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Il risarcimento del danno parentale: Cassazione del 17.07.2012 n. 12236

Anche il danno parentale può essere risarcito in caso di morte in un incidente stradale.
A cura di Paolo Giuliano
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Come si presentavano i parcheggi prima dello sbancamento del terreno

I sinistri stradale sono eventi della vita quotidiana da cui nascono molte problematiche giuridiche. La casistica è molto ampia e varia, si passa dal semplice problema del risarcimento del danno derivante dalla mancato uso dell'auto (bloccata dopo un incidente) al risarcimento dei danni derivanti dalla morte di un congiunto in seguito ad un incidente stradale.

In questa ultima ipotesi, oltre alla necessità di individuare le persone della famiglia che hanno diritto al risarcimento del danno (basta pensare ai figli, alla moglie o ai genitori del defunto) occorre anche individuare quale tipo di danno può essere risarcito e qui si apre un vero e proprio abisso, basta pensare al danno patrimoniale derivante dalla morte o al danno non patrimoniale e, poi, al danno morale subito per la morte ecc.

La Cassazione si occupa di valutare se è possibile risarcire il danno parentale (cioè il danno subito per non aver potuto godere della presenza del genitore e/o di dover crescere senza una tale figura nella propria famiglia, con tutto quello che ne consegue in termini di mancanza di un modello a cui ispirarsi o di una persona a cui rivolgersi nei momenti di difficoltà) derivante dalla morte in un incidente, nel caso specifico, la morte del padre con quattro figli, che hanno iniziato un giudizio per ottenere il risarcimento dei danni.

Cassazione civile  sez. III 17 luglio 2012  n. 12236

5.- Con l'ottavo motivo è denunciato vizio di ultrapetizione per essere stato riconosciuto ai figli del defunto il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, impropriamente qualificato dagli appellanti attori come danno biologico.

5.1.- La censura è infondata. In nessuna delle tre sentenze citate dal ricorrente (Cass., nn. 2546/07, 13546/06 e 6572/06) si afferma che la mera, erronea qualificazione di un tipo di pregiudizio (nella specie da perdita del rapporto parentale) ne comporta l'irrisarcibilità per essere la domanda di risarcimento estranea al petitum. E' stato invece reiteratamente chiarito che non la qualificazione formale viene in rilievo ma la natura e le caratteristiche del pregiudizio stesso.

Se, dunque, il pregiudizio da morte del congiunto sia stato prospettato o addirittura sia insito nelle caratteristiche della fattispecie di cui costituisca conseguenza naturale, non rileva (segnatamente prima delle chiarificazioni operate da Cass., nn. 8828 e 8827 del 2003 e da SU nn. 26972 e ss. del 2008) quale sia stata la sua qualificazione formale: biologico, morale, esistenziale o da perdita o limitazione nel godimento del rapporto parentale. Ciò che conta è che di quel tipo di pregiudizio possa dirsi essere stato domandato il risarcimento e che possa escludersi che il tema di indagine sia stato fuorviato dall'erronea qualificazione offertane dal richiedente.

Nel caso in esame la ricorrente non afferma che, a causa dell'impropria qualificazione (in un atto di citazione del 1991) di quel tipo di danno come "biologico", siano state impedite valutazioni prognostiche di carattere presuntivo per non essere stati offerti elementi obiettivi di valutazione quali l'intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza, la consistenza del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti, la compromissione delle esigenze di questi ultimi (cfr., ex multis, Cass., n. 15022/05, citata in sentenza).

8.- Ribadita la differenza dei pregiudizi rispettivamente qualificati come danno biologico, danno morale e danno da perdita del rapporto parentale, il ricorrente sostiene che le richieste degli attori non consentivano in alcun modo di ritenere che essi avessero richiesto il risarcimento di pregiudizi diversi da quelli sussumibili nell'ambito del danno biologico e del danno morale.

8.1.- I motivi – congiuntamente scrutinabili poichè vertono sulla stessa questione – vanno disattesi per le stesse ragioni sopra esposte sub 5.1.

E' solo opportuno soggiungere che, segnatamente per gli atti giudiziari redatti in epoca antecedente agli arresti giurisprudenziali del 2003, quando cioè non era stato ancora enucleato il tipo di pregiudizio espresso dal sintagma " danno da lesione del rapporto parentale", le richieste giudiziali di risarcimento del danno c.d. "biologico" e "morale" semanticamente esaurivano l'ambito applicativo del danno non patrimoniale. Ma tanto non significa affatto – ovviamente – che quel tipo di pregiudizio non esistesse, nè che di esso i danneggiati non intendessero essere indennizzati: più semplicemente si riteneva che dovesse ricomprendersi in quello morale o in quello lato senso biologico, l'elaborazione del cui significato, portata e sussumibilità nell'ambito applicativo dell'art. 2059 c.c. pure ha richiesto tempi non brevi. E se è certo che un danno non può essere risarcito se il risarcimento non sia stato domandato, quante volte tuttavia il tipo di pregiudizio sia intrinsecamente connesso alla situazione data (com'è certamente per la perdita del padre da parte dei giovani figli), non rileva affatto quale sia il nome iuris che la parte gli abbia originariamente assegnato, potendo esso ben essere diversamente qualificato dal giudice, a sua volta peraltro tenuto ad evitare duplicazioni risarcitorie indennizzando due volte il medesimo pregiudizio solo in ragione della diversa denominazione che ne abbia dato.

Nella specie la Corte d'appello ha non irragionevolmente ritenuto in relazione all'epoca della domanda che il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale fosse stato "impropriamente all'epoca qualificato dagli attori appellanti come danno biologico" (come affermato in sentenza a pag. 7, penultimo capoverso) e lo ha liquidato, in una al danno morale soggettivo, assumendo valori di riferimento ampiamente inferiori a quelli delle tabelle milanesi (così la sentenza impugnata a pag. 8, ancora penultimo capoverso); inoltre correttamente assumendo come parametri valutativi l'età dei quattro figli (di (OMISSIS) anni) e del padre ((OMISSIS)), la loro convivenza col padre stesso, la consistenza del nucleo familiare (inizio di pag. 9 della sentenza).

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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