e  distribuzione  di  qualunque  forma  di energia. In conseguenza di tale trasferimento, il medesimo d.P.R.  n. 235 del 1977 ha disposto, all'art. 15,  che  «non  si  applicano  nel territorio delle province di Trento e di Bolzano le  disposizioni  di legge incompatibili con quanto disposto nel presente decreto».     Il riconoscimento della competenza  delle  Province  autonome  in materia di realizzazione degli impianti  di  produzione  di  energia, attuato con circa due  decenni  di  anticipo  rispetto  alla  riforma costituzionale del  2001,  sarebbe  fondato,  oltre  che  sulla  gia' richiamata potesta' legislativa primaria in materia di urbanistica  e di tutela del paesaggio, sulla potesta'  concorrente  in  materia  di utilizzazione delle acque pubbliche e di igiene  e  sanita'.  Vengono pertanto in rilievo, sempre secondo la ricorrente, le ulteriori norme di attuazione dello  statuto  speciale  di  autonomia,  contenute  in particolare nel d.P.R. n. 381 del 1974, avente ad oggetto la  materia dell'urbanistica e delle opere pubbliche; nel d.P.R. n. 115 del 1973, riguardante  il  trasferimento  alle  Province  autonome   dei   beni demaniali dello Stato e della Regione; nel d.P.R. n. 690 del 1973, in tema di tutela e conservazione del patrimonio  storico,  artistico  e popolare.     E' infine richiamato l'art. 2 del d.lgs. n.  266  del  1992,  che regola in generale il rapporto tra atti legislativi statali  e  leggi regionali e  provinciali,  escludendo  sia  l'applicabilita'  diretta delle norme legislative statali nelle materie di competenza  primaria della Provincia autonoma, sia l'intervento, nelle stesse materie,  di atti di normazione statale sub-primaria.

1.2.- Ancora in premessa, la ricorrente segnala  i  provvedimenti normativi  emanati  in   sede   provinciale   per   disciplinare   la realizzazione degli impianti di energia, evidenziando in  particolare che, nelle  materie  di  competenza  primaria,  in  coerenza  con  la clausola  di  salvaguardia  contenuta  nell'art.   19   del   decreto legislativo 29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta da   fonti    energetiche    rinnovabili    nel    mercato    interno dell'elettricita'), essa ha gia' dato  attuazione  all'art.  6  della direttiva 2001/77/CE,  con  l'art.  29  della  legge  provinciale  29 dicembre 2005, n. 20 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio annuale 2006 e pluriennale  2006-2008  della  Provincia  autonoma  di Trento), che ha introdotto l'art. 1-bis 3 nella legge  provinciale  6 marzo 1998, n. 4  (Disposizioni  per  l'attuazione  del  decreto  del Presidente della  Repubblica  26  marzo  1977,  n.  235.  Istituzione dell'azienda   speciale   provinciale   per   l'energia,   disciplina dell'utilizzo dell'energia  elettrica  spettante  alla  Provincia  ai sensi dell'articolo 13 dello statuto speciale  per  il  Trentino-Alto Adige, criteri per la  redazione  del  piano  della  distribuzione  e modificazioni alle leggi provinciali 15 dicembre 1980,  n.  38  e  13 luglio 1995, n. 7).     Il predetto art. 1-bis 3 definisce  le  procedure  amministrative applicabili alla realizzazione degli impianti per  la  produzione  di energia da fonti rinnovabili.

1.3.- Con riferimento ai  parametri  costituzionali  evocati,  la difesa provinciale osserva come il novellato art. 117,  terzo  comma, Cost. abbia attribuito alle Regioni ordinarie competenza  legislativa concorrente in materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione nazionale  dell'energia»,  con  l'effetto  di  ampliare   l'autonomia spettante alla Provincia autonoma in detta materia,  in  applicazione dell'art. 10 della legge cost.  n.  3  del  2001  (e'  richiamata  la sentenza n. 383 del 2005 della Corte costituzionale).     Piu' di recente, con la  sentenza  n.  165  del  2011,  la  Corte costituzionale ha precisato che, in materia di energia, la  Provincia autonoma puo'  rivendicare  una  competenza  legislativa  concorrente identica a quella delle Regioni ordinarie, nonche',  in  applicazione dei principi posti dall'art. 118 Cost., una competenza amministrativa piu' ampia rispetto a quella ad essa spettante sulla base del  d.P.R. n. 235 del 1977.     Cio' posto, la realizzazione  degli  impianti  di  produzione  di energia presenta evidenti connessioni con le materie dell'urbanistica e della tutela  del  paesaggio,  non  risolvibili  nella  prospettiva dell'assorbimento nella materia dell'energia, trattandosi  di  ambiti materiali di  competenza  primaria  della  Provincia  autonoma.  Tale conclusione  troverebbe  conferma  nella  clausola  di  salvaguardia, inserita nell'art. 45 del d.lgs. n. 28 del 2011, il  quale,  al  pari dell'art.  19  del  d.lgs.  n.  387  del  2003,  tutela   l'autonomia statutaria. Ai fini della localizzazione e della realizzazione  degli impianti  di  produzione  di  energia  anche  da  fonti  rinnovabili, risultano pertanto rilevanti le competenze materiali attribuite dagli statuti speciali di autonomia.

1.4.- Dopo aver sottolineato che le disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2011, nella parte in  cui  includono  espressamente  le  Province autonome, contraddicono la clausola di salvaguardia e il  sistema  di tutela  delle  autonomie  ad  essa  sotteso,  la  ricorrente  procede all'esame degli  artt.  5  e  6  del  d.lgs.  n.  28  del  2011,  che disciplinano rispettivamente l'«autorizzazione unica» e la «procedura abilitativa semplificata e comunicazione per gli impianti da  energia rinnovabile».

1.4.1.- L'art. 5,  comma  1,  dispone  che  «fatto  salvo  quanto previsto dagli articoli 6 e 7, la  costruzione  e  l'esercizio  degli impianti di produzione  di  energia  elettrica  alimentati  da  fonti rinnovabili, le opere connesse  e  le  infrastrutture  indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti, nonche' le modifiche sostanziali degli impianti stessi, sono  soggetti  all'autorizzazione unica di cui all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 come modificato  dal  presente  articolo,  secondo  le  modalita' procedimentali  e  le  condizioni  previste  dallo   stesso   decreto legislativo n. 387 del 2003 e dalle linee guida adottate ai sensi del comma  10  del  medesimo  articolo   12,   nonche'   dalle   relative disposizioni delle Regioni e delle Province autonome».     Quest'ultimo riferimento  alle  autonomie  speciali,  secondo  la ricorrente,  implicherebbe  che  il  comma  1   dell'art.   5   trovi applicazione nei confronti della Provincia di Trento, sul presupposto che ad essa siano applicabili anche il d.lgs. n. 387 del  2003  e  le disposizioni contenute nel decreto 10  settembre  2010  del  Ministro dello sviluppo economico – di concerto con il Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attivita' culturali – recante «Linee guida per  l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili».     In proposito, la difesa provinciale rammenta di aver impugnato le citate linee guida, proponendo conflitto di attribuzioni,  e  che  il relativo  giudizio  risulta  ancora  pendente  davanti   alla   Corte costituzionale.

1.4.2.-  L'art.  6,  comma  1,  dispone  a  sua  volta  che  «per l'attivita' di costruzione ed esercizio degli impianti alimentati  da fonti rinnovabili di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida […] si applica la procedura abilitativa  semplificata  di  cui  ai  commi seguenti». Al comma 9 dello  stesso  art.  6  e'  stabilito  che  «le Regioni e  le  Province  autonome  possono  estendere  la  soglia  di applicazione della procedura di cui  al  comma  1  agli  impianti  di potenza nominale fino a 1 MW elettrico, definendo altresi' i casi  in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali e  paesaggistiche  di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione  e l'esercizio dell'impianto e delle opere  connesse  sono  assoggettate all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5». Il medesimo comma  9 dispone, inoltre, che «le Regioni e le Province autonome stabiliscono […] le modalita' e gli strumenti con i quali i  Comuni  trasmettono alle stesse Regioni e Province autonome le  informazioni  sui  titoli abilitativi rilasciati».     Il comma 11 dell'art. 6 aggiunge che «la  comunicazione  relativa alle attivita' in edilizia libera, di cui ai paragrafi 11 e 12  delle linee guida […] continua ad applicarsi, alle  stesse  condizioni  e modalita', agli impianti ivi  previsti»,  e  che  «le  Regioni  e  le Province autonome possono estendere il regime della comunicazione  di cui al precedente periodo ai progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kw, nonche' agli  impianti fotovoltaici di qualsivoglia potenza  da  realizzare  sugli  edifici, fatta salva la  disciplina  in  materia  di  valutazione  di  impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche».     A parere della ricorrente, il  richiamo  alle  Province  autonome contenuto nei  commi  9  e  11  dell'art.  6  presuppone  la  diretta applicabilita' alle stesse dell'intero art. 6  e  delle  linee  guida approvate con d.m. 10 settembre 2010.

1.4.3.- La difesa provinciale  esamina,  infine,  l'art.  15  del d.lgs. n. 28 del 2011, che introduce la disciplina  dei  «sistemi  di qualificazione degli  installatori»,  prevedendo,  al  comma  3,  che «entro il 31 dicembre 2012, le Regioni e le  Province  autonome,  nel rispetto dell'allegato 4, attivano un programma di formazione per gli installatori  di  impianti  a  fonti  rinnovabili  o   procedono   al riconoscimento di fornitori di formazione, dandone  comunicazione  al Ministero dello sviluppo  economico,  al  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del mare». Il comma 4 dello stesso art. 15 aggiunge che «allo scopo di favorire la coerenza con i criteri  di cui all'allegato 4 e l'omogeneita' a livello  nazionale,  ovvero  nel caso in cui le Regioni e le Province autonome non provvedano entro il 31 dicembre 2012, l'ENEA mette a disposizione programmi di formazione per il rilascio dell'attestato di formazione».

