L'art. 999 c.c. riconosce all'usufruttuario il diritto di locare il bene sul quale ha l'usufrutto. Il legislatore regola la sorte di queste locazioni dopo la cessazione dell'usufrutto, distinguendo tra cessazione per morte dell'usufruttuario e cessazione per scadenza del termine dell'usufrutto.
In caso di morte dell'usufruttuario, stabilendo che le locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell'usufrutto continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto, se il contratto di locazione ha la forma dell'atto pubblico o di una scrittura privata di data certa anteriore (alla morte dell'usufruttuario), questo per evitare che il nudo proprietario possa essere danneggiato da locazioni prive di data certa).
Se la cessazione dell'usufrutto avviene per la scadenza del termine stabilito, le locazioni non durano in ogni caso se non per l'anno, e, trattandosi di fondi rustici dei quali il principale raccolto è biennale o triennale, se non per il biennio o triennio che si trova in corso al tempo in cui cessa l'usufrutto.
Il legislatore non regola la sorte dei rapporti derivanti dal contratto di locazione, ad esempio, non stabilisce a chi deve essere rivolta la domanda di restituzione di un canone di locazione pagato in misura maggiore rispetto a quanto stabilito nel contratto di locazione. Le implicazioni della risposta a questa domanda sono notevoli, infatti, la questione incide sulla legittimazione ad agire e potrebbe esserci un litisconsorzio necessario tra nudo proprietario ed usufruttuario.
Sia prima della morte dell'usufruttuario, sia dopo la morte dell'usufruttuario, il nudo proprietario non è litisconsorte necessario in relazione alla domanda riconvenzionale, avente ad oggetto la restituzione di canoni pagati in eccesso (almeno quando, dopo la morte dell'usufruttuario, non si intromette nella gestione della locazione).
Per meglio comprendere la portata di questa affermazione è opportuno distinguere tra – la domanda di restituzione relativa dei canoni di locazione pagati in eccesso percepiti dall'usufruttuario in vita – e la domanda di restituzione dei canoni di locazione pagati dal conduttore (ad esempio all'erede dell'usufruttuario) dopo la morte dell'usufruttuario.
Dopo la stipula del contratto di locazione sottoscritto dall'usufruttuario nel legittimo esercizio del suo diritto di usufrutto ex art. 999 c.c. e, finché questo ha prodotto i suoi effetti – cioè per l'intera vita dell'usufruttuario – all'usufruttuario (e ai suoi eredi) debbono essere riferiti debiti e crediti nascenti dal rapporto, fra cui il debito maturato a carico dell'usufruttuario per l'asserita percezione di somme eccedenti quelle dovute in pagamento del canone.
Quindi, si applicano le normale regole in materia di successione e i figli dell'usufruttuario, quali eredi legittimi (e legittimari) del locatore (usufruttuario) sono subentrati anche nella responsabilità per il debito, mentre il nudo proprietario è rimasto estraneo al rapporto, non avendo alcun diritto sulla gestione e sui frutti del bene, per il tempo in cui l'usufrutto era in corso, e non avendo riscosso alcunché in pagamento dei canoni.
Quanto a debiti e crediti sorti in data successiva alla morte dell'usufruttuaria, in conseguenza del protrarsi (di fatto od ai sensi dell'art. 999 cod. civ.) del rapporto locativo, essi dovrebbero fare capo, in linea di principio, al soggetto legittimato a subentrare nel contratto dopo l'estinzione dell'usufrutto: nella specie, al nudo proprietario divenuto proprietario pieno.
Tuttavia, ove questi non si attivi in tal senso, la gestione dei suddetti rapporti passa a chi sia subentrato all'usufruttuario nella disponibilità di fatto dell'immobile e nell'esercizio dei diritti-doveri nascenti dal rapporto di locazione; fermo restando il suo obbligo di rispondere della gestione e dei frutti nei confronti del proprietario pieno, nel momento in cui questi farà valere i suoi diritti.
Quindi, gli eredi dell'usufruttuario (locatore) sono legittimati a rispondere sia dell'ipotetico debito dell'usufruttuario, per la riscossione di somme pagate in eccesso a titolo di canoni, durante la vita dell'usufruttuario e per i canoni riscossi da quest'ultimo; sia di quello eventualmente maturato successivamente alla morte dell'usufruttuario, per il tempo in cui gli eredi hanno riscosso somme in ipotesi non dovute, in virtù della disponibilità di fatto dell'immobile e del rapporto locativo.
In entrambi i casi è da escludere ogni situazione di litisconsorzio necessario nei confronti del proprietario dell'immobile, il quale non abbia rivendicato il possesso dell'immobile (né, a quanto pare, la relativa proprietà, visto che gli si addebita di non avere accettato l'eredità), il quale non abbia incassato alcunché a titolo di canoni di locazione, né prima né dopo l'estinzione dell'usufrutto, né abbia dato alcun segno di voler esercitare i diritti nascenti dalla locazione.
Questa soluzione non può essere contestata affermando che alla morte dell'usufruttuario, il nudo proprietario diventa pieno proprietario e quindi unico gestore del bene e, quindi, l'unico che deve legittimato a rispondere del contratto di locazione (compresa la domanda di restituzione dei canoni pagati in eccesso).
Questo perché, anche se il diritto di usufrutto si è estinto con la morte dell'usufruttuaria, ex . 979, l ° comma cod. civ., consolidandosi con la proprietà, non per questo il nudo proprietario, divenuto proprietario pieno è subentrato nel possesso dell'immobile (possesso mediato, che l'usufruttuario esercitava tramite la detenzione del conduttore: art. 1140, 2 ° comma, cod. civ.), essendo rimasto del tutto silente ed estraneo al rapporto di locazione. Al contrario, nel caso specifico, è accertato che nell'esercizio di fatto dei poteri di gestione dell'immobile, ed in particolare di quelli inerenti al rapporto derivante dal contratto di locazione, è subentrato l'erede (figlio) del locatore (usufruttuario), da considerarsi titolare se non del possesso, quanto meno nella detenzione legittima dell'immobile e comunque in una situazione di fatto che le conferisce la legittima disponibilità del bene locato, nei limiti di quanto occorre ad impedire al conduttore di eccepirle il difetto di legittimazione ad agire .
Cass., civ. sez. III, del 20 agosto 2015, n. 17030 in pdf