Il rapporto tra cliente ed avvocato è un contratto di mandato (con rappresentanza, almeno in caso di procedimenti giudiziari). Trattandosi di un contratto di mandato al rapporto cliente avvocato sono applicabili le norme del codice civile e tale rapporto soggiace alle medesime problematiche di ogni mandato.
Ad esempio, se colui che si dichiara rappresentante agisce, in realtà, senza procura il soggetto interessato ha il potere di ratificare l'attività compiuta dal falso rappresentante con effetto retroattivo Il principio della ratifica (con effetto retroattivo) si applica anche al processo civile.
Nel processo civile è ipotizzabile anche il c.d. conflitto di interessi tra cliente e avvocato, il quale determina, di solito, la fine dell'incarico conferito dal cliente.
Preso atto dell'applicabilità delle norme relative al mandato e alla rappresentanza anche al rapporto cliente avvocato, è opportuno ricordare che anche la nomina di un nuovo avvocato durante il processo può avvenire in aggiunta o in sostituzione del precedente difensore e che tale situazione è regolata in base alle norme del codice civile.
Normalmente, all'inizio del procedimento giudiziario, il cliente può nominare un unico avvocato oppure può conferire un incarico (congiunto o disgiunto) ad due difensori, nulla di particolare, in queste situazioni, ab origine, l'incarico professionale è svolto da due soggetti e la normativa prevede (e regola) il c.d. mandato congiunto (1716 c.c.).
Nel corso del procedimento giudiziario può anche capitare che l'originario (ed unico) avvocato sia sostituito dal cliente (per i motivi più vari), così come può capitare che durante il procedimento giudiziario il cliente ha l'esigenza di affiancare all'originario avvocato un secondo difensore (per un qualsiasi motivo, come ad esempio avvalersi di conoscenze specialistiche in una determinata materia, esigenza sorta dopo la domanda riconvenzionale del convenuto).
Tutto questo è perfettamente ammissibile in quanto nessuna norma impedisce l'integrazione dell'incarico di mandato, l'unica peculiarità è data dal fatto che il mandato, in origine unico, si trasforma in mandato congiunto nel corso del procedimento.
Il problema, semmai, è riuscire a distinguere tra la nomina di un nuovo avvocato in sostituzione del precedente (in revoca del precedente oppure a seguito a rinuncia del precedente) e la nomina di un nuovo avvocato in aggiunta al precedente, soprattutto quando l'atto di nomina nulla prevede o nulla dichiara espressamente.
Risulta evidente che per poter distinguere tra sostituzione del precedente difensore (per rinuncia o revoca) ed integrazione del collegio difensivo (nomina di un nuova avvocato in aggiunta al precedente) occorre analizzare la situazione di fatto e, soprattutto, le dichiarazioni negoziali presenti (eventualmente di revoca dell'incarico e rinuncia all'incarico). Infatti, la rinuncia all'incarico (atto unilaterale del mandatario) è una dichiarazione con la quale il mandatario dismette il proprio incarico, mentre la revoca dall'incarico (è una dichiarazione unilaterale del mandate con la quale il mandate esonera dall'incarico il precedente mandatario). Ed in presenza di questi due negozi, la successiva nomina di un avvocato non può essere effettuata in aggiunta al precedente difensore.
Però, non sempre tutto è limpido e pulito, infatti, può anche esserci una nomina di un ulteriore difensore (senza una pregressa rinuncia o revoca dell'incarico) e ci si chiede se la semplice nomina di un nuovo difensore (in assenza di pregressa revoca o rinuncia al mandato) possa far presumere una revoca dell'incarico o una rinuncia allo stesso.
Secondo il più recente e consolidato orientamento "La nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sè sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo procuratore dovendosi invece presumere che sia stato aggiunto al primo un secondo procuratore, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall'art. 1716, secondo comma, cod. civ. Il principio secondo il quale la volontà di revocare il precedente mandato deve essere espressa costituisce un corollario interpretativo dell'art. 1716 cod. civ., relativo alla natura tipicamente disgiuntiva del mandato ed alla conseguente necessità di provarne in concreto il carattere congiunto.
La presunzione in questione non può essere superata dalla mera designazione di un nuovo procuratore, non potendo tale atto, alla luce dei principi sopra richiamati, essere ritenuto una manifestazione tacita della volontà di revoca, essendo tale opzione disancorata dall'ordinaria disciplina legale del mandato i che costituisce il sistema di principi mediante il quale integrare il regime giuridico processuale della procura alle liti.
Cass., civ. sez. I, del 19 maggio 2015, n. 10196 in pdf