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Opinioni

Gli elementi che rendono legittima la variazione del classamento degli immobili: Cassazione 13.06.2012 n.9629

La variazione dei dati catastali (modifica della classe, della categoria e della rendita catastale) non è sempre legittima, questo perchè il provvedimento con cui l’Agenzia del Territorio modifica i dati catastali di un immobile deve avere dei requisiti specifici al fine di permettere non solo e non tanto il controllo di legalità, ma, soprattutto, per consentire di comprendere l’operato della P.A.
A cura di Paolo Giuliano
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Indagato Riccardo Sogliano, proprietario del Varese Calcio

Quando occorre pagare alcune imposte o tasse (come ad esempio l'ici, l'imu, l'imposta di registro) che presuppongo o dipendono dalla rendita catastale oppure è necessario inserire in alcuni contratti e dati catastali corretti o completi, spesso capita che occorre effettuare una visura catastale.

Però, dopo aver ottenuto la visura, capita che di ricevere una amara sorpresa, si scopre che i dati catastali sono stati tutti modificati, molto spesso senza che il titolare dell'immobile neppure sappia della variazione, variazione che ovviamente porta ad aumenti considerevoli della rendita catastale e, quindi, dell'imposizione fiscale.

Elemento, poi, che sconcerta ancora di più sono le motivazioni poste alla base di questi provvedimenti di variazione, che (nella migliore delle ipotesi) sono giustificati dal fatto che ad una distanza di 20 di km dall'immobile, tra una decina di anni, sarà aperta una nuova stazione della metropolitana cittadina.

La situazione non migliora se si passa ad analizzare nel merito la variazione e si cerca di trovare il criterio logico – matematico seguito per "quantificare" le variazioni, si rimane basiti.

Di questo tipo di problematica ci eravamo già occupati in un precedente articolo relativo agli elementi da valutare per attribuire la rendita catastale   (qui l'articolo e la sentenza della Cassazione), ma si tratta di un problema che molto ampio e sentito che tocca, in un momento di crisi come quello attuale, fortemente le tasche dei cittadini, ecco, dunque, che le maglie della giustizia si fanno più strette e sottopongono i provvedimenti della Pubblica Amministrazione (intesa come Agenzia del Territorio) ad un più  severo e rigido controllo di legittimità e legalità.

La Sentenza della Cassazione è interessante non solo perchè descrive l'impianto normativo relativo alla materia, ma anche perchè dichiara che il provvedimento relativo alla variazione dei dati catastali deve contenere una motivazione che non può essere desunta solo dalla mera modifica dei dati catastali.

Cassazione, civ. sez. V, 13 giugno 2012 n. 9629

Per un'adeguata esposizione delle ragioni che inducono il Collegio a discostarsi, per taluni profili, da questi precedenti, appare necessario formulare qualche considerazione circa le operazioni di classamento e riclassamanto degli edifici.

Come noto, la legge prevede che tutto il territorio nazionale sia descritto e classificato attraverso il catasto (o il parallelo istituto dei libri fondiari previsti dal così detto "sistema tavolare"); il classamento sfocia, di norma, nella attribuzione di una rendita (solo una limitata porzione di edifici viene descritta senza attribuzione di una rendita). Il D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, richiamato nel ricorso della Avvocatura recita: "il classamento consiste nel riscontrare, con sopraluogo per ogni singola unità immobiliare, la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria a norma dell'art. 9 che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe. Le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria ed alle caratteristiche che hanno all'atto del classamento". E analoghe indicazioni sono contenute nel D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8. Per quanto riguarda gli edifici, l'attribuzione della rendita avviene dunque attraverso una procedura che conduce ad individuare il valore di ogni unità immobiliare e la relativa rendita. Tale procedura, quando si discorre (come nel caso di specie) di unità abitative, utilizza strumenti cognitivi predisposti dalla stessa amministrazione, che delimita le zone censuarie e le così dette "microzone omogenee" (queste ad opera dei Comuni in base alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 154) e poi all'interno di ogni microzona individua, anche sulla base di istruzioni ministeriali risalenti nel tempo, le categorie e le classi catastali presenti. Rileva quindi i valori e le rendite medie proprie dell'area. Questo insieme di criteri consente infine di attribuire ad ogni unità catastale una categoria, una classe e quindi una rendita, attraverso un insieme di operazioni che possono anche essere compiute dal professionista privato (così come accade nella procedura detta DOFCA). Il classamento catastale diviene definitivo con la comunicazione al proprietario interessato, che può ricorrere alla giustizia tributaria.

