Il giudizio di responsabilità amministrativo – contabile presso la Corte dei Conti: principi generali.
Questo articolo è a cura dell’Avvocato Uber Tacconi del Foro di Bologna. Autore di contributi per la rivista Vita Notarile, si occupa di diritto civile, commerciale ed ecclesiastico in particolare su questioni legate all’attività notarile e alla gestione dei beni degli enti ecclesiastici.
Il giudizio di responsabilità amministrativo – contabile presso la Corte dei Conti.
Il giudizio di responsabilità amministrativo contabile presso la Corte dei Conti (rectius le sezioni giurisdizionali regionali della stessa) trova la base della sua attuale disciplina nella L.19/1994 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453), recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti) che istituendo le sezioni regionali ha previsto in maniera abbastanza compiuta la disciplina processuale del giudizio di responsabilità amministrativo-contabile.
Con la legge sono state istituite le Sezioni Giurisdizionali Regionali della Corte dei Conti, con una Procura in ogni Sezione Regionale.
Soggetti passivi di questo giudizio possono essere tutti coloro che da impiegati pubblici cagionano un danno economico allo Stato ed agli Enti Pubblici.
E’ un giudizio di tipo amministrativo, che rientra nell’ordianamento di contabilità pubblica. La riforma della Corte dei Conti, attuata con la L.19/1994 ne ha fatto un giudizio autonomo dai procedimenti civili o amministrativo-disciplinari (nonché se vi sono i presupposti di reato, penali) che possono interessare il pubblico dipendente che commette illeciti nell’utilizzo di denaro pubblico, con la previsone, nel caso di condanna, di sanzioni con valenza sia sanzionatorie sia risarcitorie.
Questa procedura amministrativa – giurisdizionale si distingue in due fasi: una prima fase, procedimentale, di indagini, condotta dal P.M. che presenta un forte “disequilibrio” tra inquirente e indagato: l’incolpato non è a conoscenza delle indagini; mancano in particolare le garanzie previste nel processo penale. Ampi sono i poteri del Procuratore Generale, nelle fasi preprocessuali, fasi molto discutibili perché in tali fasi, le controdeduzioni o non vengono ascoltate o vengono usate contro l’indagato per suffragare il rinvio a giudizio; il procuratore può disporre della Guardia di Finanza e ha mezzi istruttori fortemente inquisitori.
Una seconda fase, più propriamente processuale, dove sono rispettati i principi costituzionali del giusto processo e vi è pieno contraddittorio tra P.M. agente e il sottoposto al procedimento.
Le norme processuali sono quelle previste dalla legge 19/1994, integrate, per dove ci siano delle lacune normative in tale legge, dalle norme del codice di rito per il processo civile ordinario, nonostante la natura amministrativa del processo de quo.
Il procedimento nel suo complesso (fasi di indagini e processo) mira anzitutto ad una deterrenza a porre in essere comportamenti illeciti e a proteggere il buon andamento della P.A..
L’elemento soggettivo preso in considerazione, è solo la colpa grave o il dolo, non la colpa lieve. La colpa grave è un “quid pluris” rispetto all’imprudenza, alla negligenza e all’imperizia, va valutata ex ante, non sulla base dell’entità delle conseguenze che produce in concreto. La legge ha pure introdotto la figura del c.d. “dolo di previsione” cioè una sorta di anticipazione del dolo che si confonde con la colpa grave. E’ il dolo di chi non prevede eventi lesivi palesi che si potrebbero prospettare anche prima della condotta.
Nella determinazione della sanzione viene introdotta la ponderazione dei benefici comunque conseguiti dalla P.A. nonostante il comportamento gravemente colposo o doloso dell’agente.
Il giudizio della Corte dei Conti è un giudizio personale. Le sanzioni non si estendono agli eredi. La legge ha pure introdotto la parziarietà dell’obbligazione risarcitoria in caso di concorso di persone nel fatto lesivo. Ha introdotto, infine, la prescrizione quinquennale dell’illecito contabile.
Con la riforma sono chiamati a rispondere non solo i funzionari pubblici, uniti da rapporto di impiego all’amministrazione, ma anche il c.d. funzionario di fatto (es. medico convenzionato, direttore lavori di opera pubblica, libero professionista incaricato per attività continuative ed esclusive a favore di una P.A.). L’elemento che giustifica la legittimazione passiva al giudizio è l’essere una P.A. il soggetto danneggiato, o più esattamente, la natura pubblica delle risorse utilizzate da cui scaturisce un danno per la P.A..
Nella riforma si è pure esteso il danno non solo arrecato all’amministrazione di appartenenza dell’agente, ma anche a quello arrecato ad amministrazioni diverse.
Anche le società in house providing e le società miste partecipate da P.A. sono soggette al controllo della Corte dei Conti ad eccezione di alcune tra cui per esempio Enel, Terna, Eni e Finmeccanica. Gli amministratori di queste società risponderanno quindi davanti alla Corte dei Conti dei danni verso l’ente pubblico partecipante e non dei danni provocati alla società stessa, dei quali risponderanno solo in sede civile. Davanti alla Corte dei Conti, possono essere, invece, chiamati a rispondere dei danni d’immagine arrecati alla P.A. partecipante.
Davanti alla Corte dei Conti non rileva la legittimità dell’atto amministrativo da cui si genera il danno, questa valutazione sarà al limite fatta dal T.A.R.-Consiglio di Stato. Davanti alla Corte dei Conti è l’antigiuridicità del comportamento tenuto non dell’atto emanato o prodotto.
Un procedimento può essere iniziato per colpa in vigilando del dipendente pubblico, mentre non si può procedere da parte della Corte, ad attività istruttorie senza una concreta e specifica notizia di danno. Se si apre l’ istruttoria e si dimostra la mancanza di una concreta notizia di danno, gli atti compiuti sono nulli.
Insieme al danno economico per comportamento antigiuridico, nel procedimento de quo, si possono aggiungere alcune valutazioni di danno accessorie: come il danno da disservizio all’utenza e il danno da concorrenza (quando il danno è correlato alla mancanza dell’adozione di procedure ad evidenza pubblica) è una forma di danno aggiuntivo che emerge in diverse sentenze delle Sezioni Lombarde della Corte dei Conti (Corte Dei Conti – Sez. Reg. Lombardia – sentenza del 30 settembre 2009 n. 598 – Presidente VETRO – estensore Corsetti – P.M. Ruggiero. Corte dei Conti della Lombardia con la sentenza n. 448/2007; Corte dei Conti, Sez. Giur. Lombardia, Sent. del 28/03/2012 n. 206).
Avv. Uber Tacconi