La sentenza della Cassazione (Cass., civ. sez. III, del 21 ottobre 2014, n. 26908) è interessante perché partendo da un caso concreto è possibile mettere in luce alcuni principi in materia di risarcimento del danno relativo alle obbligazioni contrattuali.
La situazione di fatto (sulla quale si trova a decidere la Cassazione) è grosso modo la seguente: tizio acquista da caio un appartamento, caio, al momento della vendita il venditore era stato dichiarato fallito, il notaio rogante era a conoscenza del fallimento del venditore, ma tace su tale circostanza (oppure, quanto meno, non rileva il fallimento del venditore); viene stipulato il contratto di acquisto, pagato il prezzo dell'immobile, l'acquirente entra nel possesso dell'immobile, esegue dei lavori di miglioramento dell'appartamento, ma dopo circa 10 anni, viene accolta la dichiarazione di inefficacia della vendita su richiesta della curatela del fallimento (ex art. 44 legge fallimentare). L'acquirente cita in giudizio il notaio per essere risarcito dei danni subiti.
La Corte di Cassazione si trova ad affrontare sostanzialmente tre questioni: 1) il risarcimento del danno (nel caso specifico) è debito di valuta o debito di valore; 2) come quantificare il valore dell'immobile, 3) come deve essere valutato il godimento dell'immobile da parte dell'acquirente nel periodo tra la vendita e la sentenza di inefficacia della stessa.
Quanto al primo punto, mentre in primo grado il risarcimento del danno veniva quantificato in base al valore dell'immobile acquistato, in Appello il valore del danno veniva ridotto ed era quantificato in base alla somma versata come prezzo dell'acquisto, ma la Corte di Appello esclude la rivalutazione monetaria riconoscendo solo gli interessi su tale somma (anche se la Corte di Appello riconosce la natura di debito di valore al danno patito dall'acquirente), in quanto la rivalutazione monetaria, secondo la Corte di Appello, sarebbe esclusa (almeno in termini economici) per il godimento dell'appartamento tra la data della vendita e la sentenza di inefficacia della stessa.
Sulla questione, la Cassazione precisa che la responsabilità del notaio è responsabilità contrattuale, il risarcimento del danno (derivante dall'inadempimento di una obbligazione contrattuale) è debito di valore (quindi è dovuta la svalutazione monetaria). L'obbligazione di risarcimento del danno per inadempimento di obbligazioni contrattuali, diverse da quelle pecuniarie, costituisce, al pari dell'obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito non di valuta ma di valore, in quanto tiene luogo della materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli.
Questo principio non è escluso dalla circostanza relativa al modo di calcolare il danno (valore dell'appartamento acquistato o restituzione del prezzo), poiché si tratta solo di un elemento di mero fatto relativo alla quantificazione (matematica o concreta) del danno, (il quale deriva dall'inadempimento di una obbligazione contrattuale) e che non può trasformare un debito di valore in debito di valuta. Lo stesso principio non può essere contestato neppure in base al fatto che il danneggiato ha avuto un vantaggio (consistente nel godimento dell'immobile nel periodo compreso tra la vendita e la sentenza di inefficacia), poiché anche in questa situazione si è solo in presenza di una mera circostanza che può incidere sulla quantificazione concreta del danno subito, ma, certo, non può trasformare un debito di valore in debito di valuta.
Quanto al secondo aspetto, relativo alla quantificazione del danno (valore dell'immobile o prezzo di acquisto), la Corte di Cassazione afferma che il compratore ha diritto a ottenere il valore del bene al momento del rilascio; mentre, attiene al merito, e non rileva in questa sede, se tale valore sia determinabile attualizzando il valore dell'immobile come individuato dal consulente tecnico al momento dell'accertamento o se sia necessaria una indagine di mercato su quale sarebbe stato il valore dell'immobile al momento del rilascio.
Il terzo ed ultimo aspetto, riguarda l'utilità che il danneggiato ha conseguito godendo dell'immobile tra la data della vendita e la sentenza di inefficacia (ex art. 44 legge fallimentare). E' principio indiscusso che il risarcimento, oltre a non dover impoverire il danneggiato, non deve arricchirlo; non può determinare a favore del danneggiato una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto. L'utilitas che il danneggiato ha tratto godendo dell'immobile quale proprietario dal momento dell'acquisto all'effettivo rilascio (percependone i canoni se locato o utilizzandolo direttamente senza pagamento di canoni) va ad incidere sul valore dell'immobile determinato per reintegrare il patrimonio del danneggiato, diminuendo la perdita subita con il vantaggio corrispondente.
Quindi, nell'ipotesi di responsabilità contrattuale del notaio che stipula un atto di trasferimento immobiliare in capo ad un venditore fallito e, quindi, un atto inefficace rispetto ai creditori, dalla condotta del responsabile deriva causalmente l'inefficacia dell'acquisto e la riconsegna del bene, nonché il godimento del bene sulla base dell'atto valido, ma inefficace, con la conseguenza che, ai fini dell'accertamento dell'esistenza e dell'entità del danno risarcibile all'acquirente ai sensi dell'art. 1223 cod. civ., il valore del bene determinato per reintegrare il patrimonio del danneggiato è diminuito dell'utilitas che il danneggiato ha tratto godendo dell'immobile quale proprietario.
Cass., civ. sez. III, del 21 ottobre 2014, n. 26908 in pdf