Molto spesso ci si trova a dover affrontare questioni giuridiche che hanno ad oggetto il "mantenimento" o gli "alimenti", basta pensare al mantenimento del coniuge debole o dei figli (maggiorenni o minorenni) in caso di separazione o divorzio o gli alimenti dovuti ai famigliari bisognosi ex art. 433 c.c.
Le due nozioni, pur avendo un substrato comune, in quanto, entrambe, si riferiscono all’obbligo di fornire prestazioni aventi funzione di aiuto in senso lato ad una determinata persona se ne distinguono per la quantificazione.
Il mantenimento è diretto al soddisfacimento di esigenze di varia natura: partendo dal vitto, all’alloggio, pulizia, cure mediche, vestiario ed è quantificato sui bisogni della persone che possono variare nel corso della vita.
Anche gli alimenti sono diretti al soddisfacimento di esigenze di varia natura (vitto, alloggio, pulizia, cure mediche) ma queste prestazioni sono dovute sempre e solo in caso di bisogno dell’alimentando (438 c.c.) e sono limitate alla sopravvivenza del soggetto beneficiario.
La prestazione del mantenimento generalmente è quantificata in denaro, ma può anche consistere in una prestazione non pecuniaria. Gli alimenti sono in denaro salvo trasformazione della prestazione in natura (443 c.c.).
Risulta evidente che distinguere le due figure è molto difficile.
In alcune ipotesi gli alimenti o il mantenimento sono previsti dalle legge e questo significa che un soggetto è obbligato a versare gli alimenti o a versare il mantenimento “indipendentemente” o “senza” nessun corrispettivo, in quanto è obbligato dalla legge legato ed è legato alla persona che riceverà gli alimenti o il mantenimento da vincoli familiari (marito, moglie, genitore, figlio ecc.).
Questo è quanto è possibile dedurre dalla normativa generale e speciale in materia.
Però, nulla esclude che alcuni soggetti possono decidere di costituire tra loro un contratto di mantenimento o un contratto di alimentare. Di solito, questo tipo di contratti sono denominati o identificati: contratto di rendita (vitalizia) e contratto di vitalizio alimentare, si tratta di contratti atipici, ma validi in quanto meritevoli di tutela.
In questi contratti l’obbligo di versare (il mantenimento o gli alimenti) non sarebbe “gratuito”, ma deriverebbe e si baserebbe (di solito) su una controprestazione, cioè ci sarebbe in presenza di un contratto oneroso nel quale il mantenimento o gli alimenti sarebbero il corrispettivo (prezzo) per ottenere la controprestazione dell’altra parte (es. il trasferimento di un immobile in cambio del mantenimento).
Da quanto detto si comprende subito che se già il legislatore distingue con difficoltà gli alimenti dal mantenimento, anche i contratti atipici stipulati dalle parti saranno di difficile distinzione, inoltre, il primo punto è quello di riuscire a distinguere tra rendita (contratti tipico regolato dal codice civile agli articoli 1872 c.c.) e rendita alimentare (o vitalizio alimentare) e contratto di mantenimento.
Trattandosi di contratti atipici, nei quali manca una disciplina uniforme predisposta dal legislatore è possibile fornire una descrizione dei contratti in modo astratto e generico (salvo, poi, verificare come le parti hanno regolato, in concreto, il loro rapporto nello contratto stipulato).
E' opportuno sottolineare (di nuovo) che in questi contatti la prestazione di rendita, di mantenimento o degli alimenti non è dovuta o eseguita per mero spirito di cortesia o perché imposta dalla legge, ma è dovuta perché un soggetto si è volontariamente obbligato ad eseguire tale prestazione, di solito tale soggetto non esegue la prestazione gratuitamente, ma ha ricevuto in cambio del versamento della rendita, del mantenimento, degli alimenti, una controprestazione da parte del beneficiario.
Questo indipendentemente dalle caratteristiche e quantificazione della prestazione di rendita, mantenimento ed alimentare.
Continuando nell'opera di descrizione del contratto di mantenimento ed alimenti, si può affermare che tutti questi contratti sono contratti aleatori, nei quali, cioè una delle prestazione non è quantificabile nella durata e nella quantità totale, in quanto dipende dalla durata della vita del soggetto beneficiario, (per comprendere il principio dell'aleatorietà basta fare riferimento ad un tipico contratto aleatorio come il contratto di l’assicurazione, nel quale la compagnia assicurativa risarcisce solo se c’è danno, mentre il premio viene sempre pagato indipendentemente dal verificarsi dell'evento dannoso).
In questo ambito, è stato evidenziato che, nel contratto atipico di vitalizio alimentare o assistenziale, l’alea è più accentuata rispetto al contratto di rendita vitalizia configurato dall'art. 1872 c.c., in quanto le prestazioni non sono predeterminate nel loro ammontare, ma variano, giorno per giorno, secondo i bisogni (anche in ragione dell'età e della salute) del beneficiario (Cass. civ. sez. I, 9 ottobre 1996 n. 8825) Cass. civ. sez. II, 19 luglio 2011 n. 15848.
Ferma restando l'aleatorietà, le due figure di vitalizio alimentare e di contratto di mantenimento, si distinguono in base alla “quantificazione del dovuto”, il quale è limitato (o meno) allo stato di bisogno, infatti, in entrambe le figure di vitalizio alimentare e contratto (o rapporto) di mantenimento c’è l’obbligo di prestazioni (in natura) in favore del vitaliziato, ma nel contratto di mantenimento l’esecuzione di tali prestazioni prescinde dal bisogno di quest’ultimo.
Si potrebbe anche affermare che nel caso del contratto di mantenimento l’aleatorietà è doppia poiché incerta è non solo la vita del beneficiario, ma anche l’entità delle prestazioni a suo favore, che non sono predeterminate nel loro ammontare in una misura certa, ma variano giorno per giorno in base alle esigenze di vita del beneficiario.
Partendo dal differente modo di quantificazione del contenuto della prestazione da dare al beneficiario, si è anche sostenuto che la posizione dell’obbligato al versamento del vitalizio (alimenti o mantenimento) è diversa, perché in un'ipotesi potrebbe essere sostituito (o si tratta di debito personalissimo), nell’altra sarebbe insostituibile (debito non legato alla persona dell’obbligato). In termini più chiari, si è notato che ci possono essere dei casi nei quali la prestazione non è solo una mera quantificazione economica, ma contiene anche altri elementi "spirituali", che possono essere forniti solo da un determinato debitore, ergo la persona del debitore non sarebbe sostituibile oppure la prestazione non potrebbe essere convertita in prestazione fungibile e trasferita da un debitore ad un altro (es. in caso di morte del debitore).
Entrambe le figure, presuppongono la collaborazione di colui che deve ricevere il mantenimento o gli alimenti, ora, nei casi in cui la prestazione non è in denaro, la mancata collaborazione del creditore (colui che deve ricevere il mantenimento o gli alimenti) può essere causa di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta (Cass. civ. sez. II del 14 novembre 2013 n. 25596).