La protezione del patrimonio familiare: fondo patrimoniale, trust, vincolo di destinazione
Questo articolo è a cura del Dott. Piergiorgio Castellano, laureato presso l'Università L. Bocconi di Milano in Economia e legislazione per l'impresa e laureato in Giurisprudenza presso la stessa Università L. Bocconi di Milano, autore di contributi per importanti riviste notarili. Si occupa in Taranto di trasferimenti immobiliari e di problematiche inerenti l'attività notarile.
La protezione del patrimonio familiare
Tutelare il patrimonio familiare, preservarlo nell’interesse dei figli, “metterlo al riparo”, apponendo uno schermo che li renda (almeno nelle aspirazioni) inattaccabili dai creditori, sono esigenze frequentemente espresse dalle famiglie. Di solito in questi casi si pensa subito ad un classico istituto codificato dal nostro Legislatore: il fondo patrimoniale. Ma nell’ordinamento non mancano altre soluzioni: alcune rinvenibili nello stesso codice civile, come l’atto di destinazione di cui all’art. 2645ter c.c., altre più esotiche come l’istituto del trust. Non si tratta però di istituti perfettamente equivalenti, anche se gli stessi hanno come comune denominatore la creazione di una separazione patrimoniale, nonché di una specifica destinazione dei frutti prodotti dai beni interessati.
Proviamo ad addentrarci meglio in queste tre figure.
Il fondo patrimoniale
Il fondo patrimoniale è tipicamente previsto per costituire un patrimonio segregato e destinato ai bisogni della famiglia fondata sul matrimonio. A questa prima limitazione soggettiva si aggiunge un’altra di carattere oggettivo, relativa alla tipologia di beni vincolabili. Infatti, preoccupazione del Legislatore è permettere la riconoscibilità del vincolo impresso: di conseguenza sono per legge vincolabili solo i beni immobili e i beni mobili registrati, nonché i titoli di credito. Per i primi, la conoscibilità del vincolo è assicurata dalla consultazione dei pubblici registri. Per i secondi, dalla annotazione sul titolo o in altri modi ritenuti idonei dalla legge. Pertanto, possono essere costituiti in fondo patrimoniale case, terreni, auto, imbarcazioni, azioni di s.p.a. (ma anche quote di s.r.l. secondo una tesi sempre più diffusa), obbligazioni, titoli di stato, marchi, brevetti … Non possono invece essere vincolati il semplice denaro o un assegno o una cambiale (in quanto titoli di credito non nominativi), così come restano esclusi oggetti preziosi come monete antiche, opere d’arte, collezioni, monili, seppur di grande pregio e valore. Possono essere vincolati, inoltre, solo beni determinati, con esclusione quindi di universalità di rapporti attivi e passivi indistinti come le aziende.
La costituzione del fondo patrimoniale integra una convenzione matrimoniale, necessitante dell’atto pubblico stipulato alla presenza dei testimoni. Esso non sostituisce, ma si aggiunge al regime patrimoniale dei coniugi interessati, potendosi così associare al regime di comunione legale o di separazione dei beni. Per legge, lo stesso termina solo con la dissoluzione del vincolo coniugale, quindi tipicamente per morte o per divorzio, ma non separazione; ciononostante oggi si tende ad ammettere, eventualmente, a seconda delle circostanze, previa autorizzazione giudiziale, la possibilità di scioglimento per mutuo consenso.