1.5.- La ricorrente sottolinea che  l'impugnazione  riguarda,  in via principale, gli artt. 5, comma 1, e 6, commi 9 e 11, nella  parte in cui menzionano la Provincia autonoma di Trento, nonche' gli  altri commi dei medesimi artt. 5 e 6,  se  ed  in  quanto  riferibili  alla Provincia autonoma, per effetto dei richiami suddetti.     In subordine, sul presupposto che la materia  cosi'  disciplinata sia quella di  «produzione,  trasporto  e  distribuzionale  nazionale dell'energia», le disposizioni statali sono impugnate nella parte  in cui vincolano la Provincia autonoma al rispetto  di  regole  che  non costituiscono principi fondamentali.     Sono quindi illustrate le ragioni per cui la  ricorrente  ritiene le disposizioni impugnate lesive delle proprie competenze statutarie.

1.5.1.- Avuto riguardo al contenuto degli artt. 5 e 6, la  difesa provinciale osserva come le procedure che regolano la messa in  opera di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili abbiano  lo scopo di  assicurare  che  tale  realizzazione  non  avvenga  con  il sacrificio di altri valori, legati al governo del  territorio  e,  in particolare, alla tutela del paesaggio.  Pur  sembrando  paradossale, gli impianti  in  oggetto,  per  il  loro  carattere  necessariamente diffuso sul territorio, ne mettono  a  rischio  i  valori  in  misura maggiore  rispetto  agli  impianti  tradizionali  di  produzione   di energia, «suscettibili  di  essere  concentrati  in  un  unico  punto opportunamente scelto».     E'   vero   dunque,   prosegue   la   difesa   provinciale,   che l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto di  produzione  di energia non implica solo valutazioni che attengono al  fabbisogno  di energia, comportando la  necessaria  considerazione  degli  interessi pubblici  connessi  allo  sviluppo  del  territorio  e  alla   tutela paesaggistica, ritenuti particolarmente «sensibili»  nella  Provincia di Trento. Il procedimento autorizzativo  costituisce,  pertanto,  la sede propria della verifica  di  compatibilita'  tra  il  bisogno  di produzione di energia ed i fondamentali valori legati al  territorio, che  lo  statuto  speciale  affida  primariamente   alla   Provincia. Diversamente  ragionando,  rimarrebbe  oscuro  il  significato  delle clausole di salvaguardia che il legislatore statale ha dettato  negli artt. 19 del d.lgs. n. 387 del 2003 e 45 del d.lgs. n. 28 del 2011.     In   questa   prospettiva,   risulterebbero    costituzionalmente illegittimi gli artt. 5 e 6 del d.lgs.  n.  28  del  2011  in  quanto assoggettano la Provincia autonoma alle norme in  essi  contenute,  a quelle dettate dal  d.lgs.  n.  387  del  2003  e  alle  linee  guida approvate con d.m. 10 settembre 2010.  Ne'  varrebbe  richiamare,  in senso contrario, la giurisprudenza costituzionale che ha riconosciuto natura di principio fondamentale all'art. 12 del d.lgs.  n.  387  del 2003, posto che detto principio  non  e'  destinato  a  vincolare  la Provincia autonoma nelle materie di potesta' legislativa primaria,  e la Provincia ha gia' provveduto a dare attuazione  all'art.  6  della direttiva 2001/77/CE, con la legge provinciale n. 20 del 2005.     In ogni caso, se anche si ritenesse che la  disciplina  impugnata sia  riconducibile  alla  materia  della  produzione,   trasporto   e distribuzione nazionale  dell'energia,  ugualmente,  a  parere  della ricorrente, le norme impugnate sarebbero illegittime nella  parte  in cui vincolano la Provincia  autonoma,  in  quanto  nelle  materie  di competenza concorrente il legislatore statale non puo' emanare  norme di dettaglio, ne' norme di rango sub-primario, ne', infine, stante la clausola  di  salvaguardia,  norme  direttamente   applicabili   alla suddetta Provincia.

1.5.2.- La difesa provinciale evidenzia come l'art. 5, comma 1, e l'art. 6, commi 9 e 11, implichino  l'applicabilita'  alla  Provincia autonoma di norme dettagliate: la prima delle disposizioni  indicate, infatti, richiama le «modalita'  procedimentali»  e  le  «condizioni» fissate nelle linee guida approvate con d.m.  10  settembre  2010,  e l'art. 6, a sua volta, richiama i  paragrafi  11  e  12  delle  linee guida.     Presenterebbero infatti contenuto di dettaglio, oltre alle  linee guida citate, sia la norma transitoria dettata dall'art. 5, comma  3, del d.lgs. n. 28 del 2011, sia le norme introdotte dall'art. 6, commi da 2 a 11, del medesimo decreto legislativo, sia, infine, il  decreto ministeriale, non ancora emanato,  previsto  dall'art.  5,  comma  3. Nondimeno, per effetto dei richiami contenuti negli  impugnati  artt. 5, comma 1, e 6, commi 9 e 11, del d.lgs. n. 28 del  2011,  tutte  le indicate  disposizioni  risulterebbero  applicabili  alla   Provincia autonoma.     Considerazioni  analoghe  varrebbero  per  le   norme   contenute nell'art. 6, comma 9, secondo e terzo periodo, del d.lgs. n.  28  del 2011.     La  prima  disposizione  interferirebbe  nei  rapporti   tra   la Provincia autonoma di Trento e i Comuni in materia di urbanistica,  e la seconda sarebbe lesiva delle competenze provinciali in materia  di finanza locale e nelle numerose altre materie sulle quali  incide  il procedimento di autorizzazione alla costruzione  ed  esercizio  degli impianti.     Pertanto, gli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 violerebbero, in primis, le norme statutarie richiamate in epigrafe, in particolare l'art. 8, n. 5) e n. 6), dello statuto speciale di  autonomia,  e  in subordine l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  che  attribuisce  alla competenza legislativa concorrente la materia dell'energia.     Le disposizioni impugnate si porrebbero in  contrasto  anche  con l'art. 2 del  d.lgs.  n.  266  del  1992,  in  quanto  introducono  o richiamano norme a vario titolo  non  direttamente  applicabili  alla Provincia autonoma, e cio' anche  nell'ipotesi,  prospettata  in  via subordinata, in cui si neghi che  le  materie  di  riferimento  siano l'urbanistica e la tutela del paesaggio, assumendosi la  «prevalenza» della materia «energia» di potesta' legislativa concorrente.

1.5.3.-  La  Provincia  autonoma  di  Trento  osserva  come,   in relazione al contenuto delle linee guida approvate  con  il  d.m.  10 settembre 2010, risulti ancor piu'  evidente  il  rilievo  preminente delle materie della tutela del paesaggio e  dell'urbanistica,  atteso l'espresso riferimento, contenuto nell'art. 12, comma 10, del  d.lgs. n. 387 del 2003, all'inserimento degli impianti nel paesaggio.     Non sarebbe dubitabile,  secondo  la  ricorrente,  che  l'oggetto delle linee guida attenga prevalentemente alla materia  della  tutela del paesaggio, di competenza primaria della Provincia  autonoma,  la' dove la natura programmatica degli atti attraverso i quali si procede all'indicazione dei siti non idonei chiama in causa anche la  materia dell'urbanistica, pure di competenza primaria statutaria.     La difesa provinciale si sofferma sulla natura normativa,  e  non di atto di indirizzo, del d.m. 10 settembre 2010 che ha approvato  le linee guida, in quanto conterrebbe una disciplina generale,  astratta ed innovativa. Allo stesso modo, secondo la ricorrente,  deve  essere considerato atto normativo il d.m. previsto  dall'impugnato  art.  5, comma 3, del d.lgs.  n.  28  del  2011,  giacche'  con  esso  saranno introdotte disposizioni integrative della legge, come  e'  confermato dalla disciplina  transitoria  dettata  dall'art.  5.  La  ricorrente segnala che la Corte costituzionale ha piu' volte fatto  applicazione dei criteri «sostanziali»  per  identificare  la  natura  degli  atti statali (sono citate le recenti sentenze n. 278 e n. 274 del 2010).     L'applicazione alle  Province  autonome  di  atti  di  normazione secondaria,   in   materie   di   competenza   primaria   statutaria, contrasterebbe con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992,  in  base  al quale nelle predette materie la stessa legislazione statale non opera direttamente, e la normativa  provinciale  deve  essere  adeguata  ai principi e alle norme  che  costituiscono  «limiti»  ai  sensi  degli articoli 4 e 5 dello  statuto  speciale  di  autonomia.  La  potesta' legislativa della Provincia autonoma puo' infatti essere condizionata soltanto da atti legislativi statali,  come  ripetutamente  affermato dalla Corte costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 209 del 2009, n. 145 del 2005 e n. 267 del 2003).     Peraltro,  osserva  la  difesa  provinciale,   «il   divieto   di regolamenti  statali  nelle  materie  regionali»  riguarda  anche  le Regioni ordinarie,  e  valeva  gia'  prima  che  fosse  espressamente previsto ad opera della legge cost. n.  3  del  2001  (e'  nuovamente richiamata la sentenza n. 267 del 2003).

