Gli edifici costruiti intorno al 1970 presentavano, come servizio condominiale, il c.d. riscaldamento centralizzato, all'epoca si trattava di una "innovazione" e di una "comodità" offerta come incentivo per spingere ad acquistare la nuova costruzione.
Con il passare del tempo, coloro che hanno avuto la "fortuna" di avere un impianto centralizzato nel proprio condominio hanno capito (a proprie spese) che, quello che all'epoca sembrava un confort, si è rilevato un pozzo mangia soldi senza fondo (per i costi del gasolio e per i costi di gestione relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria, per non parlare delle continue problematiche relative alla ripartizione delle spese tra i diversi proprietari). Con il passare del tempo si è compreso che si è in presenza di un servizio condominiale non adeguabile alle esienze dei singoli proprieetari, basta pensare all'incongrenza dovuta al fatto che se l'edificio è abitato solo dal 50 % dei proprietari l'impianto centralizzato pensato per riscaldare l'intero edificio comunque deve essere accesso oppure all'obbligo di pagamento del ricaldamento anche quando la casa è vuota (mentre, ogni singola persona sa che se una casa è vuota è inutile riscaldarla).
Per non parlare del contenzioso giudiziario sorto per la ripartizione delle spese, per la gestione dell'orario di accensione e spegnimento dell'impianto e dell'annosa questione relativa "quantità" di calore erogata: io pago il riscaldamento, ma sono sempre al freddo, invece, io pago, ma potrei pagare di meno perchè ho troppo caldo e devo aprire balconi e finestre anche d'inverno.
In questa situazione i benefici del riscaldamento singolo o privato o autonomo sono stati immediatamente percepiti dai costruttori (del resto, negli edifici di nuova costruzione, si evita la costruzione degli impianti di riscaldamento centralizzati) e da privati. Infatti, con un impianto privato, ogni condomino accende e spegne il ricaldamento in base alle proprie esigenze (se non usa l'appartamento non accende l'impianto), con un notevole risparmio sul costo del gas ecc.
Questa migliore produttività dell'impianto privato è stata compresa anche dai proprietari che hanno il riscaldamento centralizzato. Ecco, dunque, che è sorta l'esigenza di staccarsi dall'impianto condominiale (o di porre fine all'impianto centralizzato). Mentre, però, è un'utopia irrealizzabile pensare di porre fine all'impianto centralizzato con una delibera dell'assemblea, (ci sono sempre alcuni legati all'impianto di riscaldamento centralizzato) si è compreso che può essere raggiunto l'identico risultato in modo indiretto, essercitando, singolarmente, il diritto a distaccarsi dall'impinato centralizzato, in questo modo, se formalmente manca una delibera dell'assemblea che "estingue" il servizio condominiale di riscaldamento, con il tempo (dopo il primo distacco) il riscaldamento centralizzato è destinato ad essere chiuso, poichè le spese di gestione dell'impianto resterebbero a carico solo dei proprietari ancora allacciati all'impianto condominiale e non dei proprietari che non usano più detto servizio perchè si sono staccati. In altri termini, l'impianto centralizzato sarebbe "destinato all'auto – estinzione" perchè a carico dei proprietari ancora allacciati al servizio ci sarebbe un proporzionale aggravio delle spese, dovendosi accollare le spese dei proprietari che hanno rinunziato al servizio condominiale di riscaldamento (che unito ai "disaggi" derivanti dal'impianto centralizzato ne segneranno la fine certa, un periodo relativamente breve di tempo) questo renderebbe sempre più anti-economica a gestione dell'impianto centralizzato di riscaldamento.
Ovviamente, non sono mancate le liti sul punto, liti che possono schematicamente essere così descritte: tu proprietario non puoi staccarti dall'impianto centralizzato (altrimenti l'impianto potrebbe non funzionare bene e, comunque, il distacco sarebbe illegittimo perchè comporterebbe un aggravio di costi a carico degli altri propretari), ma se proprio vuoi staccarti noi Condominio ti autorizziamo, ma solo se continui a pagare la tua quota di spese.
La Cassazione del 3 aprile 2012 n. 5331 si occupa proprio di questa problematica e indivudua a quali condizioni il singolo proprietario può distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento.
Il primo punto che deve essere affrontato per risolvere la questione è l'identificazione della natura giuridica del "potere" del singolo proprietario di staccarsi dall'impianto condominiale centralizzato di riscaldamento. Il singolo condomino ha il diritto di staccarsi dall'impianto condominiale di riscaldamento. Parlare di un "diritto" significa che l'assemblea di condominio non può (unilateralmente) impedire il distacco, poichè una tale delibera oltre ad essere civilisticamente nulla, (in quanto limiterebbe un diritto di un singolo proprietario) potrebbe comportare anche un rilievo penale (violenza privata e/o esercizio arbitrario delle proprie ragioni), per non parlare del possibile risarcimento del danno a favore del proprietario che non ha potuto distaccarsi o si è distaccato in ritardo, in altri termini impedire il discatto esporrebbe il Condominio e i singoli proprietari al risarcimento dei danni subiti da colui che avrebbe voluto distaccarsi.
