Agenzia delle Entrate
Circolare n.38/E del 28 settembre 2012
Oggetto Remissione in bonis – Articolo 2, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (c.d. “Decreto semplificazioni fiscali e Decreto semplificazioni tributarie”), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 – Primi chiarimenti
Sommario: Premessa; 1. Articolo 2, Comma 1. Remissione in bonis; 1.1 Premessa; 1.2 Condizioni per la regolarizzazione; 1.3 Ambito oggettivo di applicazione; 1.3.1 Le fattispecie sanabili: la relazione illustrativa; 1.3.2 Altre fattispecie sanabili; 1.4 Decorrenza; 2. Articolo 2, comma 2. Riparto cinque per mille ; 3. Articolo 2, commi 3 e 3 -bis. Consolidato: Cessione delle eccedenze; 3.1 Premessa; 3.2 Le nuove disposizioni di cui all’articolo 2, commi 3 e 3-bis ;
Premessa
Con il decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 (di seguito “decreto”), sono state introdotte disposizioni di semplificazione degli adempimenti tributari, volte ad assicurare una riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese.
La presente circolare fornisce chiarimenti in merito ad alcune delle semplificazioni introdotte dall’articolo 2 del decreto con riferimento a comunicazioni ed adempimenti fiscali. In particolare, detto articolo:
1. consente, al comma 1, la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali anche nel caso in cui il contribuente non adempia, nei tempi previsti, agli obblighi di preventiva comunicazione o a qualunque altro adempimento di natura formale previsto dalla legislazione vigente;
2. fa salve, al comma 2, le domande tardive di iscrizione negli elenchi dei soggetti che partecipano al riparto del cinque per mille dell’IRPEF, nonché le tardive integrazioni documentali;
3. modifica, al comma 3, il vigente articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, aggiungendo la disposizione secondo cui, in caso di cessione dell’eccedenza dell’IRES risultante dalla dichiarazione dei redditi derivante dal consolidato, ai sensi dell’articolo 122 del decreto del Presidente della Repubblica 1986, n. 917, (di seguito “TUIR”), la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto non comporta l’inefficacia della cessione stessa;
4. fa salva, al comma 3-bis, l’efficacia giuridica dell’eventuale cessione, tra soggetti partecipanti alla tassazione di gruppo, di eccedenze utilizzabili in compensazione realizzata in mancanza dell’indicazione degli estremi del soggetto cessionario, dell’importo ceduto o della tipologia di tributo oggetto di cessione.
1 Articolo 2, comma 1. Remissione in bonis.
1.1 Premessa
L’articolo 2, comma 1, del decreto introduce una particolare forma di ravvedimento operoso (c.d. remissione in bonis) volto ad evitare che mere dimenticanze relative a comunicazioni ovvero, in generale, ad adempimenti formali non eseguiti tempestivamente precludano al contribuente, in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma, la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali.
Ai sensi del citato articolo, infatti, “la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista”.
Come chiarito dalla relazione illustrativa, la previsione in esame, in presenza di alcuni presupposti di natura sostanziale di cui si dirà oltre, intende “salvaguardare la scelta operata dal contribuente che presenta la comunicazione ovvero assolve l’adempimento richiesto tardivamente”, ed è “strutturata in modo tale da sanare quei soli comportamenti che non abbiano prodotto danni per l’erario, nemmeno in termini di pregiudizio all’attività di accertamento”.
La medesima relazione, nel precisare che la suddetta previsione “intende salvaguardare il contribuente in buona fede”, esclude che il beneficio possa essere fruito o il regime applicato nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento dell’obbligo di comunicazione ovvero dell’adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità. L’esistenza della buona fede, in altri termini, presuppone che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l’adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente.
1.2 Condizioni per la regolarizzazione
Per potersi avvantaggiare della regolarizzazione di cui all’articolo 2, comma 1, è necessario, innanzitutto, che la violazione “non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente”. Ne consegue che soltanto in assenza di attività di accertamento avviate da parte dell’Amministrazione finanziaria e conosciute dal contribuente è possibile porre in essere, ancorché tardivamente, gli adempimenti necessari al fine di fruire del beneficio o del regime fiscale prescelto. Si ritiene, comunque, che l’inizio di un’attività di accesso, ispezione, verifica o di altra attività amministrativa di accertamento che abbia ad oggetto comparti impositivi diversi da quello cui si riferisce il beneficio fiscale o il regime opzionale non sia ostativo alla possibilità di avvalersi dell’istituto in esame attraverso la successiva trasmissione della comunicazione o l’assolvimento dell’adempimento fiscale richiesto (cfr. circolare n. 180/E del 10 luglio 1998).