1.6.- La ricorrente  procede  quindi  ad  illustrare  le  censure prospettate nei confronti dell'art. 15 del d.lgs. n. 28 del 2011.     La norma e' impugnata, limitatamente al comma 3  e  al  comma  4, primo periodo, in quanto sancisce a carico  delle  Province  autonome l'obbligo di attivare un programma di formazione  degli  installatori di impianti a fonti rinnovabili, o, in  alternativa,  di  riconoscere fornitori di formazione, contraddicendo la clausola di salvaguardia.     La difesa  provinciale  evidenzia  come  le  citate  disposizioni sanciscano,  a  carico  delle  Province  autonome,   un   dovere   di attivazione di  programmi  di  formazione  per  gli  installatori  di impianti a fonti rinnovabili, la' dove le stesse Province sono dotate di  potesta'  legislativa  primaria   in   materia   di   «formazione professionale», ai sensi dell'art. 8, n. 29), dello statuto  speciale di autonomia, e richiama le pronunce della Corte costituzionale nelle quali si trova affermato che «in materia di istruzione  e  formazione professionale, l'art. 117 Cost. non prevede una  forma  di  autonomia piu' ampia di quella configurata dagli artt.  8  e  9  dello  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige» (sentenze n. 328 del 2010  e  n. 213 del 2009).     In particolare, l'art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, in quanto norma direttamente applicabile alla Provincia autonoma  in  un ambito materiale di competenza primaria provinciale, si  porrebbe  in contrasto con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.     Ulteriormente la ricorrente osserva come, in considerazione della natura  di  dettaglio  sia  della  norma   statale   impugnata,   sia dell'Allegato 4 al d.lgs. n. 28 del 2011 – al cui rispetto la  stessa norma vincola le Province autonome -, il parametro statutario evocato sarebbe violato anche se non esistesse l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.     Quanto, infine, alla disposizione contenuta nel  comma  4,  primo periodo, dell'art. 15,  la  difesa  provinciale  osserva  come  detta norma, oltre a ribadire il dovere delle Province autonome di attivare il programma di formazione – ovvero di  riconoscere  i  fornitori  di formazione – e di rispettare le previsioni  di  cui  all'Allegato  4, preveda un potere sostitutivo al di fuori dei casi previsti dall'art. 8 del d.P.R. n. 526 del 1987.     Sarebbe pertanto evidente il contrasto delle norme impugnate  con l'art. 8, n. 29), dello statuto speciale di  autonomia,  nonche'  con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 e con l'art. 8 del d.P.R. n.  526 del 1987.

2.- Con atto depositato il 5 luglio  2011  si  e'  costituito  in giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato non fondato.

2.1.- Dopo aver riepilogato il contenuto delle  censure  proposte dalla Provincia autonoma di Trento, la difesa dello Stato  rileva  in primo luogo l'infondatezza della tesi, prospettata in via  principale dalla ricorrente, secondo cui le disposizioni contenute negli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 sarebbero  riconducibili  alle  materie dell'urbanistica e della tutela del paesaggio, entrambe di competenza primaria provinciale.     In realta', le  disposizioni  indicate  avrebbero  modificato  ed integrato la disciplina delle autorizzazioni alla realizzazione degli impianti di produzione di energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili, contenuta nell'art. 12 del d.lgs. n. 387  del  2003,  e  tale  norma, secondo una ormai  cospicua  giurisprudenza  costituzionale,  sarebbe riconducibile  in  misura  prevalente  alla  materia  di   competenza concorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale dell'energia» (sono richiamate le sentenze n. 107 del 2011,  n.  366, n. 332, n. 313, n. 194, n. 168, n. 124 e n. 119  del  2010).  A  cio' conseguirebbe  che  anche  le  disposizioni  oggetto   del   presente scrutinio debbano essere ascritte alla materia "energia".

2.2.- Ugualmente priva di fondamento,  a  parere  dell'Avvocatura generale dello Stato, sarebbe la tesi prospettata in via  subordinata dalla Provincia autonoma di Trento, secondo cui gli artt. 5 e  6  del d.lgs. n. 28 del 2011 conterrebbero  disposizioni  di  dettaglio,  in violazione dei limiti imposti dall'art. 117, terzo  e  quinto  comma, Cost. alla potesta' legislativa statale.     La difesa statale  richiama  le  numerose  pronunce  della  Corte costituzionale nelle quali si trova affermato  che  all'art.  12  del d.lgs.  n.  387  del  2003  va  riconosciuta  natura   di   principio fondamentale della materia "energia", «in  quanto  tale  disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione  amministrativa  e della celerita', garantendo, in modo uniforme sull'intero  territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del  procedimento autorizzativo» (ex plurimis, sentenze n. 124 del  2010,  n.  282  del 2009, n. 364 del 2006, n. 383 e n. 336 del 2005).     Le disposizioni di cui agli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 presenterebbero anch'esse natura di principio fondamentale, sia nella parte in cui richiamano espressamente l'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003,  sia  la'  dove  apportano  modifiche  ed   integrazioni   alla disciplina  previgente,  in   ottemperanza   alla   nuova   normativa comunitaria, concorrendo a delineare  il  sistema  complessivo  delle autorizzazioni, da applicarsi uniformemente su  tutto  il  territorio nazionale.  Ne',  d'altra  parte,  sarebbe  possibile   scindere   il contenuto delle norme previgenti e di quelle introdotte con il d.lgs. n. 28 del 2011 in materia di  autorizzazione  alla  realizzazione  di impianti di produzione di energia da fonti  rinnovabili,  «nel  falso presupposto che le prime detterebbero disposizioni di principio e  le seconde disposizioni di dettaglio».     Gli artt. 5 e 6 del  d.lgs.  n.  28  del  2001  sarebbero  dunque pienamente legittimi nella parte in cui  contengono  disposizioni  di carattere  generale,  applicabili  anche  alle   Province   autonome, potendosi  peraltro  dubitare   dell'ammissibilita'   delle   censure specificamente rivolte ai commi  9  e  11  dell'art.  6  citato,  per carenza di interesse all'impugnazione. Le  previsioni  ivi  contenute risultano,  infatti,  ampliative  della  potesta'  legislativa  della ricorrente, in quanto consentono di  derogare  alle  disposizioni  di carattere generale dettate dalla normativa statale di riferimento.

2.3.- La difesa dello Stato reputa priva di fondamento  anche  la censura, prospettata in via subordinata dalla ricorrente, secondo cui l'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011 sarebbe  illegittimo  in quanto pretende di vincolare la Provincia autonoma al contenuto delle linee guida, previste dall'art. 12 del  d.lgs.  n.  387  del  2003  e approvate con d.m. 10 settembre 2010, nonche' alle  disposizioni  che saranno dettate con il d.m. previsto dal medesimo art. 5, comma 3. In assunto della ricorrente, in entrambi i casi sarebbe violato l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, in  quanto  si  renderebbero  applicabili alla  Provincia  autonoma,  in  materie  di  competenza  provinciale, disposizioni introdotte con fonti sub-primarie.     La tesi,  secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  sarebbe basata sull'erroneo presupposto che sia le linee guida, sia  il  d.m. previsto dal citato art. 5, comma 3,  operino  in  materie  riservate alla  competenza  primaria  provinciale,  laddove,  pur   presentando connessioni con i temi della tutela  del  paesaggio  e  dell'uso  del territorio, la normativa regolamentare indicata sarebbe in prevalenza attinente all'ambito materiale dell'"energia".     Si tratta, infatti, di disposizioni regolamentari che  completano la disciplina dell'approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili e «si inseriscono organicamente nel quadro complessivo della relativa materia».     In  questa  prospettiva,  andrebbe   esclusa   l'evocazione   dei parametri statutari e del principio  in  base  al  quale  l'autonomia provinciale puo' essere limitata esclusivamente con atti  legislativi statali di rango primario.     In ogni caso, ove si  ritenesse  che  le  disposizioni  contenute nelle  citate  linee  incidano  su  materie  di  competenza  primaria provinciale, ugualmente la censura prospettata dalla  ricorrente  non potrebbe essere accolta.     L'Avvocatura  generale  dello  Stato  richiama  in  proposito  la procedura   d'intesa   Stato-Regioni-Province   autonome,    prevista dall'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, che ha  preceduto l'approvazione delle  linee  guida,  evidenziando  la  partecipazione della ricorrente a tale intesa, come emergerebbe dalla Conferenza dei servizi svoltasi l'8 luglio 2010.    Se tale partecipazione fosse confermata, e dunque con riserva  di puntuale verifica, la censura riguardante l'applicazione delle  linee guida alla Provincia autonoma di Trento risulterebbe inammissibile in quanto  contraria  al  principio  della  leale  collaborazione  (sono richiamate le  sentenze  n.  367  e  n.  162  del  2007  della  Corte costituzionale).     Ancora, secondo la difesa statale, l'art. 5, comma 1, del  d.lgs. n. 28 del 2011, nella parte in cui ha previsto che  le  procedure  di autorizzazione sono assoggettate alle modalita' procedimentali e alle condizioni indicate nelle linee guida, avrebbe operato una  sorta  di «legificazione» delle disposizioni ivi contenute, con la  conseguenza che verrebbe meno, in radice, la censura  avanzata  dalla  ricorrente sulla illegittimita' dei vincoli posti all'autonomia  provinciale  da atti di normazione secondaria.     E infine, osserva l'Avvocatura generale dello Stato, se anche  si ritenesse che la normativa regolamentare gia' emanata (le linee guida citate) e da emanarsi (il d.m. previsto dall'art.  5,  comma  3,  del d.lgs. n. 28 del 2011) attenga a materie di competenza primaria della Provincia autonoma ricorrente, non per questo risulterebbe necessaria la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  invocata  dalla ricorrente. Occorrerebbe  infatti  tenere  conto  della  clausola  di salvaguardia, di cui all'art. 45 del d.lgs. n. 28 del 2011,  e  della possibilita' di interpretare in modo costituzionalmente orientato  la normativa censurata.     Nella specie, si potrebbe ritenere che  le  disposizioni  dettate nelle linee guida, e  quelle  che  saranno  introdotte  con  il  d.m. previsto dall'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, non trovino applicazione nei confronti della ricorrente.

