Questa volta è possibile approfondire due aspetti molto importanti relativi alla crisi matrimoniale: l'infedeltà coniugale come elemento determinante per l'addebito della separazione e gli accordi (anche economici) intervenuti tra i coniugi in vista della loro separazione o del divorzio. ricordiamo che l'addebito della separazione o del divorzio esclude il diritto al mantenimento del coniuge.
Partendo dall'infedeltà coniugale e della conseguente violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale è opportuno ricordare che tra i doveri reciproci dei coniugi nascenti dal matrimonio c'è quello della fedeltà, tale dovere è codificato nell'art. 143 c.c. (rubricato con il titolo di "Diritti e doveri reciproci dei coniugi), il quale dispone che "Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia".
L'obbligo di fedeltà è sicuramente uno dei capisaldi del rapporto di coniugio, per cui l'infedeltà giustifica la separazione in quanto lede l'onorabilità e il decoro del coniuge che viene tradito, ma questo non significa che dalla violazione dell'obbligo di fedeltà discende, in modo automatico, l'addebito della separazione. Questo enunciato è un principio, ormai, pacifico, ma può essere compreso solo se viene spiegato facendo riferimento ad alcune situazioni reali, altrimenti si può facilmente passare, nella migliore delle ipotesi, per incoerenti. Si pensi, ad esempio, al caso in cui due coniugi vivono separati di fatto da anni e dopo la loro separazione di fatto cominciano a frequentare altre persone, nell'ipotesi descritta è ovvio che "l'infedeltà" segue la crisi matrimoniale e non è causa della stessa. E' diametralmente diversa la situazione in cui l'infedeltà di uno dei due coniugi scatena (cioè è causa) della crisi matrimoniale.
Dalla differenza tra i due esempi sopra riportati (da cui risulta che in un caso l'infedeltà è il nesso causale, il motivo scatenate, della crisi, nell'altro, invece, la crisi è indipendente dall'infedeltà coniugale) discende una diversa valutazione dell'inadempimento all'obbligo di fedeltà coniugale in sede di separazione, infatti, se l'infedeltà coniugale non è causa della crisi matrimoniale, ma deriva, oppure detto in altri termini, è una conseguenza dalla crisi del matrimonio non è un elemento su cui si può basare l'addebito della separazione, se, al contrario, l'infedeltà coniugale è la causa scatenate della crisi familiare sarà un elemento su cui si potrà basare l'addebito della separazione.
Chiudendo il discorso sulla violazione dell'obbligo di fedeltà e passando all'altra questione relativa agli accordi tra i coniugi relativi alla crisi matrimoniale è possibile osservare che una volta intervenuta la crisi matrimoniale i due coniugi possono iniziare a prendere degli accordi per arrivare ad una fine meno traumatica del matrimonio. Questi accordi possono riguardare i figli, la divisione del beni in comunione tra i coniugi, il mantenimento da versare o meno. Una volta redatti questi accordi devono, poi, essere omologati dal Tribunale. Può capitare che dopo la crisi del matrimonio e in attesa dell'omologa del Tribunale i due coniugi si rendono conto che devono integrare gli accordi in corso di omologa con clausole secondarie, in queste ipotesi è possibile che le nuove clausole siano completamente irrilevanti rispetto gli accordi già assunti, si pensi al diverso modo di pagamento dell'assegno per i figli, che potrebbe passare dall'assegno bancario al pagamento mediante denaro liquido (e, allora, si potrebbe anche sostenere che tali clausole secondarie non devono essere omologate) oppure si potrebbe trattare di clausole sostitutive di quelle previste nell'accordo in corso di omologazione (e, allora, tali nuove clausole devono essere omologate).
Diversa dalla situazione descritta in precedenza (basata, si ripete, su una già acclarata crisi del matrimonio) sono gli accordi assunti dai coniugi prima che sorga la crisi di matrimonio e in vista di una (futura ed eventuale) crisi di matrimonio. In generale questi accordi sono considerati nulli in quanto aventi oggetto o causa impossibile e/o illecita (ex art. 158 c.c. e 160 c.c.) oppure perchè violerebbero )condizionerebbero) il diritto di difesa del coniuge più debole e/o violerebbero (condizionerebbero) la volontà di uno dei coniugi anche rispetto alla separazione e/o al divorzio.
Cassazione civ. sez. I, del 2 ottobre 2012 n.16767
3 – Con il primo motivo si deduce di non aver considerato gli accordi intercorsi fra le parti, consacrati in una scrittura privata del 1998, allo scopo di regolare gli aspetti della separazione personale.
Passando all’esame della questione fondata sulla determinazione, nella scrittura privata del 1998, di un assegno e di altri aspetti di natura patrimoniale, deve rilevarsi che la fattispecie in esame è solo in parte assimilabile ai temi trattati nelle decisioni di questa Corte, richiamate dallo stesso ricorrente, in materia di accordi anteriori o contemporanei alla separazione consensuale.
Nel caso di specie, invero, non risulta che le parti abbiano inteso regolare i propri interessi in vista di una eventuale omologa: prescindendo da tale aspetto, il dato fondante dell’orientamento, ormai consolidato, di questa Corte è costituito dal principio di ‘non interferenza’ delle pattuizioni convenute antecedentemente o contemporaneamente all’accordo omologato, o perchè concernenti un aspetto che non è disciplinato nell’accordo formale, oppure perchè hanno un carattere meramente specificativo di disciplina secondaria, ovvero in posizione di conclamata e incontestabile maggior rispondenza rispetto all’interesse tutelato, ‘come per l’assegno di mantenimento concordato in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione’ (Cass., 22 gennaio 1994, n. 657; Cass., 28 luglio 1997, n. 7029, Cass., 20 ottobre 2005, n. 20290).
La pretesa fondata sulla prevalenza di un assegno determinato anni prima, per regolare la separazione di fatto dei coniugi, rispetto alla somma stabilita in misura maggiore in sede giudiziale, nel rispetto dei criteri stabiliti dall’art. 156 c.c., si colloca su un fronte antitetico rispetto a quello delineato dalla giurisprudenza di questa Corte, evidentemente inteso a garantire le ragioni del coniuge più debole.
9 – Quanto, poi, all’esclusione dell’addebito della separazione per aver disatteso il dovere di fedeltà coniugale.
Deve preliminarmente richiamarsi il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui, in riferimento all’obbligo di fedeltà coniugale, che costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, la sua violazione, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, determina normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. (Cass., 12 giugno 2006, n. 13592; Cass., 7 dicembre 2007, n. 25618).
Avendo la corte territoriale escluso l’addebito in relazione all’esclusione del nesso causale fra detta violazione e la crisi familiare, il principio in esame risulta correttamente applicato, laddove le concrete valutazioni della fattispecie sono riservate al giudice del merito, ed insindacabili in questa sede, se non attraverso il controllo della congruità della motivazione.