Al fine di accedere alla “sanatoria” in esame, il contribuente deve, inoltre, possedere “i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento”. Tali requisiti, in particolare, devono essere posseduti alla data originaria di scadenza del termine normativamente previsto per la trasmissione della comunicazione ovvero per l’assolvimento dell’adempimento di natura formale propedeutici alla fruizione di benefici di natura fiscale o all’accesso a regimi fiscali opzionali.
Inoltre, il contribuente deve effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento richiesto “entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile”, da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento stesso. Qualora l’adempimento omesso rilevi esclusivamente ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, il termine cui occorre fare riferimento è quello di presentazione della prima dichiarazione IVA che scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento stesso.
Si precisa inoltre che, sulla base delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, per “termine di presentazione” si intende quello ordinario di presentazione del Modello UNICO, a nulla rilevando il “periodo di tolleranza” di 90 giorni previsto dall’articolo 2, comma 7, del medesimo decreto secondo cui “sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo”. Spirato il suddetto termine, la facoltà prevista dall’articolo 2, comma 1, non può più essere esercitata e, quindi, il beneficio di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali deve ritenersi precluso.
Ai fini del perfezionamento dell’istituto in esame, inoltre, contestualmente alla presentazione tardiva della comunicazione o all’adempimento tardivo occorre versare la sanzione in misura pari a 258 euro, ossia l’importo minimo previsto dal citato articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997. Detta sanzione: – deve essere versata tramite modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili; – non può essere oggetto di ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, dal momento che la sanzione rappresenta l’onere da assolvere per aver diritto al riconoscimento dei benefici concessi dalla norma in esame.
1.3 Ambito oggettivo di applicazione
Come detto in precedenza, l’articolo 2, comma 1, del decreto circoscrive l’ambito di applicazione del nuovo istituto alla fruizione di benefici di natura fiscale e all’accesso ai regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione o di altro adempimento di carattere formale. Tanto l’obbligo di comunicazione quanto l’adempimento formale devono essere previsti a pena di decadenza dal beneficio o dal regime opzionale. Ne consegue che la disposizione in esame non trova applicazione con riferimento alle comunicazioni o agli adempimenti fiscali la cui non tempestiva esecuzione assume natura di mera irregolarità (e dal cui mancato o tardivo adempimento discenda la sola irrogazione di sanzioni). Si pensi, ad esempio, alla comunicazione che, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2008, deve essere inviata all’Agenzia delle entrate per beneficiare della detrazione, pari al 55%, delle spese sostenute per gli interventi di risparmio energetico (articolo 29, comma 6, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2). L’omesso invio della suddetta comunicazione non determina la decadenza dall’agevolazione ma l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 (cfr., sul punto, anche circolare n. 21/E del 23 aprile 2010).
Ai fini di una corretta delimitazione dell’ambito applicativo della norma in commento, occorre individuare il rapporto tra l’istituto in esame ed il regolamento sulla disciplina delle opzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442. In particolare, tale decreto prevede, all’articolo 1, comma 1, che “l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. La validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività. E’ comunque consentita la variazione dell’opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative”. Tale disposizione, quindi, per quanto concerne la validità di regimi di determinazione dell’imposta e di regimi contabili di natura opzionale, dà rilevanza unicamente alla loro concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività, privilegiando, in altri termini, il comportamento concludente del contribuente o le modalità di tenuta delle scritture contabili. Del resto, ai sensi del successivo articolo 2, sebbene il contribuente sia tenuto a comunicare l’opzione “nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata”, la violazione dell’obbligo di comunicazione non preclude l’applicazione del regime di determinazione dell’imposta o del regime contabile, adottato dal soggetto passivo, come espressamente statuito dal comma 3 del medesimo articolo 2.