2.4.-  La  difesa  statale  esamina  la  censura  avanzata  dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dell'art. 15, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 28 del 2011,  in  assunto  contenente  disposizioni  di dettaglio nella  materia  dell'istruzione  professionale,  attribuita alla competenza legislativa primaria della stessa Provincia.     Anche in questo caso, a  parere  dell'Avvocatura  generale  dello Stato,  la  ricorrente  avrebbe  erroneamente  individuato   l'ambito materiale  inciso   dalla   normativa   statale:   quest'ultima   non riguarderebbe i profili contenutistici e metodologici  dell'attivita' di istruzione, ma atterrebbe alla definizione  dei  requisiti  e  dei livelli di qualificazione richiesti per gli installatori di  impianti da  fonti  rinnovabili,  in  attuazione  delle  corrispondenti  norme comunitarie, e sarebbe finalizzata ad  assicurare  standard  omogenei sul territorio nazionale.     L'attivita'  di  istruzione  professionale  rimarrebbe   pertanto affidata alle determinazioni  della  Provincia  autonoma,  mentre  la normativa statale avrebbe definito i parametri di qualita' che devono essere garantiti, al fine  di  assicurare  un  adeguato  servizio  di installazione. L'individuazione dei  predetti  parametri  varrebbe  a delimitare  i  confini  esterni  dell'attivita'   di   istruzione   e formazione professionale, e dunque rientrerebbe nella  determinazione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, materie  entrambe affidate alla competenza esclusiva statale, ai sensi  dell'art.  117, secondo comma, lettere m) ed n), Cost.

3.- In data 31 gennaio 2012, la Provincia autonoma di  Trento  ha depositato memoria  di  replica  alle  argomentazioni  esposte  dalla difesa dello Stato.     La difesa provinciale osserva come la decisiva connessione  della disciplina autorizzatoria con la tutela  del  paesaggio  risulterebbe confermata dalla sentenza n. 275 del 2011 della Corte costituzionale, che ha annullato le citate linee guida nella parte in cui risultavano lesive della  competenza  primaria  della  Provincia  autonoma  nella indicata materia.     La  ricorrente  evidenzia  poi  la   genericita'   e,   comunque, l'infondatezza della tesi sostenuta  dall'Avvocatura  generale  dello Stato a proposito della natura di principi fondamentali  delle  norme statali  oggetto  dell'odierno  scrutinio,  ribadendo  che  tutte  le disposizioni «impugnate o richiamate da queste (diverse dall'art.  12 d.lgs. 387/2003)» contengono previsioni di dettaglio, come  tali  non applicabili alla Provincia autonoma.     In ogni caso, la tesi della difesa statale  non  potrebbe  valere per le linee guida,  essendo  pacifico  che  «norme  integrative  dei principi  fondamentali  non  possono  essere  dettate  da  una  fonte secondaria», la' dove  la  sentenza  n.  275  del  2011  della  Corte costituzionale ha qualificato il d.m. 10  settembre  2010  come  atto sostanzialmente regolamentare.     Peraltro, la difesa dello Stato avrebbe trascurato  completamente la censura prospettata in riferimento all'art. 2 del  d.lgs.  n.  266 del 1992, continuando anzi ad affermare la  «diretta  applicabilita'» delle disposizioni contenute negli artt. 5 e 6 del d.lgs. n.  28  del 2011 anche alla Provincia autonoma di Trento.

3.1.- La ricorrente esamina l'eccezione di inammissibilita',  per carenza  di  interesse,  delle  censure  prospettate  in  riferimento all'art. 6, commi 9 e 11, del d.lgs.  n.  28  del  2011,  basata  sul rilievo che le citate  disposizioni  consentirebbero  alla  Provincia autonoma  di  introdurre   deroghe   alla   disciplina   statale   di riferimento.     L'eccezione sarebbe priva di fondamento perche', in  realta',  le predette norme consentono alle Regioni e alle  Province  autonome  di «estendere» la disciplina statale semplificata, la' dove la Provincia autonoma intende contestare l'applicabilita' di quest'ultima nel  suo territorio.     In particolare, la ricorrente precisa che la facolta'  attribuita dall'art. 6 presuppone l'applicazione  alla  stessa  Provincia  della disciplina dettata nei paragrafi 11 e 12 delle linee  guida,  la  cui legittimita' e' contestata «sia nella  prospettiva  della  competenza primaria provinciale  sia,  in  subordine,  nella  prospettiva  della competenza concorrente, dato  il  carattere  dettagliato  di  diverse norme contenute nell'art. 6 ed il carattere  dettagliato  e  comunque sub legislativo delle linee guida». Il regime di cui all'art.  2  del d.lgs.  n.  266  del  1992   vale   infatti,   riguardo   agli   atti regolamentari,  anche  per  le  materie   di   potesta'   legislativa concorrente.     Quanto alla eccepita inammissibilita'  della  impugnazione  delle linee guida per effetto del vincolo  derivante  dalla  partecipazione della Provincia autonoma di  Trento  alla  Conferenza  unificata,  la difesa provinciale richiama la motivazione con cui la sentenza n. 275 del 2011 della  Corte  costituzionale  ha  respinto  un'eccezione  di identico contenuto.     Non condivisibile risulterebbe anche la tesi secondo  cui  l'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011, attraverso  il  richiamo  alle linee guida, avrebbe  operato  una  forma  di  «legificazione»  delle disposizioni ivi contenute. In senso contrario, la difesa provinciale osserva come, per un verso, i  rinvii  ad  altre  fonti  non  possano mutare il rango della fonte  richiamata,  e,  per  altro  verso,  che «attribuire al legislatore  (per  di  piu'  delegato)  il  potere  di "sanare" i  regolamenti  adottati  nelle  materie  regionali  con  un semplice  rinvio  significherebbe   consentire   l'agevole   elusione dell'art. 117, sesto comma, Cost.», con il rischio di estendere  tale meccanismo ai casi  di  regolamenti  adottati  senza  previa  intesa, ovvero in materie coperte da riserva assoluta di  legge.  Del  resto, una volta che la Corte costituzionale ha ritenuto, con la sentenza n. 275 del 2011, che le linee guida hanno invaso  la  potesta'  primaria provinciale  in  materia   di   tutela   del   paesaggio,   la   loro «legificazione» non avrebbe fatto altro che trasferire il vizio sulla «legge  legificante».  Cio'  che  contraddirebbe,  tra  l'altro,   il principio dell'interpretazione costituzionalmente  conforme,  poiche' condurrebbe  ad   ulteriori   illegittimita'   costituzionali   della normativa in esame.     Priva di fondamento risulterebbe infine la tesi "interpretativa", avanzata dalla difesa dello Stato, basata sulla valorizzazione  della clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 45 del d.lgs. n. 28  del 2011, e cio' in quanto la  genericita'  della  predetta  clausola  la renderebbe  inidonea  a  prevalere  sui  riferimenti   precisi   alla Provincia autonoma contenuti nelle disposizioni in esame.

3.2.- Avuto riguardo all'impugnato art. 15, commi 3  e  4,  primo periodo, del d.lgs. n. 28 del 2011, la  difesa  provinciale  contesta che le disposizioni ivi  contenute  siano  riconducibili  alle  norme generali sull'istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni.     Le citate  norme  non  riguarderebbero  affatto  i  requisiti  di professionalita' degli installatori, mentre  prevedono  l'attivazione di un programma di formazione professionale, incidendo  in  tal  modo sulla corrispondente materia di competenza primaria provinciale,  nel cui  ambito  materiale  lo  Stato   non   puo'   ne'   disporre   che l'amministrazione   provinciale   compia   attivita'    in    diretta applicazione della legge statale, stante il disposto dell'art. 2  del d.lgs. n. 266 del 1992, ne' imporre  al  legislatore  provinciale  di prevedere una specifica  attivita'  di  formazione.  In  ragione  del titolo competenziale indicato, soltanto  il  legislatore  provinciale potrebbe stabilire le priorita', i  tempi  e  i  modi  dell'attivita' pubblica di formazione professionale nel proprio territorio.     In conclusione, la ricorrente  osserva  come  la  difesa  statale pretenda di far valere, nei confronti  della  Provincia  autonoma  di Trento, vincoli derivanti non gia' dallo statuto di autonomia  bensi' dalle norme del Titolo V della Parte seconda della  Costituzione,  in violazione del disposto dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, il quale consente l'applicazione del Titolo V alle autonomie speciali solo in quanto piu' favorevole rispetto alle norme statutarie.

4.- Con memoria depositata in data 31 gennaio 2012,  l'Avvocatura generale  dello  Stato  ribadisce  le  difese  svolte  nell'atto   di costituzione ed insiste per il rigetto del ricorso.

4.1.- Gli artt. 5 e  6  del  d.lgs.  n.  28  del  2011  sarebbero riconducibili alla materia dell'"energia", di competenza concorrente, in quanto costituirebbero la «naturale evoluzione» dell'art.  12  del d.lgs. n. 387 del 2003.     In alternativa, sempre secondo la  difesa  statale,  le  predette disposizioni dovrebbero essere ascritte  alla  materia  dei  «livelli essenziali delle prestazioni amministrative», in  quanto  configurano il procedimento, da applicarsi uniformemente su tutto  il  territorio nazionale,  per  conseguire  l'autorizzazione  alla   costruzione   e all'esercizio degli impianti di energia da fonti rinnovabili.     La disciplina statale oggetto di impugnazione  non  riguarderebbe dunque  i  profili   sostanziali   dell'impatto   ambientale   ovvero paesaggistico degli  impianti,  ma  soltanto  l'iter  procedurale  da seguire  ai  fini  dell'autorizzazione,  sul  presupposto  che  siano rispettate le normative poste a tutela dell'ambiente e del paesaggio.

