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Opinioni

L’addebito della separazione per violenza compiuta dopo l’inizio del giudizio di separazione: Cassazione 04.06.2012 n. 8928

La violenza tra coniugi è sempre deprecabile ed è causa di addebito della separazione, se compiuta durante il matrimonio, ma se compiuta dopo la separazione di fatto e dopo l’inizio del giudizio di seprazione, ma prima della fine di tale procedimento, può essere motivo per addebitare ad uno dei coniugi la separazione?
A cura di Paolo Giuliano
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Celebrazione matrimonio di massa a Asan, in Corea del sud

Una delle cause di separazione o di divirzio è la violenza (sempre deprecabile) compiuta da uno dei coniugi sull'altro. (La violenza è causa di addebito della separazione o del divorzio e l'addebito determina il venir meno del diritto al mantenimento del coniuge)

Di solito tali atti di violenza vengono compiuti durante il matrimonio e sono causa della separazione e dell'addebito della stessa.

Però può anche capitare che l'atto di violenza sia compiuto dopo la seprazione (di fatto) e dopo l'inizio del procedimento di seprazione, ma prima della sentenza di separazione.

In questa situazione occorre chiedersi se un tale comportamento possa portare all'addebito della seprazione. La Cassazione afferma che l'atto di violenza compiuto dopo l'inizio del giudizio di seprazione (se può non essere in un rapporto di causa – effetto con la fine del matrimonio) sicuramente può essere un elemento di prova valutabile per determinare e accertare la condotta pregressa (durante il matrimonio) del coniuge e che rafforza e conferma le risultanze probatorie riguardo ad atti di violenza compiuti durante il matrimonio e, quindi, prima dell'inizio del giudizio di seprazione.

Cassazione civ., sez. I,  del 4 giugno 2012, n. 8928

Le censure sono in parte inammissibili, ed in parte infondate. Non può dubitarsi, infatti, della possibilità di inferire, sulla base di un comprovato episodio di violenza (quale quello accertato in sede penale e non contestato dal ricorrente), la veridicità della denuncia di precedenti comportamenti analoghi, verificatisi all’interno della mura domestiche (cfr. Cass., 14 gennaio 2011, n. 817). La corte territoriale ha fatto applicazione del principio già affermato da questa Corte, secondo cui la condotta tenuta da uno dei coniugi dopo la separazione e in prossimità di essa, se pure priva di efficacia autonoma nel determinare l’intollerabilità della convivenza, può comunque essere valutata dal giudice, quale elemento alla luce del quale valutare la condotta pregressa ai fini del giudizio di addebitabilità (Cass., 2 settembre 2005, n. 177810).

Del resto la condotta prevaricatrice e aggressiva del G. , durante la convivenza, è stata congruamente desunta dalla sentenza penale con cui costui era stato considerato responsabile in merito al reato di lesioni in danno della moglie, nella quale si dava atto del fatto che “la F. si vide costretta ad abbandonare nottetempo il domicilio coniugale per chiedere aiuto ed ospitalità a una vicina di casa”, nonché “delle frequenti aggressioni fisiche da parte del marito”, tali da ingenerare nella donna uno stato di timore costante, desunto dalla richiesta rivolta al teste M. di scortarla fino a casa, perché aveva paura di andarci da sola. La corte territoriale, utilizzando legittimamente come fonte del proprio convincimento, in forza del principio dell’unità della giurisdizione, le prove raccolte nel menzionato giudizio penale, ricavandoli dalla sentenza quel processo, e fornendo al riguardo idonea motivazione (Cass., 2 marzo 2009, n. 5009), ha poi proceduto, al lume di tali risultanze, a una rivisitazione degli elementi acquisiti in primo grado, esprimendo un giudizio di attendibilità, in base alla proclività alla violenza del G. lumeggiata nella citata sentenza penale, dei reiterati episodi denunciati dalla F. anche con riferimento al periodo anteriore all’interruzione della convivenza.

A fronte della dimostrata condotta violenta del ricorrente, per altro reiterata nel tempo, correttamente è stata accolta la domanda di addebito proposta dalla F. , venendo in considerazione violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse, e da esonerare il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze. Infatti tali gravi condotte lesive, traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere (Cass., 7 aprile 2005, n. 7321; Cass., 14 aprile 2011, n. 8548).

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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