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La diagnosi preimpianto è un diritto. Lo dicono anche i giudici

Per la prima volta una struttura pubblica viene obbligata ad effettuare il test per evitare l’impianto di embrioni malati. Il caso è quello di un coppia sarda affetta da talassemia a cui il Tribunale di Cagliari ha riconosciuto un diritto, quello di avere un figlio non affetto da patologie genetiche ereditarie.
A cura di Biagio Chiariello
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diagnosi preimpianto

E' una sentenza destinata a far giurisprudenza per i molti casi legati alla legge 40 sulla fecondazione assistita, quella con la quale ieri, 15 novembre, il Tribunale di Cagliari ha riconosciuto il diritto alla diagnosi preimpianto. La storia è legata al ricorso di una coppia talassemica (lei malata, lui portatore sano) che si era vista negare il test che consente di sapere se l'embrione è affetto dalla stessa patologia dei genitori. In casi come questo, la percentuale di rischio che il bambino venga al mondo con quella malattia è del 50 per cento. La donna – affetta dalla malattia del sangue che porta a un difetto nella sintesi dell'emoglobina – aveva chiesto all'Ospedale Microcitemico di Cagliari di eseguire l'esame con l'obiettivo, appunto, di evitare l'impianto di un embrione malato e si era rivolta alla Corte Costituzionale, che però non si era pronunciata. La scelta è spettata dunque ai giudici cagliaritani. Quest'ultimi si sono orientati sulla base sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che, lo scorso giugno aveva accolto un  ricorso presentato da una coppia italiana contro la legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita. I coniugi Pavan, erano entrambi affetti da fibrosi cistica, malattia che si trasmette in un caso su quattro ai figli, e avevano chiesto di accedere alla fecondazione in vitro, con la possibilità di fare l'analisi embrionale preimpianto.

Alla coppia sarda è stato dunque riconosciuto un diritto, quello di avere un figlio non affetto da patologie genetiche ereditarie. Va, però, specificato che la decisione del Tribunale di Cagliari non rappresenta una rivoluzione per la scienza: le diagnosi preimpianto, infatti, erano state già concesse nel 2008 da un abrogazione su sentenza del Tar degli articoli 13 e 14 della legge 40 che impedivano l'ispezione medica, e ciò è stato recepito dalle linee guida alla legge emanate nel 2008 dall'allora ministro della Salute Livia Turco. Sino ad oggi, però, tali esami sono stati eseguiti solo in centri privati e con un costo che varia dai 6 ai 9 mila euro, poiché «nessuno dei 76 centri pubblici, su un totale di 357 centri di fecondazione attivi in Italia, esegue il test, e ciò in osservanza del ‘diktat' stabilito dal'ex sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella» ha affermato il segretario dell'Associazione Coscioni Filomena Gallo, durante una conferenza stampa alla Camera per illustrare la sentenza di ieri.

A questo punto i coniugi sardi richiedenti potranno fare l'esame nonostante il primo rifiuto del laboratorio di citogenetica dell'ospedale Microcitemico del capoluogo sardo. Ciò vuol dire che i centri pubblici di procreazione assistita dovranno attrezzarsi per poter eseguire il test se una coppia lo richiede. E, come già detto, la speranza è che questo caso possa rappresentare un precedente storico, da prendere in considerazione per la giurisprudenza nell'eventualità di altre infelici, simili vicende. Anche perché, evitare l'impianto di embrioni malati, è semplice buon senso.

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