Problemi particolari nascono quando un immobile disponga già, come nel caso in esame, di una categoria, di una classe, di una rendita, ma si prospetti che tale classamento sia divenuto inadeguato per una qualunque ragione. Le cause che possono rendere necessario un riclassamento sono riconducibili a due categorie individuate chiaramente nella L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336. Si tratta di disposizioni che hanno soprattutto la funzione di stimolare l'intervento attivo dei comuni (senza però privare l'Agenzia del suo autonomo potere di iniziativa), ma che nel contempo ben descrivono la situazione normativa esistente. Giova altresì sottolineare come i due commi in questione abbiano sviluppato e meglio disciplinato un potere del Comune già scolpito, in termini alquanto generici, nella L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, secondo cui: "Gli uffici tributari dei comuni partecipano alla ordinaria attività di accertamento fiscale in collaborazione con le strutture dell'amministrazione finanziaria. Partecipano altresì all'elaborazione dei dati fiscali risultanti da operazioni di verifica. Il comune chiede all'Ufficio tecnico erariale la classificazione di immobili il cui classamento risulti non aggiornato ovvero palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche. L'Ufficio tecnico erariale procede prioritariamente alle operazioni di verifica degli immobili segnalati dal comune (il principio è sviluppato nei commi 154 e 155). Si ritiene opportuno riportare per intero la L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336:
comma 335 – (Revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali) – La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998,n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 33 9. L'Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell'Agenzia medesima;

comma 336. (Aggiornamento del classamento catastale per intervenute variazioni edilizie) – I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al D.M. Finanze 19 aprile 1994, n, 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Come si può constatare si tratta di due procedure con presupposti diversi e perciò non del tutto omogenee. La prima prevede un riclassamento dovuto ad eventi di carattere generale o collettivo. La zona è – ad esempio – divenuta di maggior pregio a seguito della creazione di infrastrutture, quali ad esempio, strade e piazze. Nel secondo caso si è invece a fronte di innovazioni specifiche recate a quell'immobile che è stato ristrutturato e reso più signorile, o – al contrario – è andato in rovina.

Il riclassamento costituisce dunque un atto tributario che ha un dispositivo (o decisum): il nuovo classamento. Ma ha anche una "causa petendi" giustificativa che è diversa a seconda di quale delle due categorie sopra descritte entri in gioco. Quando si discorra di un mutamento di rendita inquadrabile nella ipotesi di cui al comma 335, la causa petendi non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l'accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure di cui al comma 339, elaborate con Determinazione dell'Agenzia 16 febbraio 2005 (in Gazz. Uff. n. 40 del 18 febbraio 2005) cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle Autonomie locali. Questo insieme di provvedimenti ribadisce e presuppone che il classamento debba avvenire mediante l'utilizzo (e nel caso di specie a seguito della modifica) del reticolo sopra descritto. Resta cioè fermo quanto disposto dal D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 9: "per ciascuna zona censuaria viene compilato un quadro di qualificazione e classificazione che deve indicare le categorie riscontrate nella zona censuaria ed il numero delle classi in cui ciascuna categoria è stata divisa, e contenere i dati di identificazione e la descrizione delle unità immobiliari scelte come tipo per ciascuna classe" (si veda anche il R.D. n. 652 del 1939, art. 11, come sostituito dalla L. 30 dicembre 1989, n. 427, art. 2, comma 4). A sua volta il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 4, ribadisce che "per ciascuna zona censuaria i competenti uffici del dipartimento del territorio compilano un quadro di qualificazione e classificazione, nel quale sono indicate, con riferimento al quadro generale di cui all'allegato B, tutte le categorie riscontrate nella zona censuaria stessa ed il numero delle classi in cui ciascuna categoria è suddivisa. Per la definizione delle classi gli uffici si avvalgono dei dati rilevati dall'osservatorio dei valori immobiliari del dipartimento del territorio, istituito con decreto 23 dicembre 1992 del Ministro delle finanze, delle informazioni contenute nelle schede previste dalle norme tecniche di cui all'art. 2, comma 2, nonché dei risultati delle indagini di mercato svolte in sede locale. Ed i quadri di qualificazione e classificazione possono essere oggetto di revisione da parte degli uffici del dipartimento del territorio in conseguenza di intervenute variazioni socio- economiche, ambientali ed urbanistiche di carattere permanente nella zona censuaria".

