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La nullità del contratto di locazione per la mancanza di registrazione: una disarmonia giuridica?

Se il contratto di locazione non si registra è nullo, come si armonizza questo principio tributario con il sistema del codice civile, , quale è la (reale) natura giuridica di tale nullità, quali strumenti ha il conduttore a propria difesa.
A cura di Redazione Diritto
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A cura di Avv. Uber Tacconi

Il principio consolidato nel nostro ordinamento è sempre stato quello di scindere tra aspetti ed effetti civilistici da una parte, aspetti ed effetti fiscali dall’altra.

Questo principio è stato messo in discussione dalla legge Finanziaria per il 2005 1 che ha previsto la NULLITÀ degli atti di locazione (a qualsiasi uso) non registrati; qualora siano atti aventi ad oggetto beni immobili.

Da allora non è stata più ripristinata la piena separazione tra effetti civili ed effetti fiscali 2.

Tale norma si applica ai contratti di locazione di immobili – si ricorda che le locazioni ad uso abitativo richiedono la forma scritta ab sustantiam 3 – e ai contratti di comodato redatti per iscritto aventi ad oggetto beni immobili. Non si applica, invece, ai contratti di locazione inferiore ai 30 gg, né ai contratti di comodato solo verbali.

E’ una previsione già contraddittoria nella esposizione normativa, basti considerare il fatto che il legislatore da una parte prevede che la mancata registrazione comporta la nullità, dall’altra che la mancata registrazione comporta, al pari, una presunzione iuris tantum di esistenza di un contratto locativo da almeno 4 anni con un ammontare complessivo del canone pari al 10% del valore del reddito dell’immobile. Con tutte le conseguenze fiscali e di dichiarazione dei redditi (probabilmente omesse) che ne derivano. Da una parte si dice il contratto è inefficace, dall’altra si attribuiscono al contratto “inefficace” effetti e conseguenze fiscali e civili importanti e gravose.

Parlare di nullità è, invero, contro ogni dogmatica giuridica. Il contratto non è geneticamente viziato, anzi, nei trenta giorni di tempo, concessi per la registrazione, è un contratto valido ed efficace.

Inoltre le norme fiscali consentono, seppur con sanzioni, la registrazione tardiva, però se il contratto non registrato è nullo come si può registrarlo tardivamente, non essendo possibile la convalida del contratto nullo se non espressamente prevista dalla legge?

Tra l’altro, l’articolo 10, comma 3° ultima parte, della L. n. 212/2000 (Statuto del Contribuente) prevede che “Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.

Della questione è stata anche investita la Corte Costituzionale che in due occasioni 4 ha rigettato per manifesta infondatezza la richiesta di costituizionalità della norma, asserendo che una norma tributaria può ben assurgere a norma imperativa la cui violazione è foriera di nullità. Ma la Consulta non ha mai approfondito (e questo è il vero punto della questione) se si possa qui parlare di “nullità” in senso classico.

Tutto ciò nasce, perché il legislatore ha usato il termine “nullità” con leggerezza, per cui all’interprete tocca l’ingrato compito di interpretare che cosa, in questo caso, si intende realmente per nullità.

Alcuni studiosi parlano di nullità in senso classico, altri di inefficacia, altri ancora (la parte preferibile) parla di condicio iuris con efficacia retroattiva.

Anche perché la nullità da mancata registrazione si riferisce solo alla prima registrazione, non anche a quelle dei rinnovi successivi.

La registrazione comporta che un contratto valido ed efficace, ma sottoposto alla condizione sospensiva ex lege della registrazione assuma piena efficacia dalla sua stipulazione con l’adempimento della registrazione.

Controversie e liti (aporie di sistema) che possono sorgere se si considera la suddetta nullità una nullità classica: il conduttore di contratto non registrato potrebbe agire per l’indebito del canone pagato su contratto nullo, ma dovrebbe pagare un’indennità di occupazione senza titolo al proprietario.

Il conduttore non potrebbe invocare durata minima del contratto di locazione, né chiedere la sospensione della procedura di sfratto e rilascio.

Il locatore, per parte sua, non potrebbe utilizzare questa procedura, ma dovrebbe usare il rito del lavoro come richiamato per la materia locatizia (447 bis c.p.c.) per fare dichiarare la nullità del contratto.

Il locatario non avrebbe diritto alle prelazioni urbana e commerciale.

Eventuali sub-locatari sarebbero travolti dalla nullità del contratto principale.

Ecco perché anche secondo l’orientamento giurisprudenziale che si va sviluppando la nullità de quo dovrebbe essere letta come una condizione legale sospensiva con efficacia retroattiva; condizione che sarebbe però, qui, non un elemento accessorio, ma un elemento necessario costitutivo di una fattispecie negoziale a formazione progressiva.

Avv. Uber Tacconi


[1]  La legge del 30/12/2004 n. 311 ha introdotto importanti modifiche relative alla disciplina delle locazioni degli immobili urbani, il comma 346 dell'articolo 1 della legge  (Finanziaria 2005)  dispone la nullità dei contratti di locazione o dei contratti che costituiscono dei diritti di godimento di unità immobiliari o porzioni delle medesime, comunque stipulati, qualora si ometta la registrazione di tali contratti.

[2] Dal 7 aprile 2011 è però possibile, a scelta del contribuente,  applicare alle locazioni immobiliari un’imposta sostitutiva c.d. cedolare secca, prevista dal D. Lgs.23/2011 con cui vengono sostiuite per la locazione immobiliare l’imposta di bollo e di registro e il reddito da locazione non va a formare reddito ai fini IRPEF e addizionali relative. Lo stesso decreto legislativo, poi, all’art.3 aggrava ulteriormente la posizione del locatore in caso di mancata  registrazione con conseguenze civilistiche ulteriori, come la proroga ex lege del contratto e l’abbattimento del canone al triplo della rendita catastale.

[3] Comma 4° art.1 L. 9 dicembre 1998 n.431.

[4] Ordinanze n.420/2007 e n.389/2009.

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