L’atto di destinazione
L'atto di destinazione è un istituto di recente introduzione previsto, in realtà, con una norma in tema di trascrizione, la quale – per i suoi contenuti estremamente vaghi – non riesce a delineare una fattispecie ben precisa. Si tratta cioè di una norma contenitore che permette la trascrizione e quindi l’opponibilità per ogni atto (necessariamente) pubblico con cui un determinato bene immobile o mobile iscritto in pubblici registri sia destinato al perseguimento di interessi meritevoli di tutela a favore di qualsiasi soggetto di diritto, sia esso persona fisica o meno. La fattispecie quindi dovrà essere individuata caso per caso usando il discrimen dell’interesse meritevole di tutela, il quale, a sua volta, non potrà essere esteso fino al punto di comprendere qualunque scopo purché non illecito, ma dovrà opportunamente essere valutato alla luce del criterio di pubblica utilità, escludendo cioè interessi egoistici o meramente evasivi della responsabilità patrimoniale verso i creditori. Differente, rispetto al fondo patrimoniale, è anche la durata – la quale deve essere prefissata in un limite non eccedente i novant’anni o la vita della persona beneficiata – nonché il bene vincolabile che può consistere in immobili o beni mobili registrati. In ambito familiare la norma è stata indicata come particolarmente utile per creare una destinazione patrimoniale a favore delle famiglie di fatto, al fine cioè di creare un surrogato del fondo patrimoniale per quelle situazioni in cui manca uno dei presupposti del fondo patrimoniale, ossia il coniugio. E sempre in quest’ottica la norma ben si presta a essere usata nella fase della crisi della famiglia, ad esempio in sede di separazione e divorzio, per adempiere agli obblighi di mantenimento verso coniuge e figli. Viceversa, è stato escluso in dottrina l’impiego dell’atto di destinazione in tutti quei casi in cui è possibile adottare il fondo patrimoniale tra soggetti stabilmente coniugati.
Il trust
Il trust indica un istituto di matrice anglosassone e non risulta codificato nel nostro ordinamento (fatta eccezione per il suddetto “atto di destinazione” ex art. 2645ter c.c., norma la cui genericità permette di riconoscere la trascrivibilità anche del vincolo del trust). Più precisamente il trust, come schema negoziale, è stato riconosciuto dal nostro ordinamento con la ratifica della Convenzione dell’Aia del 1985 a mezzo della L. 364/89, la quale permette di riconoscere efficacia nell’ordinamento italiano dei trust regolati da legge straniera. Infatti, mancando attualmente una legge italiana che regoli autonomamente il funzionamento del trust, esso può essere costituito solo facendo riferimento, quale legge regolatrice, a una legge straniera, generalmente mutuata da leggi dei Paesi anglosassoni o del Commonwealth, ma anche da Paesi di civil law come la Repubblica di S. Marino. Nella struttura del trust devono essere necessariamente presenti tre figure: il soggetto costituente il vincolo (settlor), il soggetto che diviene proprietario dei beni vincolati al fine di attuare il vincolo (trustee) e il soggetto cui sono destinate le rendite del trust o la devoluzione finale dei beni del trust. Nulla esclude però che la figura del settlor possa coincidere con quella del trustee o con quella del beneficiario (mentre non è possibile riunire in un unico soggetto le tre figure). Eventuale è invece la figura del cd. guardiano, soggetto che può essere preposto dal settlor al controllo dell’attività del trustee e del rispetto del vincolo di destinazione. Quanto alla durata e alle regole di funzionamento del trust, si tratta di elementi regolati in modo differente dalle diverse leggi esistenti. Rispetto ai precedenti istituti esaminati, il trust offre sicuramente una maggiore possibilità d’azione e di impiego: infatti qualunque bene è conferibile in trust, quindi anche denaro o semplici beni mobili.
L'effetto segregativo
Delineate brevemente le caratteristiche degli istituti in esame, merita di essere approfondita l’operatività dell’effetto segregativo. Innanzitutto va detto che esso, per prodursi davanti ai terzi (e in primis ai creditori), necessita dell’espletamento di idonee forme di pubblicità legale, non essendo a ciò sufficiente la mera stipulazione dell’atto. Detta formalità pubblicitaria consiste per il trust e per l’atto di destinazione nell’espletamento della trascrizione presso i registri immobiliari o mobiliari competenti, nonché – per i titoli di credito nominativi in trust – nell’ annotazione del vincolo nei registri dell’emittente o degli intermediari finanziari. Quanto ai beni mobili non iscritti in pubblici registri, conferiti in trust, si dovrà ricorrere alla regola tradizionalmente nota come “possesso vale titolo” di cui all’art. 1153 c.c.
Quanto al fondo patrimoniale, l’ordinamento prevede due forme di pubblicità, ossia l’annotamento a margine dell’atto di matrimonio e la trascrizione nei registri immobiliari e mobiliari (nonché nei registri dell’emittente e degli intermediari per i titoli di credito vincolati). In realtà, come è stato ampiamente ribadito in giurisprudenza solamente l’annotazione sull’atto di matrimonio permette di ottenere l’opponibilità del vincolo rispetto ai terzi, fungendo, invece, tutte le altre forme di pubblicità a mera pubblicità notizia.