In buona sostanza, sia il regolamento del 1949, sia quello del 1998 prevedono che la revisione del classamento degli edifici a destinazione ordinaria (fra cui rientra la destinazione abitativa) avvenga nel quadro di una revisione generale di criteri e parametri (salvo ovviamente il caso in cui sia il fabbricato ad avere assunto una diversa consistenza ed articolazione materiale). Dunque, appare conseguente ritenere che l'Agenzia debba nell'atto di riaccatastamento, quanto meno, richiamare quella revisione nei criteri che giustifica l'intervento di modifica dell'accatastamento originario. Oppure, ove la revisione non sia ancora avvenuta, e si proceda "per comparazione con il quadro di tariffa di altra zona censuaria del medesimo comune o di altro comune della medesima provincia che abbia analoghe caratteristiche socio-economiche e di tipologia edilizia" (D.L. n. 70 del 1988, art. 11, comma 2), "negli atti deve essere annotato che il classamento e1 stato effettuato per comparazione, con l'indicazione della zona censuaria o del comune di riferimento" (come stabilisce il citato art, 11 confermando che il riclassamento di un immobile a destinazione ordinaria deve avvenire con la utilizzazione di parametri elaborati in riferimento alla zona o ad essa comparabili).
Quando poi si discorra di un riaccatastamento riconducibile nel comma 336 è ovvio che l'atto dovrà contenere un'indicazione dei fatti specifici che determinano l'adeguamento della rendita. Nel caso di specie, l'avviso dell'Agenzia del Territorio è (secondo quanto scritto nell'atto stesso) "conseguente alla richiesta del Comune di Napoli, prodotta ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 58", all'Agenzia di provvedere alla "verifica degli attuali classamenti ed all'eventuale assegnazione di nuovi classamenti, per una serie di fabbricati con classamento non aggiornato ovvero palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche"; ed in tale atto si legge che l'attribuzione di rendita è stata eseguita "sulla base delle disposizioni, fondate sull'estimo comparativo, dettate dai R.D. 13 aprile 1939, n. 652… e dal D.P.R. 1 dicembre 1949, n 1142, nonché ai sensi di quanto previsto dal D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 11 maggio 1988, n. 154"; inoltre essa Agenzia del Territorio "ha effettuato il nuovo classamento tenendo conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici dell'immobile, delle sue caratteristiche edilizie e del fabbricato che lo comprende, anche attraverso un dettagliato esame delle mutate capacità reddituali degli immobili ricadenti nella stessa zona aventi analoghe caratteristiche tipologiche, costruttive funzionali, nonché della qualità urbana ed ambientale del contesto insediativo, che ha subito significativi miglioramenti a seguito dell'incremento delle infrastrutture urbane" Come si vede, il testo – del tutto generico – non chiarisce neppure se ci si trovi a fronte di un riclassamento del tipo di cui al comma 335 o di un riclassamento ai sensi del comma 336. Anche se il passaggio dalla Categoria A5 alla Categoria A2 potrebbe far supporre una qualche modifica edilizia, forse compresa nella ellittica allusione ai "caratteri tipologici e costruttivi specifici dell'immobile".

Ciò posto, ritiene il Collegio che correttamente il Giudice di merito abbia dichiarato nullo, per difetto di motivazione, un siffatto provvedimento, in quanto emesso in contrasto con il principio secondo cui l'accertamento tributario non può limitarsi ad enunciare un dispositivo, ma deve anche indicare il punto di riferimento giuridico o fattuale che giustifica e sorregge il dispositivo stesso, onde, così, delimitare l'oggetto del possibile contenzioso, in cui all'Amministrazione è inibito addurre ragioni diverse, rispetto a quelle enunciate. Così consentendo al contribuente di avere contezza delle ragioni dell'Amministrazione; di valutare l'opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento, ed in ipotesi di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nel quadro di una leale collaborazione tra Amministrazione e contribuente. Questo collegamento tra dispositivo e motivazione era, nel caso di specie, tanto più necessario, in quanto venivamo modificate le risultanze di un pregresso atto di classamento ormai sicuramente definitivo. Nel caso, il mutato classamento costituisce un dispositivo intellegibile e, però, la parte motiva è meramente apparente, risolvendosi in un insieme di espressioni generiche, adattabili a qualsivoglia situazione di fatto e di diritto. Tanto, come già sottolineato, da non consentire neppure di comprendere se il mutato classamento derivi da circostanze riconducibili nell'ambito della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 o del comma 336.
Si ritiene di enunciare il seguente principio di diritto: "Quando procede all'attribuzione d'ufficio di un nuovo classamento ad un'unità immobiliare a destinazione ordinaria, l'Agenzia del Territorio deve specificare se tale mutato classamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dalla unità immobiliare in questione; oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona, in cui si colloca l'unità immobiliare. Nel primo caso, l'Agenzia deve indicare le trasformazioni edilizie intervenute. Nel secondo caso, deve indicare l'atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano; rendendo così possibile la conoscenza dei presupposti del riclassamento da parte del contribuente".

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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