Il contratto preliminare rientra nella categoria dei contratti preparatori, cioè rientra in quei contratti che sono diretti a spianare la strada per la stipula di un successivo contratto (di solito sono compresi in questa categoria anche l'opzione, la proposta irrevocabile, la prelazione). Anche la funzione del preliminare (che obbliga alla stipula di un altro contratto, il c.d. definitivo) conferma l'inquadramento in precedenza indicato.
Proprio perché mero contratto preparatorio al preliminare non si applicano alcune norme che hanno ad oggetto il contratto definitivo che trasferisce diritti immobiliari o costituisce diritti immobiliari, ad esempio le dichiarazioni obbligatorie in materia di titoli edilizi abilitativi ex testo unico edilizia Dpr 6.6.2001 n. 380 art. ex art. 46 il quale dispone che "Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù".
Il fatto che il preliminare non trasferisca diritti reali immobiliari (cioè non ha effetti reali) e, quindi, è escluso dall'applicazione diretta della norma presente nel testo unico dell'edilizia art. 46, non significa che il preliminare può avere ad oggetto beni abusivi, anzi, proprio al fine di ampliare il controllo statale sull'edilizia, si è giunti al medesimo risultato considerando la normativa in materia di edilizia (titoli abilitativi amministrativi) imperativa e il bene abusivo (oggetto del preliminare) come bene illecito dal quale deriva la nullità del contratto.
In altri termini anche se il preliminare non deve contenere le dichiarazioni urbanistiche indicate nel testo unico dell'edilizia, questo non significa che può avere ad oggetto un bene abusivo (cioè privo dei titoli edilizi abilitativi), in quanto, in questo caso l'oggetto del contratto è illecito e questo determina la nullità del contratto preliminare.
Identico discorso viene fatto anche per i contratti di appalto, questo dimostra la tendenza interpretativa a spostare il controllo repressivo (anti abusivismo) dall'eliminazione di un abuso (già compiuto) all'impedire la realizzazione dell'abuso.
Fino ad ora si è analizzata la situazione dei c.d. titoli abilitativi edilizi, i quali sono caratterizzati dalla loro immediata percettibilità da parte del venditore ed acquirente, nel senso che è immediatamente possibile la verifica della loro esistenza (o meno), anzi si tratta della tipica attività di controllo riservata alle parti. Esistono, però, altri vincoli che possono sussistere sull'immobile di non immediata percezione da parte del venditore ed acquirente, basta pensare al vincolo paesaggistico.
In questi casi, occorre comprendere se l'esistenza di questi vincoli può rientrare nell'art. 1489 c.c. secondo il quale "Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell'articolo 1480".
I presenza di un vincolo paesaggistico, occorre chiedersi se tale vincolo deve essere espressamente indicato nel contratto (ma non esiste nessuna norma che impone una tale formalità) e se non viene indicato nel contratto, occorre chiedersi se l'acquirente può chiedere la risoluzione del preliminare per la presenza di un vincolo nascosto, (cioè occorre chiedersi se tale vincolo può rientrare nella nozione di "onere" non apparente ex art. 1489 c.c. che legittima la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. Oppure, se per la natura del vincolo (e soprattutto la sua inclusione ed indicazione nei piani regolatori) sia un elemento che rende tali vincoli opponibili "erga omnes" e, quindi, senza possibilità di sostenere la mancata conoscenza del vincolo.
La Cassazione ha accolto quest'ultima linea ricostruttiva, distinguendo (però) tra vincoli indicati (ed inseriti) nei piani regolatori generali (opponibili erga omens) sui quali vige una presunzione assoluta di conoscenza, (non equiparabili agli oneri ex art. 1489 c.c.) dai vincoli presenti in specifici provvedimenti amministrativi (che non hanno tale rilievo) equiparabili agli oneri ex art. 1489 c.c..
Cass. civ. sez. II, 24 aprile 2014 n. 9278 in pdf