Ne consegue che la disposizione introdotta dal decreto n. 16 del 2012 esplica la propria efficacia in ipotesi diverse da quelle cui sono applicabili gli articoli 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997, vale a dire in ipotesi: – di benefici, agevolazioni o regimi opzionali, diversi da quelli di determinazione dell’imposta o dai regimi contabili, di cui al medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997; – di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili per i quali la normativa di settore, derogando all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997, preveda l’effettuazione di adempimenti di comunicazione o di altri adempimenti formali, a pena di decadenza.
1.3.1 Le fattispecie sanabili: la relazione illustrativa
La relazione illustrativa al decreto, a titolo esemplificativo, individua alcune fattispecie alle quali l’istituto della remissione in bonis risulta applicabile. Tra queste vengono richiamate espressamente: – il regime di tassazione per trasparenza nell’ambito delle società di capitali (articolo 115 e seguente del TUIR e decreto ministeriale 23 aprile 2004); – il consolidato fiscale (articoli da 117 a 129 del TUIR e decreto ministeriale 9 giugno 2004); – le disposizioni di favore introdotte per gli enti di tipo associativo (articoli 148 del TUIR e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).
Il regime opzionale di trasparenza previsto per le società di capitali partecipate interamente da altre società di capitali (articolo 115 del TUIR) e per le S.r.l. a ristretta base proprietaria (articolo 116 del TUIR) consente di attribuire direttamente ai soci i redditi prodotti, indipendentemente dall’effettiva percezione, secondo il modello tipico delle società di persone. Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto ministeriale del 23 aprile 2004, l’opzione per la trasparenza fiscale deve essere esercitata in modo espresso sia dalla società partecipata (sulla quale gravano gli obblighi di comunicazione all’Agenzia delle entrate), che da ciascuno dei soci (tenuti a inviare raccomandata A/R alla società partecipata contenente l’intenzione di avvalersi del regime opzionale). In particolare, l’opzione deve essere esercitata dalla società trasparente, mediante presentazione del modello di comunicazione. Come previsto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 agosto 2004 che ha approvato il modello, lo stesso “è presentato in via telematica” e “la prova della presentazione è costituita dalla ricevuta rilasciata in via telematica dall’Agenzia delle Entrate che attesta l’avvenuto ricevimento della comunicazione”.
L’esercizio dell’opzione deve avvenire entro il primo dei tre periodi d’imposta della società partecipata a decorrere dal quale la stessa intende far valere il regime di trasparenza. Come chiarito dalla circolare n. 47/E del 18 giugno 2008, l’invio entro i termini della comunicazione di avvio del regime è “condizione essenziale” per l’ammissione ai relativi benefici, essendo a tal fine irrilevanti eventuali comportamenti concludenti tenuti dal contribuente. Beneficiando della remissione in bonis, il mancato esercizio dell’opzione è sanabile inviando il modello entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi (UNICO) che scade successivamente al termine per l’esercizio dell’opzione, versando contestualmente la sanzione di 258 euro. Così, ad esempio, se una società con esercizio coincidente con l’anno solare intendeva esercitare l’opzione per il triennio 2011-2013, il modello doveva essere presentato entro il 31 dicembre 2011. Avvalendosi della remissione in bonis, il mancato invio del suddetto modello può essere sanato presentando lo stesso entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come chiarito al successivo paragrafo 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).
Le medesime considerazioni valgono anche con riferimento alla regolarizzazione dell’opzione per l’istituto del consolidato fiscale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR. Al riguardo, si ricorda che il modello di comunicazione per l’esercizio dell’opzione per il consolidato deve essere presentato, ai sensi dell’articolo 119, comma 1, lettera d), del TUIR “entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta precedente al primo esercizio cui si riferisce l’esercizio dell’opzione stessa”. Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, quindi, la comunicazione deve essere presentata entro il 16 giugno dell’anno a partire dal quale l’opzione ha effetto. Ad esempio, se una società con esercizio coincidente con l’anno solare intendeva esercitare l’opzione per il triennio 2012-2014, il modello di comunicazione doveva essere presentato entro il 16 giugno 2012. Avvalendosi della sanatoria in commento, il mancato esercizio dell’opzione è sanabile inviando il suddetto modello entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come chiarito al successivo paragrafo 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).