4.2.- Quanto all'applicazione delle linee  guida  alla  Provincia autonoma, la difesa statale ribadisce l'eccezione di inammissibilita' dell'impugnazione, in ragione della  partecipazione  della  Provincia autonoma di Trento alla Conferenza  unificata  che  ne  ha  preceduto l'approvazione. Dal  verbale  della  seduta  dell'8  luglio  2010  si evincerebbe,  infatti,  che  la  ricorrente  non   intendeva   negare l'applicabilita'  delle  linee  guida  nel  suo  territorio,   avendo semplicemente chiesto che fosse inserita una clausola di salvaguardia delle competenze statutarie in relazione alle disposizioni  contenute nei punti 1.2., 17.1. e 17.2.     A conferma di quanto esposto, la difesa statale sottolinea che la sentenza n. 275  del  2011  della  Corte  costituzionale  ha  accolto parzialmente il conflitto proposto  dalla  ricorrente,  annullando  i punti 1.2. e 17.1. delle linee guida, e facendo salva, per il  resto, l'applicazione delle stesse linee guida nei confronti della Provincia autonoma.     L'impugnazione  odierna,   per   la   parte   in   cui   riguarda l'applicabilita'   delle    linee    guida,    risulterebbe    dunque inammissibile, perche' contraria all'oggetto del precedente conflitto di attribuzioni e al contenuto della sentenza n. 275 del 2011.     Sarebbe comunque evidente, secondo  l'Avvocatura  generale  dello Stato, l'infondatezza della pretesa  della  ricorrente  di  sottrarsi all'applicazione delle linee  guida  oltre  i  limiti  segnati  dalla richiamata sentenza.

4.3.- In  riferimento  alle  censure  prospettate  nei  confronti dell'art. 15, commi 3 e 4, primo periodo, del d.lgs. n. 28 del  2011, la  difesa  statale  ribadisce  che  le  disposizioni  ivi  contenute sarebbero qualificabili come norme  generali  sull'istruzione  e  sui livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e sociali, e dunque rientrerebbero nella competenza  esclusiva  statale prevista dall'art. 117, secondo comma, lettere m) ed n), Cost.

5.- In data 17 ottobre 2012, la difesa provinciale ha  depositato ulteriore memoria di replica alle argomentazioni svolte dalla  difesa dello Stato.

5.1.- La ricorrente contesta che le disposizioni contenute  negli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 siano riconducibili ai  livelli essenziali delle prestazioni, giacche' tale inquadramento,  a  fronte della natura prevalentemente amministrativa delle norme dettate dalle Regioni, finirebbe per svuotare di contenuto l'autonomia  legislativa regionale.  Piu'   specificamente,   poi,   il   parametro   indicato risulterebbe inapplicabile alle autonomie speciali, nei casi  in  cui da esso derivi la compressione delle prerogative statutarie.     A parere della stessa ricorrente, le disposizioni in esame, e  le norme da esse richiamate,  costituiscono  «un  insieme  complesso  di disposizioni, in larga misura dettagliate», tale da non poter  essere in alcun modo  riconducibile  ai  livelli  essenziali,  come  sarebbe confermato dall'art. 5, comma 1, il quale rinvia  alle  «disposizioni delle Regioni», in tal  modo  smentendo  quell'esigenza  di  assoluta uniformita' ex adverso prospettata.     Del  resto,  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  riconosciuto all'art.  12  del  d.lgs.  n.  387  del  2003  natura  di   principio fondamentale della materia "energia", senza mai ricondurlo ai livelli essenziali delle prestazioni.     Quanto   poi   alla   presunta   neutralita'   del   procedimento autorizzatorio,  tale  da  escluderne  l'attinenza  con  la   materia sostanziale,  e  dunque  anche  con  il  profilo  della  tutela   del paesaggio, la ricorrente si limita  ad  osservare  che  ogni  materia comprende, necessariamente, non solo le norme sostanziali ma anche le relative norme procedurali, e che pertanto il procedimento  non  puo' essere considerato materia  autonoma  (sono  richiamate  le  sentenze della Corte costituzionale n. 401 del 2007 e n. 465 del 1991).

5.2.- Con riferimento alle linee  guida,  la  difesa  provinciale ribadisce che, in sede di Conferenza unificata, la Provincia autonoma di Trento aveva chiesto di inserire la clausola  di  salvaguardia  ed alcuni emendamenti, in  quanto  si  opponeva  all'applicazione  delle linee guida nel proprio territorio, sicche' non si sarebbe verificata alcuna acquiescenza, e difatti la relativa eccezione,  gia'  proposta in sede di conflitto, e' stata respinta  dalla  Corte  costituzionale nella sentenza n. 275 del 2011.     Nel  merito,  la  pronuncia  citata,  contrariamente   a   quanto sostenuto  dalla  difesa  statale,  avrebbe  individuato  nelle  sole esigenze  generali  di  produzione  minima  di   energia   da   fonti rinnovabili, connesse alla tutela dell'ambiente,  i  limiti  entro  i quali le linee guida vincolano anche le Province autonome.     Da questa lettura della sentenza n. 275 del  2011  discenderebbe, come   conseguenza   necessitata,   l'illegittimita'   costituzionale dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011, che genericamente fa rinvio alle «modalita' procedimentali» e alle  «condizioni»  previste dal d.m. 10 settembre 2010.     5.3.- Con riguardo alla impugnazione dell'art. 15, commi 3  e  4, primo periodo, del d.lgs. n.  28  del  2011,  la  difesa  provinciale rinvia alle argomentazioni esposte nella propria precedente  memoria, in assenza di nuove deduzioni da parte dell'Avvocatura generale dello Stato rispetto a quanto gia' prospettato nell'atto di intervento.

6.-  Nell'udienza  pubblica  del  7  novembre  2012   la   difesa provinciale, oltre a ribadire  le  conclusioni  gia'  rassegnate  nel ricorso e nelle memorie, ha  riferito  dell'intervenuta  approvazione della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n.  20 (Legge provinciale sull'energia e attuazione dell'articolo  13  della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e  del Consiglio   sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE), della  quale  non era stata fatta menzione nell'ultima memoria depositata.

Considerato in diritto

1.- La Provincia autonoma di  Trento  ha  promosso  questioni  di legittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1, 6, commi  9  e 11, nonche' degli artt. 5 e 6 nel loro  complesso,  e  dell'art.  15, commi 3 e 4, primo periodo, del decreto legislativo 3 marzo 2011,  n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla  promozione  dell'uso dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), per violazione: a) dell'art. 4, n. 3), dell'art. 8, numeri 1), 3), 4), 5),  6),  13), 16), 17), 19), 21), 22), 24) e 29), dell'art. 9,  numeri  9)  e  10), dell'art. 16, degli artt. 80, comma 1, e 81, comma 2, del  d.P.R.  31 agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto Adige); b) del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115  (Norme  di  attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in  materia di trasferimento alle province autonome di Trento e  di  Bolzano  dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della  Regione);  c)  del d.P.R. 1° novembre 1973, n. 690 (Norme di  attuazione  dello  statuto speciale per la regione  Trentino-Alto  Adige  concernenti  tutela  e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare);  d)  del d.P.R. 22 marzo 1974, n.  381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); e) del d.P.R. 26 marzo 1977, n.  235  (Norme  di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige in materia di energia); f)  del  d.P.R.  19  novembre  1987,  n.  526 (Estensione  alla  regione  Trentino-Alto  Adige  ed  alle   province autonome di Trento e di Bolzano delle disposizioni  del  decreto  del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616); g)  dell'art.  2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266  (Norme  di  attuazione dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige  concernenti  il rapporto  tra  atti  legislativi  statali   e   leggi   regionali   e provinciali,   nonche'   la   potesta'   statale   di   indirizzo   e coordinamento); h) nonche' – limitatamente  agli  artt.  5  e  6  del d.lgs. n. 28 del 2011 – dell'art. 117, terzo e  quinto  comma,  della Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  Titolo  V  della Parte seconda della Costituzione).

2.-  La  ricorrente  contesta   l'applicabilita',   nel   proprio territorio, degli artt. 5, comma 1, e 6, commi 9 e 11, del d.lgs.  n. 28 del 2011, che  disciplinano  le  procedure  autorizzative  per  la costruzione e l'esercizio di impianti di  produzione  di  energia  da fonti  rinnovabili,  ritenendo  che  le  materie   incise   da   tali disposizioni appartengano alla competenza primaria  statutaria.  Sono evocati, in particolare, gli artt. 4 e 8, n. 5) e  6)  dello  statuto speciale di autonomia, che attribuiscono alle  Province  autonome  la potesta' legislativa primaria nelle materie dell'urbanistica e  piani regolatori e della tutela del paesaggio.     In via subordinata, previo riconoscimento che l'ambito  materiale inciso  dalla  normativa  in  esame  sia  quello  della  «produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale  dell'energia»,  la  ricorrente ritiene gli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del  2011  lesivi  dell'art. 117, terzo e quinto comma, Cost., in quanto norme di dettaglio, che a loro volta richiamano norme sub-primarie.     L'impugnativa riguarda, dunque, anche le disposizioni  richiamate dagli artt. 5 e 6 del d.lgs. n.  28  del  2011.  In  particolare,  la ricorrente contesta l'applicabilita' nei suoi confronti  del  decreto 10 settembre 2010 del Ministro dello sviluppo economico – di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del mare e con il Ministro per i beni e le attivita' culturali –  recante «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti rinnovabili».     Oggetto di ricorso e', inoltre, l'art. 15, commi  3  e  4,  primo periodo, del d.lgs.  n.  28  del  2011,  asseritamente  lesivo  della competenza primaria statutaria della Provincia autonoma in materia di formazione professionale.

3.- Preliminarmente  devono  essere  esaminate  le  eccezioni  di inammissibilita' proposte dalla difesa dello Stato.

