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Opinioni

I limiti penali del diritto di cronaca: Cassazione 24.07.2012 n. 30369

Il diritto di cronaca, trova un limite, non solo nel divieto di riportare notizie false, ma anche nel divieto di diffondere notizie vere, ma che non hanno nessun rilievo o interesse pubblico, piochè anche in questo modo è possibile ledere l’onore o la reputazione di un soggetto.
A cura di Paolo Giuliano
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Il diritto di cronaca è codificato nell'art. 21 della Costituzione il quale prevede che "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione", anche se si è in presenza di principi codificati e tutelati dalla Carta Costituzionale non è possibile sostenere che il diritto di cronaca (o la libertà di pensiero) sia assoluta o senza limiti. Questi limiti (o tutele) sono sempre presenti e non possono essere superati e, certo, non trovano una diversa applicazione (più attenuata)  in base al modo o al mezzo attraverso il quale si veicolano le notizie (sia questo la tradizionale carta stampata o la radio e la tv o la rete di internet).

Passando all'identificazione concreta dei limiti del diritto di cronaca, si può affermare che il diritto di cronaca trova dei limiti nel reato di ingiurie o di diffamazione (594 e 595 c.p.). E' opportuno subito chiarire che questi reati non possono essere aggirati (o disapplicati) solo perchè il diritto di cronaca ha una diretta tutela Costituzionale (art. 2 Cost.), poichè anche i reati di ingiuria o di diffamanzione trovano una loro tutela Costituzionale, precisamente  nell' art. 2 Cost. il quale tutela la personalità umana in tutte le sue sfaccettature, ivi compreso, il bene dell'onore e della reputazione personale, trattandosi di uno dei modi in cui si estrinseca la personalità umana.

Risulta evidente che occorre trovare il modo di far coesistere questi due gruppi di norme (che, come si è visto hanno, entrambe una tutela Costituzionale) e il meccanismo operativo che permette  la coesistenza è stato individuato identificando, di volta in volta, dei limiti oltre i quali il diritto di cronaca non può andare, pena la violazione della norma penale che regola, quanto meno,  il reato di diffamazione.

Sicuramente il diritto di cronaca ha un limite nel divieto di addossare notizie o comportamenti falsi alle persone, ma, se si riportano dei fatti veri è ravvisabile il reato di diffamazione ?  Quando si riportano notizie vere, il diritto di cronaca trova un limite nella necessità di non riportare notizie prive di rilievo sociale (inteso come interesse pubblico alla notizia), per cui le notizie che non sono di interesse pubblico non devono essere divulgate, poichè, ad esempio, anche riportando un fatto vero, ma privo di interesse pubblico, è possibile ledere la reputazione o l'onore di una persona, inteso come l'immagine che ogni persona ha di se o che cerca di proiettare verso gli altri e come il rispetto e la stima che ogni persona gode presso gli altri. Quindi, anche riportando notizie vere, ma prive di interesse pubblico è possibile ledere la reputazione o l'immagine di una determinata persona.

Occorre osservare che l'interprete si è trovato nella necessità di tutelare i singoli privati da comportamenti che rasentano la mera e più becera curiosità e questa esigenza di tutela, con il passare del tempo, è diventata così sentita e forte che le maglie del diritto di cronaca si sono progressivamente ridotte, giungendo fino al punto da codificare il principio secondo il quale colui che si trova a riportare notizie prive di rilevanza non è protetto dal reato diffamazione neppure se nell'articolo (notizia) non si inserisce il nome e il cognome della persona, ma per commettere tale reato è sufficiente che la persona possa essere individuata, anche in via deduttiva e per esclusione, in una categoria di persone (esempio indicando il luogo di dimora dello stesso e la sua attività).  

Un'applicazione pratica di questi principi si trovano applicati nella sentenza della Cassazione 30369/2012 la quale ritiene che possa sussistere il reato di diffamazione quando viene riportata la notizia vera della separazione di con addebito di un soggetto (per una relazione omosessuale) anche quando non sono indicate le generalità della persona, ma è indicato il luogo di lavoro e il tipo di attività svolta.

Cassazione, pen. sez. V 24 luglio 2012 n.30369

 

Il ricorso risulta dotato di fondamento. Devono, in particolare considerarsi dotate di fondamento le censure articolate nel primo motivo di ricorso, attinente alla erronea applicazione dell'art. 595 c.p.. Nella decisione impugnata, il Giudice ha erroneamente escluso la configurabilità del reato, rilevando la pretesa mancanza di presupposti per l'identificazione della persona offesa, querelante. Tale valutazione dei presupposti che integrano la fattispecie contestata si rivela in contrasto con i canoni giurisprudenziali di questa Corte, che con sentenza n. 06507 del 17.1.1978, aveva stabilito che "ai fini dell'individuabilità dell'offeso non occorre che l'offensore ne indichi espressamente il nome, ma è sufficiente che l'offeso possa venire individuato per esclusione in via deduttiva, tra una categoria di persone, a nulla rilevando che in concreto l'offeso venga individuato da un ristretto gruppo di persone". Tale principio evidenzia che, nel presente procedimento, il GUP. ha erroneamente interpretato la disposizione dell'art. 595 c.p., oggetto di contestazione.
In riferimento alle ulteriori deduzioni del ricorrente, vale osservare che il contenuto dell'articolo, riferendo una situazione di fatto riconducibile alle scelte di vita privata del soggetto querelante, non ha alcun rilievo sociale (almeno nella attribuzione del fatto a una persona ben individuata o facilmente individuabile), con la conseguenza che l'articolo in questione potrebbe aver violato, ad un tempo, la privacy della persona offesa e – attraverso tale violazione – la reputazione della stessa. Al riguardo la motivazione del provvedimento impugnato si rivela incoerente sia con la disposizione normativa prevista dall'art. 595 c.p., che in relazione alla esclusione dei presupposti della lesione del menzionato diritto, tutelato dal nostro ordinamento. In tal senso devono dunque essere recepiti i rilievi del ricorrente, atteso che la sentenza pronunziata ai sensi dell'art. 425 c.p.p., risulta emessa erroneamente, escludendo l'esistenza di elementi suscettibili di verifica dibattimentale, in ordine alle ipotesi di reato ascritte sia all'autore dell'articolo di stampa, che al direttore responsabile, nelle rispettive qualità, dovendosi altresì rilevare illogicità e incongruenze del percorso seguito dal GUP nella decisione, ove ritiene applicabile, in assenza di specifici elementi, l'esimente del diritto di cronaca, la cui configurabilità presuppone l'esistenza dell'interesse pubblico – (Sez.5^ 12.1.1982, n. 4492).

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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