La remissione in bonis può riguardare anche l’omesso invio del modello EAS, ossia della comunicazione dei dati fiscalmente rilevanti necessaria ai fini dell’applicazione del regime fiscale agevolato previsto per gli enti associativi dall’articolo 148 del TUIR e dall’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. A tal fine si ricorda che l’articolo 30, commi da 1 a 3-bis, del decreto legge n. 185 del 2008 ha stabilito che, per beneficiare della non imponibilità, ai fini IRES e IVA, dei corrispettivi, delle quote e dei contributi, gli enti di tipo associativo devono trasmettere, in via telematica, i dati e le notizie fiscalmente rilevanti, mediante un apposito modello, al fine di consentire gli opportuni controlli. Il modello di comunicazione dei dati deve essere presentato entro 60 giorni dalla data di costituzione dell’ente. Beneficiando dell’istituto della remissione in bonis, i contribuenti in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma che non hanno inviato la comunicazione entro il termine previsto possono fruire comunque dei benefici fiscali inoltrando il modello entro il termine di presentazione del modello UNICO successivo all’omissione, versando contestualmente la sanzione pari a 258 euro. Così, ad esempio, un ente, che si è costituito a gennaio 2012 e per il quale non sia stato inviato tempestivamente il modello EAS, può inviare quest’ultimo entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come chiarito al successivo paragrafo 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).
1.3.2 Altre fattispecie sanabili
Oltre alle fattispecie elencate nella relazione illustrativa, ad ulteriore titolo esemplificativo, si osserva che la disposizione in esame può trovare applicazione anche relativamente: – all’opzione per l’adesione al regime di liquidazione e versamento mensile o trimestrale dell’IVA di gruppo, previsto dall’articolo 73, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, così come attuato dal decreto ministeriale 13 dicembre 1979. La scelta di avvalersi di detta procedura deve essere manifestata mediante la presentazione dell’apposito modello IVA 26 entro il termine di liquidazione e versamento dell’imposta relativa al mese di gennaio (ovvero, il 16 febbraio in base alle vigenti disposizioni), ai sensi dell’articolo 3 del citato decreto del 1979. Con la risoluzione n. 69/E del 21 aprile 1997, si è chiarito che la tempestiva presentazione del modello IVA 26, entro il ricordato termine, costituisce una delle condizioni cui è subordinata la facoltà di avvalersi del sistema di liquidazione “di gruppo” dell’imposta, con possibilità di compensazione tra debiti e crediti. Pertanto, “l’omessa o tardiva presentazione del modello stesso comporta, […], che le intervenute compensazioni tra le società del gruppo debbano intendersi illegittimamente eseguite, con l’ulteriore conseguenza che gli Uffici di rispettiva competenza dovranno riliquidare l’IVA periodica e di conguaglio, nonché l’eventuale acconto d’imposta, separatamente per ogni società del gruppo (ivi compresa la società controllante”, al fine di determinare sia l’imposta da recuperare nei confronti delle singole società sia la base di commisurazione delle sanzioni applicabili. Così, ad esempio, se una società con esercizio coincidente con l’anno solare intendeva avvalersi della facoltà di effettuare le liquidazioni di gruppo per l’anno d’imposta 2012, la stessa doveva inviare l’apposita comunicazione entro il 16 febbraio 2012. Avvalendosi della sanatoria in commento, il mancato invio del modello IVA 26 è sanabile entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come chiarito al successivo paragrafo 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012); – all’opzione per la determinazione dell’IRAP in base al bilancio. Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, le società di persone e gli imprenditori individuali in contabilità ordinaria possono avvalersi della facoltà di determinare la base imponibile IRAP – in luogo del regime naturale fondato sulle disposizioni del TUIR – secondo le medesime regole previste per le società di capitali (principio di derivazione dal bilancio), utilizzando un apposito modello. Come chiarito con la circolare n. 60/E del 28 ottobre 2008, tale modello deve essere inoltrato, “pena l’inefficacia dell’opzione stessa”, all’Agenzia delle entrate entro il termine di 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta per il quale si intende applicare la disciplina in parola. Così, ad esempio, se una società di persone non ha esercitato tempestivamente l’opzione per l’anno d’imposta 2012, la stessa, avvalendosi della sanatoria in commento, può inviare l’apposito modello entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come chiarito al successivo paragrafo 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012). – alla tonnage tax. Tale regime si applica al reddito delle navi che presentano i requisiti di cui all’articolo 155, commi 1 e 2, del TUIR, così come integrato dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 23 giugno 2005. Inoltre, per ogni nave, è necessario adempiere all’obbligo di formazione dei cadetti (ovvero imbarcare un allievo ufficiale o versare al fondo nazionale marittimi o istituzioni analoghe un importo determinato). L’opzione per la determinazione forfettaria del reddito: · deve essere inviata telematicamente all’Agenzia delle entrate entro tre mesi dall’inizio del periodo d’imposta a partire dal quale si applica, utilizzando l’apposito modello (per le imprese neo costituite, il predetto termine decorre dalla data di costituzione); · va esercitata relativamente a tutte le navi aventi i requisiti richiesti, conseguiti entro la chiusura del periodo d’imposta; · può essere relativa ad una singola società di navigazione oppure relativa ad un gruppo d’imprese; · è irrevocabile per 10 esercizi sociali e può essere rinnovata, con le medesime modalità, entro 3 mesi dall’inizio del periodo successivo alla scadenza.