Altrettanto importante è definire il momento a partire dal quale si verifica l’effetto segregativo in esame rispetto ai terzi. Consideriamo per semplicità la formalità della trascrizione e quella dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio. È intuibile che dal momento in cui viene presentata istanza, presso le competenti autorità, per l’espletamento delle formalità pubblicitarie in questione, fino al momento del concreto compimento delle stesse decorre un certo fisiologico lasso di tempo. Se, ad esempio, l’istanza è presentata il 1° marzo e la formalità è eseguita il 3 marzo, a partire da quale data il bene potrà considerarsi al riparo da un’eventuale iscrizione di ipoteca giudiziale avvenuta il 2 marzo? Per i casi (trust e atto di destinazione) in cui l’opponibilità deriva dallo strumento della trascrizione, la soluzione è offerta dallo stesso Legislatore, il quale nel regolamentare la tenuta dei pubblici registri immobiliari ha istituito un registro generale d’ordine con cui vengono contrassegnate in ordine progressivo le note di trascrizione presentate ogni giorno. Di conseguenza, la priorità o meno della formalità pubblicitaria, che verrà successivamente completata, risulta assicurata da questa preventiva numerazione all’atto di presentazione della nota. Quanto, invece, ai casi in cui si deve espletare la pubblicità presso i registri dello stato civile (alludiamo, cioè, all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della costituzione di fondo patrimoniale), mancando un registro generale d’ordine come quello previsto per la trascrizione, l’unico momento determinante l’opponibilità è quello del giorno in cui materialmente viene compiuta l’annotazione e non quello del giorno di presentazione dell’istanza agli uffici comunali, come deciso anche dalla recente Cass. n. 933 del 23 gennaio 2012.
Tra i vari istituti in esame è anche differente l’operatività concreta della separazione patrimoniale. Per il trust si può parlare di una doppia separazione patrimoniale, in quanto i beni vincolati risulteranno inattaccabili tanto dai creditori del settlor, quanto dai creditori del trustee. Ovviamente questi beni risponderanno delle obbligazioni che nascono dalla gestione del trust stesso in via contrattuale o extracontrattuale.
Un discorso analogo può farsi per i beni sottoposti ad atto di destinazione ex art. 2645ter c.c.: su di essi e sui loro frutti, per espressa disposizione legislativa, potranno soddisfarsi solo i soggetti il cui credito è sorto (in via contrattuale o extracontrattuale) dall’esercizio della destinazione.
A diverse conclusioni si giunge a proposito del fondo patrimoniale, per il quale il Legislatore ha dato rilevanza all’elemento soggettivo della conoscenza o meno, da parte del creditore, che il debito è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Solo laddove questa conoscenza sia stata provata, potrà ammettersi l’esecuzione sui beni vincolati in fondo patrimoniale.
In ogni caso restano salve le garanzie reali e gli atti esecutivi che il creditore si sia assicurato prima della costituzione dei predetti vincoli, indipendentemente dalla natura del credito o dalla conoscenza o meno dello scopo per cui esso è stato contratto. Pertanto la costituzione di un fondo patrimoniale, di un trust o di un atto di destinazione in un momento successivo all’iscrizione di un’ipoteca a garanzia di un credito estraneo alla successiva destinazione patrimoniale risulterà inefficace nei confronti del creditore iscrivente. Lo stesso può dirsi per un’analoga trascrizione di pignoramento.
Da ultimo e in stretta connessione con quanto detto sopra, merita di essere rilevato che spesso la costituzione dei suddetti vincoli di destinazione viene supportata da finalità elusive della responsabilità patrimoniale: al fine cioè di creare uno scudo per riparare determinati beni dall’aggressione di creditori già sorti. Si tratta, in realtà, di tentativi che facilmente cadono sotto la scure dell’azione revocatoria promossa dagli stessi creditori, essendo, infatti, generalmente riconducibili nella nozione di negozio gratuito e, in quanto tali, ancor più facilmente soggetti alla declaratoria di inefficacia derivante dall’accoglimento della domanda giudiziale.
Dott. Piergiorgio Castellano