I compiti e i poteri dell'assemblea di condominio
I compiti o "le attribuzioni" dell'assemblea di condominio sono regolati dall'art. 1135 cc. Rientra nei poteri dell'assemblea la nomina e la revoca dell'amministratore, l'approvazione del preventivo e del rendiconto consuntivo, le decisioni relative alla gestione dei beni condominiali ex art. 1117 cc.
I limiti dei poteri dell'assemblea di condominio
I compiti dell'assemblea rappresentano, contemporaneamente, anche i limiti dei poteri (o della "competenza") dell'assemblea, in altre parole, l'assemblea di condominio non ha poteri fuori dalle gestione dei beni condominiali, (ma anche relativamente alla gestione dei beni condominiali l'assemblea ha dei limiti, infatti, l'assemblea può decidere la manutenzione dell'ascensore, anche tramite la sostituzione di un impianto vecchio con uno nuovo, ma non può decidere sull'eliminazione dell'ascensore, senza sostituzione, poichè si tratta dell'eliminazione di un bene di proprietà del condominio, denominata occultata sotto una denominazione diversa dall'usuale: dismissione di un impianto.
Accesso alle proprietà private
La complessità delle strutture degli edifici condominiali può essere necessario accedere alle proprietà private, se il proprietario non concede l'accesso, l'unica possibilità è quella di essere autorizzati dal giudice ex art. 843 cc (certo, l'amministratore o l'assemblea non possono obbligare il singolo proprietario a far entrare nella proprietà privata).
Opere condominiali da eseguire in proprietà private
La complessità della struttura degli edifici in un condominio può realizzare delle situazioni complesse nelle quali la proprietà del terreno o del locale è privato, ma occorre eseguire delle opere in proprietà privata.
Relativamente a questo aspetto occorre distinguere due ipotesi, infatti,
- può capitare che l'assemblea deliberi di riparare le fogne condominiali, le quali passano in un giardino privato (in questa ipotesi ci sarebbe in presenza di una servitù di passaggio)
- può capitare che l'assemblea deliberi di eseguire opere ex novo in una proprietà privata occupando e/o espropriando la stessa proprietà privata (es. la costruzione di un ascensore nel giardino privato di uno dei proprietari)
La prima ipotesi, la delibera è valida, ma occorre avere l'accesso ex art. 843 cc alla proprietà privata per eseguire le opere fognarie, poiché la delibere dell'assemblea di condominio non obbligano il singolo proprietario a concedere l'accesso alla propria proprietà; nella seconda ipotesi la delibera è nulla, avendo l'assemblea assoggettato la proprietà privata ad esigenze condominiali, espropriando, di fatto, la stessa proprietà. Nel condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive.
Consenso preventivo o successivo del proprietario
Per evitare procedimenti giudiziari (per l'accesso ex art. 843 cc e/o per di nullità della delibera di assemblea) occorre avere il consenso del singolo proprietario all'invasione della propria proprietà da parte del condominio.
Le delibere dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione è stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti (es. accesso per la riparazione delle fogne e/o costruzione ascensore) o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni che pongano limitazioni ai diritti dei condomini.
Invalidità della delibera che incide sulla proprietà privata o esclusiva
In presenza di una delibera dell'assemblea di condominio che incide su proprietà private occorre valutare come la relativa invalidità può essere rilevata e se l'invalidità può essere rilevata d'ufficio dal giudice oppure se l'invalidità può essere rilevata solo dalla parte interessata. Il problema interessa, ovviamente, la sanzione dell'invalidità (nullità o annullabilità), ma anche il metodo e/o il procedimento con il è possibile chiedere di invalidare la delibera.
Infatti, si potrebbe sostenere che se per ottenere una pronuncia giudiziale di invalidità di una delibera condominiale è previsto dall'art. 1137 c.c. l'impugnazione con atto di citazione nel termine perentorio di trenta giorni dalla riunione assembleare (per i presenti), non è possibile ottenere tale effetto con altro strumento giudiziario, di conseguenza se la delibera non viene impugnata nei 30 giorni l'invalidità non potrebbe più essere evidenziata e sanzionata e, di conseguenza, il proprietario, anche se leso dalla delibera, non potrebbe più sottrarsi al contenuto decisorio della delibera, non avendo mai provveduto ad impugnare la delibera e non poteva più impugnarla decorso il termine di legge.
Come si è già detto, nel condominio, i poteri dell'assemblea, (fissati tassativamente dal codice art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni che, nell'interesse comune, pongano limiti ai diritti dei condomini.
Inoltre, il rimedio dell'impugnazione offerto dall'art 1137 c.c. nei confronti delle deliberazioni assembleari condominiali – e la disciplina relativa, anche in ordine alla decadenza – riguarda unicamente le deliberazioni annullabili e non quelle nulle.
Infine, il rilievo ex officio di una nullità negoziale – sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o "di protezione" – deve ritenersi consentito, sempreché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata "ragione più liquida", in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale; ed, inoltre, che nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo.
Naturalmente, il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità di un negozio giuridico non comporta il suo dovere di indagare circa tutte le possibili cause di nullità del negozio di cui si discuta nel processo, ma opera soltanto nei limiti in cui la nullità già emerga in modo certo dagli atti processuali.
Cass., civ. sez. II, del 10 marzo 2016, n. 4726
Aggiornamento: Cass., civ. sez. II, del 14 maggio 2018, n. 11670 e Cass. civ. sez. II, del 31 agosto 2017, n. 20612
I principi sopra esposti sono stati confermati dalla Cassazione in due sentenze:
- la prima riconferma i limiti dei poteri dell'assemblea e afferma che "E' indubitabile altresì che, in tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 cod. civ.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda (cfr. Cass. 22.7.2004, n. 13780; Cass. 27.8.1991, n. 9157)".Cass., civ. sez. II, del 14 maggio 2018, n. 11670;
- La seconda individua un caso di nullità della delibera per violazione dei limiti di competenza dell'assemblea e afferma che l'assemblea di condominio non può adottare delibere che, nel predeterminare ed assegnare le aree destinate a parcheggio delle automobili, incidano sui diritti individuali di proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, dovendosi tali delibere qualificare nulle (Cass. Sez. U, 07/03/2005, n. 4806).Cass. civ. sez. II, del 31 agosto 2017, n. 20612