Come previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto del 23 giugno 2005 (e dalla circolare n. 72/E del 21 dicembre 2007), l’invio telematico della comunicazione è stabilito “a pena d’inefficacia”. Pertanto, l’omesso invio di detta comunicazione può essere regolarizzato avvalendosi della sanatoria in commento, al ricorrere di tutti i presupposti richiesti dall’articolo 2, comma 1, del decreto Ad esempio, se una società, con esercizio coincidente con l’anno solare, intendeva avvalersi del regime della tonnage tax a partire dal periodo d’imposta 2012, la stessa doveva esercitare l’opzione entro il 31 marzo dello stesso anno. Avvalendosi della sanatoria in commento il mancato esercizio dell’opzione è sanabile entro il termine di presentazione dell’UNICO 2012 ovvero entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come chiarito al successivo paragrafo 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre 2012).
1.4 Decorrenza
Il decreto legge n. 16 del 2012 è entrato in vigore il 2 marzo 2012. In ossequio agli ordinari principi di efficacia delle leggi nel tempo, le relative disposizioni trovano applicazione con riferimento alle irregolarità per le quali, alla suddetta data di entrata in vigore, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della prima dichiarazione utile – nel senso sopra precisato – ai fini della regolarizzazione.
Poiché, peraltro, la fruizione del beneficio fiscale ovvero l’accesso al regime opzionale trovano, di fatto, compiuta rappresentazione solamente nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui il contribuente se ne è avvalso, in applicazione del principio di legalità espresso dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nonché in considerazione della ratio della disposizione in esame, si è dell’avviso che la remissione in bonis trovi applicazione anche con riferimento alle irregolarità per le quali, alla suddetta data di entrata in vigore, sia scaduto il termine di presentazione della prima dichiarazione utile – nel senso sopra precisato – ma non sia ancora scaduto quello di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo d’imposta nel quale l’adempimento è stato omesso. Si tratta, ad esempio, degli adempimenti omessi nel 2011 dai contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare. Peraltro, in sede di prima applicazione della norma, in considerazione dell’incertezza interpretativa in merito all’individuazione del dies ad quem entro il quale sanare l’adempimento omesso, si ritiene che, in attuazione di principi di tutela dell’affidamento e della buona fede, il termine entro cui regolarizzare le omissioni sopra individuate – compresi gli adempimenti omessi nel periodo d’imposta per il quale il termine di presentazione della relativa dichiarazione è scaduto successivamente al 2 marzo 2012 – sia il 31 dicembre 2012.
2 Articolo 2, comma 2. Riparto del cinque per mille.
Oltre alla remissione in bonis, a carattere generale, di cui al comma 1, l’articolo 2, disciplina, al comma 2, una forma di ravvedimento particolare per gli enti che non hanno assolto, in tutto o in parte, entro i termini di scadenza, gli adempimenti richiesti per partecipare al riparto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Ai sensi del citato articolo, infatti, “a decorrere dall’esercizio finanziario 2012 possono partecipare al riparto del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche gli enti che pur non avendo assolto in tutto o in parte, entro i termini di scadenza, agli adempimenti richiesti per l’ammissione al contributo:
a) abbiano i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) presentino le domande di iscrizione e provvedano alle successive integrazioni documentali entro il 30 settembre;
c) versino contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista”.
