La Corte di Cassazione del 30 aprile 2012 n. 6625 affronta alcuni elementi interessanti: un problema in materia successoria (avevamo già descritto alcuni i principi generali in materia successoria) e una questione in materia di divisione.
Relativamente alla questione di diritto successorio e, in particolare, alla natura giuridica del diritto di abitazione del coniuge superstite sulla casa adibita a residenza familiare ex art. 540 comma II c.c. la Corte afferma che il diritto di abitazione si configura come un legato "ex lege", che viene acquisito immediatamente dal coniuge superstite, secondo la regola di cui all'art. 649 secondo comma, cod. civ., al momento dell'apertura della successione. Non c'è conflitto, da risolvere in base alle norme sulla trascrizione, tra il diritto di abitazione, che il coniuge legatario acquista direttamente dall'ereditando ed i diritti spettanti agli aventi causa dall'erede.
Quanto, invece, alla divisione nel caso in cui il titolare di un diritto reale minore (diritto di abitazione) diventi, in seguito alla divisione, titolare dell'intero bene, in questa ipotesi gli eventuali conguagli da pagarsi agli altri condividenti devono essere calcolati (quantificati) sulla nuda quota (in quanto gravata del diritto di abitazione) e non sulla quota piena (non gravata dal diritto di abitazione) poichè l'estinzione del diritto di abitazione è un effetto della divisione (successivo alla stessa) e agli originari comproprietari non può essere liquidato un bene (piena proprietà) che non avevano al momento della divisione (cioè prima della stipula della stessa).
In altri termini, dell'estinzione del diritto di abitazione per consolidazione non si può tenere conto in sede di quantificazione dei conguagli divisionali, poichè questi devono essere quantificati sul bene di cui i comproprietari erano titolati prima della divisione (cioè durante la comunione, nel caso specifico la nuda proprietà) e non sul bene di cui i comproprietari diventano titolari dopo la divisione (cioè dopo la divisione piena proprietà per consolidazione).
Del resto, se così non fosse e si seguisse la tesi opposta si arriverebbe all'assurdo che, da un lato, ai comproprietari titolari solo di una "nuda" quota di bene (in quanto gravata dal diritto di abitazione) sarebbe liquidato un conguaglio maggiore di quello realmente dovuto (e per un bene diverso – la piena proprietà – di cui non sono proprietari), dall'altro, il titolare del diritto di abitazione sarebbe privato del diritto di cui è titolare e dovrebbe pagare conguagli quantificati (non solo per la nuda proprietà di cui non è titolare, ma che viene acquisita con la divisione), ma anche del diritto di abitazione di cui è già titolare (in poche parole sarebbe espropriato del diritto di abitazione e dovrebbe pagare dei conguagli anche per il diritto di abitazione di cui è già titolare).
Cassazione, civ. sez. II, 30 aprile 2012 n. 6625
Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1014 e 1026 c.c. e vizio di motivazione, assume che erroneamente la Corte territoriale, ha ritenuto superfluo l'esame dell'ulteriore motivo con il quale l'appellante aveva chiesto la liquidazione della sua quota, pari ad 1/6, per un valore non gravato da alcun diritto di godimento; invero, a seguito dell'assegnazione dell'intero appartamento oggetto di comunione tra le parti alla C. quale titolare della maggior quota sull'immobile (pari ad 1/3), erano venuti a coincidere nella stessa persona il diritto di proprietà ed il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. sul bene suddetto; infatti rispetto a tale diritto trova applicazione l'art. 1026 c.c., che dispone l'estensione al diritto di abitazione di cui all'art. 1022 c.c., (diritto non diverso dal diritto di abitazione di cui all'art. 540 c.c.) delle disposizioni in materia di usufrutto, e quindi anche dell'art. 1014 c.c., n. 2, che prevede l'estinzione dell'usufrutto in caso di riunione nella stessa persona dell'usufrutto e della proprietà; pertanto il conguaglio spettante agli altri condividenti avrebbe dovuto essere calcolato in base ai valore pieno dell'immobile, senza calcolare il diritto di abitazione ormai estinto.
La censura è infondata. Il giudice di appello ha rilevato che i condividenti avevano acquistato un immobile gravato di diritto di godimento in favore di uno di essi, e che pertanto il valore delle quote di loro pertinenza non poteva prescindere dalla stima del bene gravato da un peso assimilabile all'usufrutto, come ritenuto dal giudice di primo grado sulla base della valutazione del CTU. Tale convincimento e corretto ed immune dai rilievi in proposito sollevati dal Bonassisa, il quale nel ricorso ammette di aver acquisito tramite aggiudicazione all'asta fallimentare la quota di 1/6 del suddetto immobile già di proprietà di SF, fratello di FP e MF, immobile oggetto del diritto di abitazione previsto dall'art. 540 c.c. in favore della C.; pertanto il valore della relativa quota non poteva non tener conto di tale diritto, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, con la conseguenza che il conguaglio corrisposto dalla C. stessa quale assegnataria del suddetto bene è stato logicamente determinato considerando che le quote di comproprietà degli altri condividenti avevano appunto ad oggetto un immobile gravato del predetto diritto di abitazione; di qui l'irrilevanza del fatto che, dopo l'assegnazione del bene alla C., il diritto stesso si sia estinto, avendo quest'ultima così acquisito la piena proprietà dell'immobile; infatti tale circostanza è successiva ed estrinseca rispetto alla fase della determinazione del conguaglio, correlato al valore della quota dei condividenti all'atto del suo trasferimento al condividente assegnatario del bene, valore che nella specie doveva necessariamente tenere conto dell'esistenza sul bene del menzionato diritto di abitazione.Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2 Cost. degli artt. 813, 2643, 2648 e 2660 c.c., sostiene che erroneamente la Corte territoriale ha affermato che il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. non è soggetto a trascrizione; premesso che l'art. 2648 c.c. prescrive la trascrizione dell'accettazione dell'eredità che importi l'acquisto dei diritti enunciati all'ar. 2643 c.c., nn. 1, 2, 3 e 4 e l'acquisto del legato che abbia lo stesso oggetto, ne consegue, non facendo distinzione la norma ora menzionata tra legato testamentario e legato "ex lege", che il legatario ex art. 540 c.c. che non voglia essere pregiudicato nei confronti degli acquirenti dell'immobile su cui vanta il legato suddetto o di una sua porzione, deve trascrivere il legato stesso in modo che il suo diritto sia opponibile a costoro in forza del principio della continuità delle trascrizioni di cui all'art. 2650 c.c..
La censura è infondata. La sentenza impugnata ha affermato che il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. non è soggetto a trascrizione, trattandosi di un diritto che nasce per il solo fatto dell'esistenza di un coniuge superstite e di una dimora familiare, ed è escluso dalla elencazione tassativa contenuta nell'art. 2643 c.c.. In proposito è sufficiente rilevare che tale diritto si configura come un legato "ex lege" che viene acquisito immediatamente dal coniuge superstite, secondo la regola dei legati di specie (art. 649 c.c., comma 2), al momento dell'apertura della successione (Cass. 10- 3-1987 n. 2474; Cass. 6-4-2000 n. 4329); poiché il legatario, quindi, acquista il diritto di abitazione direttamente dall'ereditando (Cass. 24-6-2003 n. 10014), non si pone in radice un problema di conflitto (da risolvere in base alle norme sulla trascrizione) tra tale diritto ed il diritto del B. relativo alla sua quota di comproprietà del suddetto immobile acquistato all'asta fallimentare.