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Esecuzione erariale in presenza di fallimento o concordato preventivo

Cassazione 5.9.2019 n 22211 L’inizio dell’azione esecutiva, vietata dall’art 168 Legge Fallimentare debba ricondursi, non alla emissione ed alla notifica della cartella di pagamento, rappresentando quest’ultima un atto assimilabile al precetto, ma soltanto all’inizio della vera e propria procedura esecutiva. Identico discorso deve farsi nel fallimento ex art 51 e 52 Legge Fallimentare.
A cura di Paolo Giuliano
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L'esecuzione erariale o riscossione coattiva a mezzo ruolo

Il ruolo è il titolo esecutivo del debito verso l'erario.

La cartella di pagamento è redatta dal concessionario della riscossione (in conformità ad un modello approvato dal legislatore) sulla base del ruolo e costituisce una intimazione ad adempiere.

La notifica della cartella di pagamento rappresenta sia notificazione del titolo esecutivo che la notifica del precetto.

Quindi, nel sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo, disciplinato dal d.P.R. n. 602 del 1973, la notificazione della cartella di pagamento costituisce atto preliminare indefettibile per l'effettuazione di un pignoramento (e l'inizio dell'esecuzione forzata) da parte dell'agente della riscossione, atteso che la cartella di pagamento, a mente dell'art. 25 del d.P.R. assolve "uno actu" le funzioni svolte, ex art. 479 c.p.c., dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto nella espropriazione forzata codicistica

La notificazione della cartella costituisce, quindi, l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo, svolge le funzioni di notifica del titolo esecutivo e del precetto ed è l'atto prodromico al pignoramento.

Esecuzione erariale e fallimento

Descritto in modo semplificato il sistema della riscossione tributaria occorre anche chiedersi come l'esecuzione erariale si rapporta al fallimento, infatti, nulla esclude che il fallito possa avere debiti verso privati e debiti erariali verso la pubblica amministrazione.

Nel fallimento, l'art. 51 L.f. prevede che "salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento".

Si tratta di una norma che unitamente all'art. 52 L.f. (principio di esclusività dello stato passivo), garantisce la "universalità soggettiva" della procedura fallimentare, sicchè ogni creditore ha l'onere, se vuole partecipare ai riparti, di chiedere l'ammissione al passivo, con esclusione della possibilità di iniziare azioni esecutive o cautelari autonome sui beni del fallito, con la realizzazione della par condicio creditorum.

Per quanto riguarda il concordato preventivo l'art. 168 L.f. stabilisce cje "dalla data della presentazione del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive".  Nel 2013 (dl 83/2013) c'è stato l'inserimento del divieto anche delle azioni "cautelari".

La finalità dell'art. 168 I.f. è quella di prevedere una moratoria generalizzata del soddisfacimento dei crediti, con cristallizzazione degli stessi, per impedire aggressioni all'integrità del patrimonio destinato alla realizzazione delle finalità del piano del concordato preventivo, anche a tutela della par condicio creditorum.

Risulta evidente che in presenza di un fallimento occorre stabilire se per intervenire nel passivo è sufficiente solo l'estratto ruolo oppure anche la notifica della cartella di pagamento, inoltre, occorre anche comprendere se la notifica della cartella di pagamento è un atto esecutivo (o meno) che cadrebbe nel divieto di nuove azioni esecutive.

L'intervento nel fallimento in base a cartella di pagamento notificata (e non opposta)

Un primo orientamento della giurisprudenza (più datato) la notifica della cartella esattoriale al fallito costituiva presupposto di ammissibilità della domanda di ammissione al passivo. Soltanto le cartelle di pagamento notificate al curatore e divenute definitive, in assenza di tempestiva impugnazione da parte dell'organo della procedura, potevano essere ammesse al passivo del fallimento ai sensi dell'art. 93 I.f..

Pertanto, secondo questa interpretazione il divieto di azioni esecutive nel corso del fallimento ai sensi dell'art. 51 I.f., non impediva la notifica della cartella di pagamento al curatore, ma anzi tale notifica era il presupposto imprescindibile per ottenere l'ammissione al passivo.

L'intervento nel fallimento in base a ruolo

Tale orientamento è stato successivamente superato ritenendo che ai fini dell'ammissione al passivo, non è necessaria la notifica al curatore della cartella di pagamento, essendo sufficiente la produzione in giudizio dinanzi al giudice delegato dell'estratto di ruolo.

Costituisce principio consolidato quello per cui la domanda di ammissione al passivo del fallimento da parte dell'Erario non necessita della notificazione della cartella di pagamento al curatore, essendo sufficiente il semplice ruolo.

Inoltre,  si è chiarito che il concessionario può domandare l'ammissione al passivo dei crediti tributari maturati nei confronti del fallito sulla base del semplice ruolo, senza che occorra anche la previa notifica della cartella esattoriale, ed anzi sulla base del solo estratto, in ragione del processo di informatizzazione dell'amministrazione finanziaria.

Esecuzione erariale e atti vietati dalla presenza del fallimento

La giurisprudenza, nel delimitare i confini della giurisdizione tributaria, ha  affermato che solo con l'atto di pignoramento inizia l'esecuzione, con la conseguente giurisdizione del giudice ordinario e l'attivazione dei divieti previsti dall'art. 51 e 52 LF.

Occorre sottolineare che il primo atto della esecuzione forzata è costituito proprio dall'atto di pignoramento, ai sensi dell'art. 491 c.p.c.

Anche la Corte costituzionale ha chiarito che la linea di demarcazione tra giurisdizione tributaria ed ordinaria è posta dalla cartella di pagamento e dall'eventuale successivo avviso d'intimazione ad adempiere, sicchè fino a questo limite la cognizione degli atti dell'amministrazione, espressione del potere di imposizione fiscale, è devoluta alla giurisdizione del giudice tributario, mentre a valle la giurisdizione spetta al giudice ordinario e specificatamente al giudice dell'esecuzione

Esecuzione erariale e atti vietati dalla presenza del concordato preventivo

In base all'art. 168 LF si potrebbe sostenere che la cartella esattoriale essendo un un atto che "accorpa" in sé le funzioni di titolo esecutivo e di precetto, rientra nel divieto di cui all'art. 168 I.f., che vieta, non solo le azioni proprie del processo di esecuzione, ma anche qualsiasi iniziativa del creditore volta a realizzare unilateralmente ed al di fuori della procedura concorsuale il contenuto dell'obbligazione del debitore concordatario.

In realtà deve ritenersi che l'inizio dell'azione esecutiva, vietata dall'art. 168 I.f., debba ricondursi, non alla emissione ed alla notifica della cartella di pagamento, rappresentando quest'ultima un atto assimilabile al precetto, ma soltanto all'inizio della vera e propria procedura esecutiva.

Proprio la peculiare natura della cartella di pagamento, che è assimilabile ad un precetto, non impedisce l'emissione e la notifica della stessa anche dopo la "presentazione" della domanda di concordato preventivo, non costituendo l'inizio della procedura esecutiva, il cui incipit è rappresentato dal pignoramento, e non rientrando, quindi nel perimetro di cui all'art. 168 L.f..

Cass., civ. sez. V, del 5 settembre 2019, n. 22211

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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