Per potersi avvantaggiare di detta regolarizzazione i soggetti che intendono partecipare al riparto del cinque per mille e che non abbiano tempestivamente eseguito gli adempimenti nei termini normativamente previsti devono: – possedere i requisiti sostanziali richiesti dalle relative disposizioni; – presentare la domanda di iscrizione entro il 30 settembre; – effettuare, entro la medesima data del 30 settembre, le successive integrazioni documentali; – versare la sanzione in misura pari a 258 euro, ossia l’importo minimo previsto dal citato articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997, utilizzando il codice tributo “8115” (cfr. citata risoluzione n. 46/E del 2012). Detta sanzione deve essere versata tramite modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza possibilità di effettuare la compensazione con crediti eventualmente disponibili. La sanzione non può, per le ragioni già in precedenza evidenziate, essere oggetto di ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, dal momento che la stessa rappresenta l’onere da assolvere per aver diritto al riconoscimento dei benefici concessi dalla disposizione in esame.
Per maggiori approfondimenti circa l’ambito di applicazione ed il possesso dei requisiti per l’ammissione al beneficio in esame si rinvia ai chiarimenti forniti con la circolare n. 10/E del 20 marzo 2012.
3 Articolo 2, commi 3 e 3-BIS. Consolidato : Cessione delle eccedenze.
3.1 Premessa
L’articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 prevede, al comma 1, che “le eccedenze dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o enti appartenenti ad un gruppo possono essere cedute, in tutto o in parte, a una o più società o all’ente dello stesso gruppo, senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440”. Mentre, infatti, in base al regime ordinario previsto dalla legge sulla contabilità di Stato (di cui al citato regio decreto n. 2440 del 1923) le cessioni relative a somme dovute dallo Stato devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata da notaio e, ai fini della loro opponibilità, devono essere notificate all’amministrazione cui spetta di ordinare il pagamento, il citato comma 1 dell’articolo 43-ter consente alle società o enti appartenenti al gruppo di effettuare la predetta cessione mediante l’indicazione nella dichiarazione dei redditi. Nondimeno, ragioni di tutela dell’amministrazione finanziaria rendono necessaria l’osservanza di specifici adempimenti anche in tale forma “semplificata” di cessione del credito. In particolare, ai sensi del medesimo articolo 43-ter, comma 2, la cessione delle eccedenze “è efficace a condizione che l’ente o società cedente indichi nella dichiarazione […] gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi”. Inoltre, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del decreto ministeriale 30 settembre 1997, n. 384 – con cui è stato approvato il regolamento relativo alla cessione dei crediti d’imposta – anche il cessionario è tenuto ad indicare nella dichiarazione dei redditi “l’ammontare delle eccedenze ricevute, i soggetti cedenti e le date di effettuazione delle cessioni nonché, distintamente, la parte delle eccedenze utilizzate per il versamento delle imposte cui la predetta dichiarazione si riferisce”.
Con specifico riferimento all’ipotesi di cessione delle eccedenze IRES nell’ambito del consolidato, prima delle novità introdotte dal decreto n. 16 del 2012, con la circolare n. 35/E del 18 luglio 2005 era stato chiarito che “il meccanismo di cui all’articolo 43-ter (per le particolari garanzie che fornisce) è […] l’unico strumento offerto al soggetto consolidante non solo per attribuire a soggetti terzi […] le eccedenze Ires emergenti dalla dichiarazione consolidata, ma anche per compensare tali eccedenze con i propri debiti tributari e previdenziali”. Sulla base di quanto espresso nella richiamata circolare, ogni qualvolta, pertanto, la consolidante intendeva utilizzare tali eccedenze emergenti dal consolidato per la compensazione con propri debiti tributari e/o previdenziali, avrebbe dovuto indicare in dichiarazione i propri dati sia in qualità di soggetto cedente che in qualità di soggetto cessionario. L’omessa indicazione in dichiarazione degli estremi della cessione avrebbe comportato il mancato perfezionamento della stessa – sostanziandosi in capo alla consolidante l’utilizzo di una eccedenza IRES non disponibile – e il conseguente disconoscimento della compensazione eseguita.
