Rapporto contrattuale tra cliente e avvocato
L'incarico conferito dal cliente ad un avvocato per il patrocino processuale rientra nell'ambito di un contratto avente ad oggetto una prestazione professionale (l'attività processuale) in corrispettivo è previsto il pagamento di una somma di denaro a titolo di onorario.
L'obbligo assunto dall'avvocato per il patrocinio processuale
L'oggetto del contratto è il patrocinio in sede processuale da cui deriva l'obbligo assunto compiere tutte le attività dirette ad adempiere a tale obbligazione.
Occorre immediatamente fare una precisazione, l‘obbligo di patrocinio in sede processuale non corrisponde all'obbligo (o alla garanzia) di far vincere il cliente non viene assunto nessun obbligo di avere una sentenza favorevole al cliente, in termini più tecnici si afferma che l'obbligo assunto dal professionista avvocato è una obbligazione di mezzi (che consiste nel compiere ogni attività necessaria per poter far vincere il cliente), ma non è una obbligazione di risultato (cioè non c'è nessuno obbligo e nessuna garanzia che possa essere ottenuto quel risultato).
La responsabilità professionale dell'avvocato
Come ogni rapporto contrattuale anche quello tra cliente e avvocato è fonte di responsabilità (contrattuale) per inadempimento a carico dell'avvocato per negligenza per l'esecuzione dell'incarico, per il cliente per l'eventuale omesso pagamento dell'onorario.
La responsabilità per inadempimento determina l'obbligo di risarcire i danni che derivano dall'inadempimento.
Occorre individuare quando è possibile affermare che sussiste la responsabilità professionale per il risarcimento del danno, in motivo di tale domanda è dato dal fatto che, come si è detto, l'obbligo assunto dall'avvocato è di mezzi e non di risultato, quindi, il mancato esito favorevole del processo non è imputabile all'avvocato, occorre, per far scattare la responsabilità professionale dell'avvocato, che l'attività non svolta dall'avvocato è stata tale da impedire il conseguimento del risultato favorevole al cliente.
Questo già permette di porre un punto fermo: l'attività omessa dall'avvocato non è fonte di responsabilità per inadempimento se il risultato sarebbe stato negativo anche compiendo l'attività omessa.
Di conseguenza, si afferma che non potendo il professionista garantire l'esito favorevole auspicato dal cliente….. il danno derivante da eventuali sue omissioni in tanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici.
La valutazione probabilistica dell'omessa attività professionale sull'esito della lite
Come si è detto il giudice deve valutare se l'omissione è stata tale da inficiare il risultato della causa.
Questo sistema obbliga il giudice a giudizi ipotetici (quale sarebbe stato l'esito della causa se non ci fosse stata negligenza difensiva) e obbliga il giudice a rifare fittiziamente il processo mancato o quello in cui si è manifestata la negligenza del difensore.
Ovviamente, in primo luogo, fare un "processo al processo" ovviamente non è la stessa cosa che fare il processo direttamente, infatti, solo fittiziamente si può dire che le prove sarebbero state ammesse se fossero state richieste o che se fossero state ammesse avrebbero determinato un risultato diverso, inoltre, occorre dare per scontato anche l'esito concreto della prova testimoniale, come favorevole alla parte richiedente.
In secondo luogo, questo tipo di valutazione o analisi non è meramente probabilistico (con l'attività omessa si sarebbero potute avere il 30% di possibilità in più di vincere una causa, in quanto si corre il ruischio di trasformare una obbligazione di mezzi in una obbligazione di risultato e/o di addossare al professionista la responsabilità dell'esito del processo), ma è un giudizio controfattuale che valuta se l'omissione ha inciso (o meno) sullo sviluppo naturale degli eventi (nesso causale).
Il giudizio controfattuale e la responsabilità professionale dell'avvocato
In concreto quando viene contestata all'avvocato la responsabilità professionale, per valutare l'esistenza (o meno) di tale responsabilità occorre ricorrere al cd giudizio controfattuale.
Con il giudizio controfattuale si valuta l'incidenza dell'attività (se il convenuto avesse agito nella maniera dovuta, il danno non si sarebbe verificato) tale giudizio è un giudizio sul nesso di causalità di tipo condizionalistico, poiché mira a stabilire se, eliminata mentalmente l'azione compiuta (o l'omissione) e sostituita con quella doverosa, l'evento si sarebbe verificato o se ne sarebbe verificato un altro.
Ovviamente in questa verifica può seguirsi la logica probabilistica, nel senso di ritenere sufficientemente provata l'efficienza causale se è probabile che, sostituita l'azione compiuta con quella doverosa, l'evento non si sarebbe verificato.
Infatti, il giudizio controfattuale conduce a comparare il caso reale (l'avvocato ha dimenticato di far assumere la prova) con quello ipotetico (cosa sarebbe successo se invece l'avesse fatta assumere), nel quale le circostanze, senza il fattore considerato, conducono al risultato il più probabile vicino al corso normale delle cose. Se questo risultato è analogo all'effetto reale, il fatto considerato (la negligenza del difensore) non ha alcuna incidenza causale.
Se invece diverge (assumendo le prove si sarebbe avuto un esito diverso) si potrà ritenere l'efficacia causale del fatto considerato (l'omissione da parte del difensore) nella misura della differenza tra il risultato controfattuale e il risultato reale.
Questa differenza è impropriamente definita da alcuni come chance, e a volte dalla stessa giurisprudenza, ma in realtà è la misura del nesso causale. Il controfattuale non mira a stabilire la percentuale di probabilità di vincere la causa da parte del cliente (chance), ma mira a stabilire il corso ipotetico degli eventi in presenza della condotta doverosa, e dunque il nesso di causa tra la condotta alternativa lecita e l'evento. Infatti, il ragionamento controfattuale permette, nello stesso tempo in cui stabilisce una linea causale, di determinare gli effetti corrispondenti alla condizione considerata (l'assunzione delle prove).
L'omissione professionale va valutta rispetto la domanda concretamente posta nel giudizio o rispetto qualsiasi risultato che potrebbe derivare dal processo
Se nel giudizio controfattuale l'azione o l'omissione dell'avvocato è chiara, resta da chiedersi quale è l'evento (risultato) che doveva essere ottenuto.
Per stabilire se l'omissione dell'avvocato ha avuto una qualche incidenza sul risultato, occorre necessariamente riferirsi al risultato sperato nel giudizio in cui è ipotizzata la colpa del difensore, che altro non è che la domanda fatta in giudizio, ossia il bene della vita preteso dalla parte..
Quindi, l'indagine relativa alla rilevanza (o meno) dell"omissione del professionista va effettuata sul tipo di domanda proposta dalla parte nel giudizio inziale (e non su un qualsiasi risultato che poteva scaturire dal procedimento).
Ciò implica ulteriormente che, ai fini della sufficienza della domanda di risarcimento del danno, colui che chiede il risaercimento delve indicare quale domanda ha proposto nel giudizio in cui si sarebbe verificata la negligenza del difensore, tale indicazione è necessaria per poter verificare se l'incidenza della omissione del difensore sull'esito della lite.
Inoltre, l'eventuale omisisone del difensonre (nel chiedere una prova testimonaile) è ininfluente se la domdan proposta è stata respinta sulla base dei documenti depositati.
Cass., civ. sez. III, del 14 ottobre 2019, n. 25778