3.1.-  Secondo  l'Avvocatura   generale   dello   Stato   sarebbe inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'art.  6, commi 9 e 11, del d.lgs. n. 28  del  2011,  atteso  che  entrambe  le disposizioni attribuiscono alla ricorrente la facolta' di  introdurre deroghe alla disciplina configurata nel medesimo art. 6.     L'eccezione  e'  priva  di  fondamento  perche',   come   risulta chiaramente   dal   ricorso,   la   Provincia    autonoma    contesta l'applicabilita'  nel  proprio  territorio   dell'intera   disciplina statale  autorizzatoria,  all'interno  della  quale  le  disposizioni impugnate consentono, alle  Regioni  e  alle  Province  autonome,  di «estendere» la procedura abilitativa semplificata, ovvero  il  regime di comunicazione, oltre le soglie fissate dalle norme statali.     Pertanto, oggetto di censura non e'  il  carattere  facoltizzante delle norme in esame ma la loro applicabilita'  anche  alle  Province autonome.

3.2.-   La   difesa   dello    Stato    ha    inoltre    eccepito l'inammissibilita' della impugnazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, nella parte in cui richiamano le disposizioni  contenute nelle linee guida, approvate con il d.m. 10 settembre  2010,  che  la ricorrente ritiene non possano vincolarla.     Secondo  una   prima   formulazione   dell'eccezione,   contenuta nell'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei  ministri, la Provincia autonoma non avrebbe  potuto  contestare  l'applicazione delle linee guida in ragione della sua partecipazione alla Conferenza unificata, che ha espresso parere favorevole  all'approvazione  delle stesse linee guida.     Analoga eccezione e' stata formulata  dalla  difesa  statale  nel conflitto promosso dalla Provincia  autonoma  di  Trento,  avente  ad oggetto alcuni punti delle citate linee guida, deciso da questa Corte con la sentenza n. 275 del 2011, sopravvenuta agli atti  introduttivi dell'odierno giudizio.     Nella  richiamata  pronuncia  l'eccezione   e'   stata   ritenuta infondata, a prescindere da ogni altra valutazione,  in  ragione  del documentato dissenso espresso dalla Provincia autonoma di Trento,  in sede di Conferenza unificata, sulla formulazione del testo  normativo successivamente approvato, sicche' la Corte ha ritenuto  che  non  si era verificata acquiescenza da parte della ricorrente.     Le  suddette  considerazioni  valgono,  all'evidenza,  anche  nel presente giudizio, dovendosi peraltro rilevare che la difesa statale, nella memoria depositata in data successiva alla pubblicazione  della sentenza n. 275 del 2011, ha riformulato l'eccezione,  assumendo  che l'impugnazione  relativa   all'applicabilita'   delle   linee   guida risulterebbe  inammissibile  perche'   «contraria   all'oggetto   del precedente conflitto di attribuzioni e al  contenuto  della  suddetta sentenza».     Posta  in  questi  termini,  l'eccezione   perde   il   carattere preliminare ed introduce il tema della portata della sentenza n.  275 del 2011 nella definizione del rapporto tra le autonomie  speciali  e la disciplina contenuta nelle linee guida,  che  attiene  ai  profili sostanziali del presente scrutinio.

4.- Nel merito, le questioni aventi ad oggetto gli artt. 5, comma 1, e 6, commi 9 e 11,  del  d.lgs.  n.  28  del  2011,  sollevate  in riferimento all'art. 117, terzo  e  quinto  comma,  Cost.,  non  sono fondate.

4.1.- Le disposizioni impugnate sono state emanate in  attuazione della direttiva 2009/28/CE (Direttiva 23 aprile 2009  del  Parlamento europeo e del Consiglio sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva  abrogazione  delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), in materia di promozione dell'uso di energia da fonti  rinnovabili,  che  ha  sostituito  la  direttiva 2001/77/CE (Direttiva 27 settembre 2001 del Parlamento europeo e  del Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica prodotta  da  fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'), a sua volta attuata con il decreto legislativo 29  dicembre  2003,  n.  387 (Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel mercato interno dell'elettricita').     In particolare, le disposizioni  oggetto  del  presente  giudizio disciplinano  le  procedure  autorizzatorie  per  la  costruzione   e l'esercizio  degli  impianti  di  produzione  di  energia  da   fonti rinnovabili, in attuazione dell'art. 13 della  direttiva  2009/28/CE, che prevede procedure amministrative semplificate  ed  accelerate,  e norme  in   materia   di   autorizzazione   oggettive,   trasparenti, proporzionate,  non  discriminatorie  e  che  tengano   conto   della specificita' di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili.     Va ricordato che la normativa comunitaria promuove, da  oltre  un decennio, il  maggiore  ricorso  all'energia  da  fonti  rinnovabili, espressamente collegandolo alla necessita' di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, e dunque anche al rispetto  del  protocollo  di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti climatici, in una prospettiva di  modifica  radicale  della  politica energetica dell'Unione.     L'impegno comunitario non e' soltanto programmatico:  la  vigente direttiva  2009/28/CE  individua  la  quota  di  energia   da   fonti rinnovabili che ciascuno Stato membro deve utilizzare sul totale  del proprio consumo energetico fino al 2020 (art. 5).     Il percorso tracciato, a partire dalla direttiva 2001/77/CE (art. 6), ha avuto come prioritario obiettivo la creazione  di  un  mercato interno dell'energia da fonti rinnovabili, e in questa  direzione  la normativa comunitaria ha  richiesto  agli  Stati  membri  di  dettare regole  certe,  trasparenti  e  non  discriminatorie,  in  grado   di orientare  le  scelte  degli  operatori  economici,   favorendo   gli investimenti nel settore.     In una diversa, non  meno  importante,  direzione,  la  normativa comunitaria  ha  richiesto  agli  Stati  membri  di  semplificare   i procedimenti  autorizzatori  degli  impianti  di   minore   capacita' generatrice, destinati di regola all'autoconsumo.

4.2.- Nel contesto nazionale,  le  disposizioni  contenute  negli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 integrano, con alcune varianti, la disciplina autorizzatoria gia' introdotta con l'art. 12 del citato d.lgs. n. 387 del 2003 e con le linee guida, approvate con il d.m. 10 settembre 2010.     Si tratta, all'evidenza, di normativa riconducibile alla  materia di potesta' legislativa concorrente della  «produzione,  trasporto  e distribuzione   nazionale   dell'energia»,   in   coerenza   con   la giurisprudenza ormai cospicua di questa  Corte  in  tema  di  energie rinnovabili (ex plurimis, sentenze n. 224 e n. 99 del  2012,  n.  192 del 2011, n. 194, n. 168 e n. 119 del 2010, n. 282 del 2009,  n.  364 del 2006), fondata  sul  criterio  funzionale,  della  individuazione degli interessi pubblici sottesi alla disciplina.     Nella  predetta  materia,  come  pure  precisato  (ex   plurimis, sentenze n. 165 del 2011 e n. 383 del 2005), alla Provincia  autonoma si deve estendere, in virtu' dell'art. 10 della legge cost. n. 3  del 2001, la stessa disciplina dettata dagli artt. 117 e 118 Cost. per le Regioni a statuto ordinario.     Rimangono  di  conseguenza  escluse  le   competenze   statutarie primarie  evocate  dalla  ricorrente  –  in  assunto  violate   dalla normativa statale in esame – nessuna delle quali risulta strettamente inerente all'energia, trattandosi piuttosto  di  campi  di  incidenza indiretta degli interventi nella predetta materia.     Con riferimento in particolare alla tutela del paesaggio,  questa Corte, nella sentenza n. 275 del 2011, sopravvenuta  all'introduzione dell'odierno giudizio, ha definito il  rapporto  tra  le  prerogative statutarie delle Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e  la disciplina contenuta nelle linee guida, prevista dall'art. 12,  comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, riconoscendo che le Province non sono vincolate alla predetta disciplina relativamente ai  criteri  e  alle modalita' di individuazione delle aree e dei  siti  non  idonei  alla installazione degli impianti di produzione da fonti rinnovabili.     Il conflitto promosso dalla Provincia  autonoma  di  Trento,  che aveva ad oggetto alcuni punti  delle  linee  guida,  sulle  quali  la stessa Provincia  aveva  espresso  dissenso  in  sede  di  Conferenza unificata, e' stato accolto parzialmente,  con  l'annullamento  delle disposizioni  impugnate  non  rispettose  dell'indicato  profilo   di autonomia   speciale,   viceversa   garantito   dalla   clausola   di salvaguardia contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 387 del 2003.     A  fronte  dell'evocazione  di  numerosi  titoli  di   competenza statutaria da parte della Provincia autonoma ricorrente, questa Corte ha prima rilevato che «il legislatore statale ha avuto cura  altresi' di inserire nella norma-base la  cosiddetta  "clausola  di  salvezza" delle competenze delle Regioni a statuto speciale  e  delle  Province autonome»,  per  poi  precisare  che  «tali  competenze,  per  quanto riguarda la ricorrente, si  concretizzano  nell'art.  8,  numero  6), dello statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige,  che  attribuisce alla potesta' legislativa primaria  delle  Province  la  "tutela  del paesaggio"».     Nella piu' recente sentenza n. 224 del 2012,  che  ha  scrutinato una norma della Regione autonoma Sardegna in assunto espressiva della competenza statutaria in materia  di  tutela  del  paesaggio,  questa Corte ha avuto modo di ritornare sulla delimitazione delle  sfere  di competenza, affermando che le autonomie speciali dotate di competenza statutaria in materia di tutela  del  paesaggio  possono  individuare aree e siti non idonei alla installazione degli impianti al di  fuori delle prescrizioni contenute nelle linee guida, ma sempre all'interno dei principi  fondamentali  dettati  dal  legislatore  statale  nella materia dell'energia.  La  norma  della  Regione  Sardegna  e'  stata infatti dichiarata illegittima perche'  impediva  l'installazione  di impianti eolici  nella  quasi  totalita'  del  territorio  regionale, rovesciando il rapporto regola-eccezione tra aree idonee e  aree  non idonee,  in  evidente  contrasto  con  il   principio,   di   diretta derivazione comunitaria, della diffusione degli impianti  a  fini  di aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili.     Va evidenziato, peraltro e conclusivamente,  che  la  tutela  del paesaggio, la quale si esprime  attraverso  la  individuazione  delle aree e dei siti non idonei alla installazione degli impianti, attiene ad una fase che logicamente precede  quella  autorizzatoria,  essendo all'evidenza finalizzata ad  offrire  agli  operatori  un  quadro  di riferimento ed orientamento per la localizzazione dei progetti.     Ne consegue che l'esercizio, da parte delle  Regioni  speciali  e delle Province autonome,  della  competenza  primaria  statutaria  in materia di tutela del paesaggio non e' messo in discussione in  alcun modo dalla previsione  di  procedure  autorizzatorie  tendenzialmente uniformi sul territorio nazionale.