3.2 Le nuove disposizioni di cui all’articolo 2, commi 3 e 3-bis
Come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto n. 16 del 2012, “al fine di attenuare gli effetti della mancata indicazione in dichiarazione dell’attribuzione dell’eccedenze d’imposta nel caso in cui questa venga ceduta dal consolidato al soggetto consolidante per il pagamento di propri debiti tributari, l’articolo 2, comma 3, del decreto, ha modificato l’articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, aggiungendo il comma 2-bis. Ai sensi di tale ultima disposizione, “in caso di cessione dell’eccedenza dell’imposta sul reddito delle società risultante dalla dichiarazione dei redditi del consolidato di cui all’articolo 122 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto non determina l’inefficacia ai sensi del secondo comma. In tale caso si applica la sanzione di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nella misura massima stabilita”.
Prima della conversione del decreto ad opera della legge n. 44 del 2012, lo stesso prevedeva che la cessione dell’eccedenza fosse efficace nei confronti dell’Amministrazione finanziaria anche in assenza degli adempimenti formali di cui al comma 2 dell’articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 solo quando il soggetto cessionario dell’eccedenza fosse anche la società consolidante. Per effetto della conversione tale previsione è venuta meno, con la conseguenza che la cessione dell’eccedenza è efficace anche quando la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto riguardi un soggetto diverso dalla consolidante.
Pertanto, la società capogruppo, che ha optato per il regime del consolidato fiscale, può validamente utilizzare l’eccedenza IRES emergente dal modello CNM (eccedenza IRES di gruppo) per compensarla con i propri debiti tributari, anche ove tale cessione non sia stata correttamente indicata negli appositi quadri delle dichiarazioni dei redditi presentate dalla società consolidante (modello CNM e modello UNICO SC). Analoghe considerazioni valgono nell’ipotesi in cui la cessione dell’eccedenza avvenga nei confronti di società diversa dalla consolidante. La mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto, sebbene non infici la validità del trasferimento del credito ed il suo utilizzo in compensazione, comporta l’applicazione della sanzione di 2.065 euro (ossia la sanzione prevista dal citato articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 in misura massima), utilizzando il codice tributo “8116” (cfr. citata risoluzione n. 46/E del 2012). In sede di conversione del decreto è stato aggiunto, all’articolo 2 del decreto, il comma 3-bis, ai sensi del quale “in caso di cessione di eccedenze utilizzabili in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, tra soggetti partecipanti alla tassazione di gruppo, la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario, dell’importo ceduto o della tipologia di tributo oggetto di cessione non determina l’inefficacia della cessione. In tal caso, si applica la sanzione di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni, nella misura massima stabilita”.
L’adesione al consolidato comporta oltre che una particolare modalità di determinazione del reddito da assoggettare ad IRES e di utilizzo delle perdite, anche una particolare disciplina della cessione delle eccedenze e dei crediti d’imposta individuali, a favore del gruppo. Ai sensi, infatti, dell’articolo 7, comma 1, lettera b, del decreto ministeriale 9 giugno 2004 “ciascun soggetto può cedere, ai fini della compensazione con l’imposta sul reddito delle società dovuta dalla consolidante, i crediti utilizzabili in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nel limite previsto dall’art. 25 di tale decreto per l’importo non utilizzato dal medesimo soggetto, nonché le eccedenze di imposta ricevute ai sensi dell’art. 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”. In altri termini, le società consolidate che intendono trasferire alla consolidante i propri crediti d’imposta debbono rispettare i seguenti limiti: – i crediti possono essere trasferiti da ciascuna consolidata alla consolidante per un ammontare non superiore all’IRES risultante, a titolo di saldo e di acconto, dalla dichiarazione dei redditi del consolidato. Gli stessi crediti possono essere utilizzati dalla controllante esclusivamente per il pagamento della predetta IRES; – non possono essere trasferiti crediti utilizzabili in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 di importo superiore al limite di 516.456,90 euro (cfr. circolare n. 53/E del 20 dicembre 2004).
Per effetto della previsione di cui al comma 3-bis dell’articolo 2 del decreto è fatta salva l’efficacia giuridica dell’eventuale cessione di eccedenze utilizzabili in compensazione tra soggetti partecipanti alla tassazione di gruppo anche quando la stessa sia stata realizzata in assenza dei richiesti adempimenti di carattere formale (indicazione degli estremi del soggetto cessionario, dell’importo ceduto o della tipologia di tributo oggetto di cessione). Resta ferma anche in tal caso l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 nella misura massima stabilita dalla norma, ossia 2.065,00 euro utilizzando il codice tributo 8116 (cfr. citata risoluzione n. 46/E del 2012).
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.