Una logica conseguenza derivante dal qualificare come diritto il potere del singolo proprietario di staccarsi dall'impianto è che il singolo proprietario non deve richiedere ed otterene nessuna autorizzazione (preventiva o successiva) dall'amministratore di condominio, dall'assemblea di condominio e/o dai singoli proprietari. Il diritto di non usufruire più del riscaldamento è esercitabile ad nutum e non può essere subordinato a nessuna condizione (che sarebbe illecita) come ad esempio l'assunzione dell'obbligo di contunuare a pagare tutte le spese condondominiali relative al servizio che non viene più usato.
Un secondo problema da affrontare è quello relativo alla divisione e ripartizione delle spese di gestione dell'impinato di riscaldamento dopo il distacco. Anche su questo punto intervine la Cassazione e, grosso modo, distingue tra spese ordinarie di gestione (gas, manutenzione ordinaria) che devono essere pagate e suddivise tra i proprietari che continuano a usare l'impinato centralizzato di riscaldamento e spese straordinarie (spese per la "conservazione") dell'impianto che restano a carico anche del proprietario che si è distaccato dal riscaldamento centralizzato. (Sembra opportuno usare la dizione spese ordinarie e straordinarie e non spese per la conservazione dell'impinato e spese non dirette alla conservazione dell'impinato, sia per una questione di chiarezza, ma sul punto occorrerà attendere, per comprendere se si è in presenza di una mera scleta stilista di sinonimi linguistici o di un vero e proprio mutamento giuridico).
Il motivo che giutifica il pagamento di alcune spese anche dopo il distacco, può essere facilmente compreso se si considera che il distacco non equivale a rinuncia alla proprietà dell'impianto centralizzato di ricaldamento, in altri termini il proprietario che esercita il proprio diritto a distaccari dal ricaldamento centralizzato, non dismette il diritto di proprietà ex art. 1117 c.c. sull'impianto di riscaldamento.
Conclude la Corte che il proprietario che si distacca sarà tenuto a pagare le spese di gestione (di mera gestione, come il galsolio) solo "se" e solo "quando" il distacco produce una diminuzione del servizio di riscaldamento per gli altri proprietari. Questo comporta che è irrilevante l'aumento delle spese di gestione (o di ordinaria amministrazione) per i proprietari che ancora usano il serviizo (perchè tali spese si ripartiscono tra un numero minore di persone e un numero minore di millesmi), questo aspetto (l'aumento dei costi) non incide sulla soluzione della problematica relativa al diritto di distacco o sulla questione "se" e "quali" altre spese gravano sul proprietario che si distacca. Mentre, se il distacco produce una diminuzione del servizio per gli altri proprietari, anche il proprietario che si è distaccato dovrà continuare a pagare le spese di gestione, poichè deve garantire agli altri proprietari la continuazione del servizio.
Questo, forse, è un aspetto da mettere bene in luce, se dal distacco si procuce un aumento delle spese per coloro che continuano ad usare il servizio condominiale (la questione è irrilevante) sia perchè non è certa sia perchè dipende solo dal minor numero di persone che partecipano alla ripartizione o dal minor numero di millesimi su cui suddividere la spesa. Se, invece, dal distacco si verifica una diminuzione del servizo erogato dal Condominio, allora, solo in questa ipotesi, il proprietario che ha esercitato il distacco deve partecipare alle spese ordinarie. Questo perchè il servizio deve poter continuare ad essere erogato a favore di coloro che vogliono ancora usufruirne o che non intendono distaccarsi.
Si tratta, come è intuibile, di un mero principio teorico, posto che, da un lato difficilmente il distacco di un proprietario può comportare la diminuzione del servizio per gli altri (diminuzione del servizio è cosa diversa dall'aumento dei costi di gestione per la diminuzione dei soggetti e dei millesimi che partecipano alla ripartizione delle spesa) e, dall'altro, una volta iniziato il distacco la prassi insegna che l'impianto centralizzato viene soppresso nel giro di un paio di anni.
Questa è la massima della Cassazione sez. VI del 3 aprile 2012 n. 5331
Il condomino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, e, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini; ne consegue che la delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune.
Resta da valutare se quanto detto può essere usato anche per altri impianti centralizzati, ci si riferisce agli impinati centralizzati dei condizionatori d'aria, che danno oltre a problemi di costi e di gestione anche problemi di rumorosità e immissioni. Direi, che la risposta può essere positiva, anche perchè gli impianti centralizzati di condizionamento creano problemi maggiori degli stessi impianti centralizzati di riscaldamento.