4.3.- Una volta ricondotte le previsioni di cui agli artt. 5 e  6 del  d.lgs.  n.  28  del  2011  alla  materia  "energia",   si   deve ulteriormente osservare che la disciplina autorizzatoria ivi  dettata presenta il carattere di normazione di principio e non di dettaglio.     La  complessita'  delle  procedure  configurate  dal  legislatore statale costituisce un  dato  formale  non  decisivo  ai  fini  della qualificazione delle  norme  in  esame,  se  si  considera  che  tali procedure e la loro  applicazione  sull'intero  territorio  nazionale rivestono un ruolo centrale ai fini della concreta  attuazione  della nuova politica energetica.     Come  sopra  evidenziato,  le   direttive   dell'Unione   europea richiedono agli Stati membri  di  introdurre  regole  procedurali  in grado  di  garantire,  da  un  lato,  la  creazione  di  un   mercato dell'energia elettrica da inserire in rete, e, dall'altro, l'utilizzo delle fonti alternative per l'autoconsumo. La tendenziale uniformita' delle regole in entrambi gli ambiti di applicazione  rappresenta  una precondizione per il  raggiungimento  dell'obiettivo  finale,  quello della diffusione su larga scala del ricorso alle energie rinnovabili, ed e' dunque interna alla materia in oggetto.     Non sembrano  pertanto  conferenti  i  richiami  alla  competenza statale esclusiva  sulla  fissazione  dei  livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, tanto piu' che la normativa  in  esame  consente  alle  Regioni  di  intervenire  sulle procedure autorizzatorie cosiddette semplificate, di cui  all'art.  6 del d.lgs. n. 28 del 2011, per estendere la  soglia  di  applicazione della procedura abilitativa semplificata  agli  impianti  di  potenza nominale fino  a  1  MW  elettrico  (comma  9),  e  il  regime  della comunicazione relativa alle attivita'  di  edilizia  libera  per  gli impianti di potenza nominale fino a 50 kW (comma 11).

5.- Le considerazioni  che  precedono  rendono  evidente  la  non fondatezza delle censure prospettate in  riferimento  agli  artt.  5, comma 1, e 6, commi 9 e 11, del d.lgs. n. 28 del 2011, nella parte in cui menzionano le Province autonome,  rendendo  ad  esse  applicabile l'intera disciplina contenuta nei citati articoli.     In  questa  prospettiva,  il  regime  dell'autorizzazione  unica, configurato dall'art. 12 del d.lgs. n. 387  del  2003,  ulteriormente definito nelle linee guida approvate con il d.m. 10 settembre 2010, e modificato dall'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2011, ha  valenza  estesa all'intero  territorio  nazionale,   senza   eccezioni,   in   quanto funzionale alla creazione di un sistema di regole certe,  trasparenti ed uniformi di ingresso degli  operatori  economici  nel  settore  di riferimento.     L'esigenza di unitarieta' e «non frazionabilita'» della  funzione regolatoria,  ai  fini  della  diffusione  delle  fonti   energetiche rinnovabili,  e'  espressamente  richiamata,  con  riferimento   alle procedure  amministrative,  dal  Piano  nazionale  per   le   energie rinnovabili del 2010, predisposto dal  Ministero  dello  sviluppo  in attuazione dell'art. 4 della direttiva 2009/28/CE.     All'interno di questo sistema deve essere collocato  il  richiamo alle linee guida, oltre che all'art. 12 del d.lgs. n. 387  del  2003, contenuto nell'art. 5 impugnato,  a  proposito  del  procedimento  di autorizzazione unica.     L'art.   12   del   d.lgs.   n.   387   del    2003,    rubricato «Razionalizzazione e semplificazione delle procedure  autorizzative», ha previsto, al comma 10, l'approvazione,  in  Conferenza  unificata, delle linee guida «per lo svolgimento  del  procedimento  di  cui  al comma 3», vale a dire del procedimento di autorizzazione  unica,  che ha visto la sua prima configurazione appunto nel comma 3  del  citato art. 12.     Ulteriore  compito  affidato  dalla  norma  primaria  alla   sede concertata e' stato quello di definire i  criteri  per  l'inserimento degli impianti  nel  paesaggio,  e  qui,  secondo  la  giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 308  e  n.  275  del  2011), hanno trovato bilanciamento i  valori,  potenzialmente  confliggenti, della produzione  di  energia  con  la  tutela  dell'ambiente  e  del paesaggio, con  modalita'  rispettose  delle  diverse  competenze  in rilievo.     Come  gia'  detto,  l'inapplicabilita'  delle  linee  guida  alla Provincia autonoma di Trento e'  stata  riconosciuta  in  riferimento proprio ed esclusivamente a quest'ultimo  profilo  della  disciplina; quanto, invece, ai profili procedimentali dell'autorizzazione  unica, la normativa introdotta dalle linee guida costituisce  la  necessaria integrazione delle previsioni contenute nell'art. 12  del  d.lgs.  n. 387 del 2003, raggiunta secondo  il  meccanismo  dell'intesa  con  le Regioni e le Province autonome,  e  dunque  vincolante  su  tutto  il territorio nazionale.

5.1.- Discorso in parte analogo deve essere svolto  con  riguardo al comma 3 dell'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2011.  La disposizione impugnata demanda  ad  un  decreto  del  Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,  previa  intesa  con  la Conferenza unificata, l'individuazione,  per  ciascuna  tipologia  di impianto e di fonte, degli interventi di modifica  sostanziale  degli impianti, da  assoggettare  ad  autorizzazione  unica,  dettando  nel contempo una disciplina transitoria.     La ricorrente  assume  l'inapplicabilita',  nei  suoi  confronti, della normativa futura sulla base del medesimo ragionamento  per  cui ritiene inapplicabile l'intero d.m. 10  settembre  2010,  recante  le linee guida, e dunque a prescindere dal contenuto delle disposizioni.     Si deve anche qui ribadire che il significato della  clausola  di salvaguardia, contenuta nell'art. 45  del  d.lgs.  n.  28  del  2011, omologo dell'art. 19 del d.lgs. n. 387  del  2003,  non  puo'  essere invocato se non in presenza di disposizioni che incidano direttamente su ambiti di competenza primaria statutaria della Provincia autonoma, cio' che, peraltro, non e' possibile prefigurare fino a  quando  tale decreto non sara' approvato.     Quanto alla disciplina transitoria, sembra agevole  rilevare  che essa  provvede  a  completare  la  disciplina  autorizzatoria   nella direzione della semplificazione, e dunque concorre a dare attuazione, con il carattere  della  temporaneita',  alla  direttiva  2009/28/CE, tenendo fermo il necessario ricorso all'autorizzazione  unica  per  i casi di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi  del  decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

6.- Le considerazioni svolte con  riguardo  alla  non  fondatezza delle censure prospettate nei confronti dell'art. 5 del d.lgs. n.  28 del 2011 si impongono anche  in  riferimento  alla  disciplina  delle cosiddette  procedure  semplificate,  introdotte  dall'art.   6   del medesimo decreto legislativo.     Quest'ultima  previsione  risulta,  se  possibile,  ancora   piu' strettamente connessa alla  direttiva  2009/28/CE,  posto  che  muove nella direzione di una «liberalizzazione» del regime  autorizzatorio, espressione del favor verso la diffusione delle energie alternative.     La norma impugnata configura, ai commi da 2 a 8, il regime  della procedura abilitativa semplificata  (PAS),  da  applicarsi  in  luogo della denuncia di inizio di attivita' (DIA)  agli  impianti  indicati nei paragrafi 11 e 12 delle linee guida, e al comma 9 prevede che  le Regioni e le  Province  autonome  possano  estendere  tale  procedura semplificata  agli  impianti  di  potenza  nominale  fino  ad  1   MW elettrico.     Le Regioni e le Province autonome  possono  inoltre  stabilire  i casi  in  cui,   essendo   previste   autorizzazioni   ambientali   o paesaggistiche di amministrazioni  diverse  dai  Comuni,  gli  stessi impianti debbono  invece  ritenersi  assoggettati  all'autorizzazione unica, di cui all'art. 5.     Ancora, al comma 11, il legislatore ha stabilito che la procedura di  comunicazione  relativa  alle  attivita'  in   edilizia   libera, anch'essa prevista nei paragrafi 11 e 12 delle linee guida,  per  gli impianti di minore capacita', possa essere  estesa  dalle  Regioni  e dalle Province autonome agli impianti con potenza nominale fino a  50 kW, nonche'  agli  impianti  fotovoltaici  di  qualsiasi  potenza  da installare sugli edifici, fatta sempre salva la disciplina in materia di valutazione di  impatto  ambientale  e  di  tutela  delle  risorse idriche.

6.1.- La normativa  in  esame  e'  espressione  della  competenza statale in materia di energia, poiche' detta  il  regime  abilitativo per gli impianti non assoggettati all'autorizzazione unica, regime da applicarsi in tutto il territorio nazionale.     Il richiamo ai paragrafi 11 e  12  delle  linee  guida,  peraltro legittimo alla luce di quanto sopra detto, assume qui  chiaro  valore ricognitivo, giacche' consente di individuare le specifiche tipologie di impianti e di fonti da assoggettare alle  procedure  semplificate, senza  arrivare  ad  affermare  che  l'art.  6  ha   «ratificato   le disposizioni delle linee guida» (sentenza n. 192 del 2011).     Di  recente   questa   Corte   ha   dichiarato   l'illegittimita' costituzionale  di  una  norma  regionale  che  limitava,  sul  piano soggettivo, il ricorso alla procedura semplificata prevista dall'art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, affermando che «il  legislatore  statale […] attraverso la disciplina delle procedure  per  l'autorizzazione degli impianti di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili,  ha introdotto principi che, per costante giurisprudenza di questa Corte, non tollerano eccezioni sull'intero territorio nazionale,  in  quanto espressione della  competenza  concorrente  in  materia  di  energia» (sentenza n. 99 del 2012).     La citata pronuncia da' atto della giurisprudenza  in  tal  senso formatasi in riferimento al d.lgs. n.  387  del  2003  (ex  plurimis, sentenze n. 310, 308 e 107 del 2011; nn. 194, 168, 124, 120 e 119 del 2010; n. 282 del 2009 e n.  364  del  2006),  ed  alle  linee  guida, approvate con d.m. 10 settembre 2010 (sentenze n. 308 del 2011  e  n. 344  del  2010),  e  quindi  rileva   che   il   medesimo   principio giurisprudenziale va riaffermato con riferimento al d.lgs. n. 28  del 2011 ed alle procedure autorizzatorie ivi previste.

7.- Del pari non fondata e' la questione avente ad oggetto l'art. 15, commi 3 e 4, primo periodo, del d.lgs. n. 28 del 2011,  sollevata in  riferimento  all'art.  8,  n.  29),  dello  statuto  speciale  di autonomia ed alle norme di attuazione contenute  negli  artt.  2  del d.lgs. n. 266 del 1992 e 8 del d.P.R. n. 526 del 1987.

7.1.-   La   normativa   impugnata   disciplina   la   formazione professionale degli installatori, in attuazione  dell'art.  14  della direttiva 2009/28/CE.     La disposizione dell'Unione  europea  stabilisce  che  gli  Stati membri debbano assicurare che «entro il 31 dicembre 2012  sistemi  di certificazione o sistemi equivalenti di qualificazione siano messi  a disposizione degli installatori su piccola  scala  di  caldaie  o  di stufe a biomassa,  di  sistemi  solari  fotovoltaici  o  termici,  di sistemi geotermici poco profondi e di pompe  di  calore»,  prevedendo altresi'  che  tali  sistemi  siano  basati  sui  criteri   enunciati nell'allegato  IV  alla  direttiva,  e  che  «ciascuno  Stato  membro riconosc[a] le certificazioni rilasciate  dagli  altri  Stati  membri conformemente ai predetti criteri».     La  direttiva  esige  che   sia   predisposto   un   sistema   di qualificazione professionale  per  gli  installatori  degli  impianti sopra indicati, e che  tale  qualificazione  risponda  agli  standard fissati  nella  stessa  direttiva,  all'allegato  IV,  ai  fini   del riconoscimento in ambito comunitario.     Il legislatore nazionale, nell'art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011, ha  previsto  i  requisiti  tecnico  professionali  al  cui possesso  e'  subordinato  il  conseguimento  della   qualifica   per l'attivita'  di  installazione  e  manutenzione  straordinaria  degli impianti indicati dalla direttiva, richiamando l'art. 4  del  decreto del  Ministro  dello  sviluppo  economico  22  gennaio  2008,  n.  37 (Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo  11-quaterdecies, comma 13, lettera a), della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attivita' di  installazione degli impianti all'interno degli edifici).     Al comma 2 del medesimo art. 15 e' previsto che, a decorrere  dal 1° agosto 2013, i requisiti indicati dall'art. 4,  comma  1,  lettera c), del regolamento sopra citato si intendono rispettati a condizione che: a) il titolo di formazione sia  rilasciato  nel  rispetto  delle modalita' di cui ai successivi commi 3 e 4,  e  dei  criteri  di  cui all'allegato 4 (che richiama a sua volta l'allegato IV alla direttiva 2009/28/CE), e attesti la qualificazione degli  installatori,  b)  il previo periodo di formazione  sia  effettuato  secondo  le  modalita' individuate nell'allegato 4.     Il comma 3 dell'art. 15, impugnato dalla  ricorrente,  stabilisce che entro il 31 dicembre 2012  le  Regioni  e  le  Province  autonome attivino programmi di formazione  degli  installatori,  nel  rispetto dell'allegato 4, ovvero procedano al riconoscimento di  fornitori  di formazione.     Il  comma  4  dell'art.  15,  impugnato  limitatamente  al  primo periodo, prevede a sua volta che,  in  caso  di  mancata  attivazione delle Regioni e delle Province autonome nel termine  sopra  indicato, l'ENEA mette a disposizione programmi di formazione per  il  rilascio dell'attestato di formazione.

7.2.- Secondo la ricorrente le previsioni contenute nell'art. 15, commi 3  e  4,  primo  periodo,  sarebbero  lesive  della  competenza primaria  statutaria  in  materia  di  formazione  professionale,  in quanto, in  contrasto  con  la  clausola  di  salvaguardia  contenuta nell'art. 45 del d.lgs.  n.  28  del  2011,  il  legislatore  statale avrebbe previsto a  carico  della  Provincia  autonoma  l'obbligo  di attivare un programma di formazione professionale o, in  alternativa, di riconoscere fornitori di formazione, configurando infine un potere sostitutivo, per il caso di inattivita' della stessa Provincia, al di fuori dello schema delineato dall'art. 8 del d.P.R. n. 526 del 1987.     Le censure non possono essere accolte.     In primo luogo, va riaffermata la competenza statale  a  definire il profilo professionale degli installatori di impianti e il relativo titolo abilitante (ex plurimis, sentenze n. 328 e n. 138 del 2009, n. 57 del 2007, n. 424 del 2006), atteso  il  carattere  necessariamente unitario di tale definizione, tanto  piu'  evidente  nei  casi,  come l'odierno, in cui gli  standard  professionali  sono  indicati  dalla normativa comunitaria.     La fissazione del termine del 31 dicembre 2012 per  l'attivazione dei programmi di formazione  e'  anch'essa  di  matrice  comunitaria, discendendo direttamente  dal  richiamato  art.  14  della  direttiva 2009/28/CE, ed e' strumentale all'obiettivo della maggiore diffusione dei piccoli impianti alimentati da fonti rinnovabili. La disposizione statale si limita a riproporre il  medesimo  termine,  e  dunque  non presenta in se' contenuto lesivo dell'autonomia provinciale.     In particolare, l'art. 15, comma 3, del d.lgs.  n.  28  del  2011 risulta  rispettoso  delle  competenze  provinciali  in  materia   di formazione  professionale,  in  quanto  il  legislatore  statale   ha previsto, in relazione  al  profilo  in  oggetto,  individuato  dalla stessa normativa statale, che siano le Regioni e le Province autonome ad attivare i programmi di formazione.     Quanto all'art. 15, comma 4, del medesimo decreto, la  norma  ivi contenuta non da' vita ad  un  intervento  sostitutivo,  poiche'  non pretende di sostituire la propria disciplina a quella delle Regioni e delle Province autonome, ma si limita a prevedere  che,  in  caso  di inattivita' da parte di queste ultime, l'ENEA «mett[a] a disposizione programmi  di  formazione   per   il   rilascio   dell'attestato   di formazione», al solo scopo di  ovviare  all'inattivita'  regionale  o provinciale. Cio' non impedisce alle stesse Regioni ed alle  Province autonome  di  attivare,  anche  successivamente  alla  scadenza   del termine, il programma di formazione di cui al comma 3  del  censurato art. 15.     Per le ragioni anzidette non si  ravvisa  nemmeno  sul  punto  la lamentata lesione dell'autonomia provinciale.

per questi motivi  

LA CORTE COSTITUZIONALE

1)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita' costituzionale degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo  3  marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE  sulla  promozione dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e successiva abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e  2003/30/CE), promosse dalla Provincia autonoma di  Trento,  per  violazione  degli articoli 4, n. 3), 8, numeri 1), 3), 4), 5), 6), 13), 16), 17),  19), 21), 22), 24) e 29), 9, numeri 9) e 10), 16, 80, comma 1, e 81, comma 2, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del  testo  unico delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige), e  delle  norme  di  attuazione  dello  statuto speciale di  cui  al  d.P.R.  20  gennaio  1973,  n.  115  (Norme  di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige in materia di trasferimento alle province autonome  di  Trento  e  di Bolzano dei  beni  demaniali  e  patrimoniali  dello  Stato  e  della Regione), al d.P.R. 1° novembre 1973, n.  690  (Norme  di  attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige concernenti tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare), al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di  attuazione  dello  statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), al d.P.R.  26  marzo  1977,  n.  235  (Norme  di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige in  materia  di  energia),  al  d.P.R.  19  novembre  1987,  n.   526 (Estensione  alla  regione  Trentino-Alto  Adige  ed  alle   province autonome di Trento e di Bolzano delle disposizioni  del  decreto  del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616) e all'art. 2  del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e coordinamento); nonche'  dell'art. 117, terzo e quinto comma, della Costituzione;

2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita' costituzionale dell'art. 15, commi 3 e 4, primo periodo,  del  d.lgs. n. 28 del 2011, promosse dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,  per violazione degli artt. 8, n. 29), del d.P.R. n. 670 del 1972,  2  del d.lgs. n. 266 del 1992 e 8 del d.P.R. n. 526 del 1987, con il ricorso in epigrafe.     Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2012.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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