Il codice prevede che il contratto può essere annullato per errore, violenza o dolo. Il dolo (che consiste sostanzialmente in una situazione di raggiri) è regolato dall'art. 1439 cc il quale prevede che "il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe contrattato".
Come in tutte le definizioni astratte occorre, poi, valutare, in concreto quali vicende rientrano nel dolo. In particolare ci si chiede se è dolo l'ipotesi nella quale un contraente (venditore di programmi per pc) suggerisca all'altro contraente, utilizzatore di programmi per pc, il quale ha subito un furto di alcune "chiavette elettroniche" per attivare e/o accedere al programma, di riacquistare l'intero programma e le relative licenze al costo di circa 40.000 euro e ometta di suggerire la sostituzione solo delle chiavette (mediante il mero riacquisto solo delle chiavette) al costo di 300 euro.
Di conseguenza si tratta di comprendere se rientra nel dolo (con il conseguente annullamento del contratto) l'ipotesi nella quale un contraente omette di prospettare all'altro contraete la possibilità di continuare ad utilizzare i preesistenti programmi attraverso chiavi analoghe a quelle trafugate e, di fatto, impone la sostituzione (il riacquisto) dell'intero programma essendo economicamente più conveniente per il fornitore la (ri)vendita (ex novo) dell'intero sistema.
Sostanzialmente, l'ipotesi in cui un contraente non prospetta all'altro contraente alcune alternative (riacquisto delle sole chiavette) rientra nella falsa rappresentazione della realtà. Infatti, dire che occorre riacquistare l'intero programma (omettendo di prospettare scelte alternative) genera una falsa rappresentazione della realtà essenziale ai fini della conclusione del contratto. Creando il presupposto principale per l'annullamento del contratto per dolo: il dolo "causam dans", al pari dell'errore, è causa di annullamento del contratto soltanto nel caso in cui la falsa rappresentazione della realtà da esso generata sia stata essenziale ai fini della conclusione dell'atto.
Infatti, in tema di vizi del consenso, vige il principio "fraus omnia corrumpit, in virtù del quale il dolo decettivo conduce all'annullamento del contratto (come pure del negozio unilaterale) qualunque sia l'elemento sul quale il "decotus" sia stato ingannato e, dunque, in relazione a qualunque errore in cui sia stato indotto, ivi compreso quello sul valore o sulle qualità del bene oggetto del negozio (Cass. n. 4065/2014).
Pertanto deve ritenersi che in sede di trattative contrattuali il contraente ha l'obbligo di comportarsi secondo i principi di buona fede e correttezza, ha il dovere di informare correttamente l'altro contraente sulle possibili alternative volte a soddisfare l'obiettivo perseguito, evitando ogni falsa rappresentazione della realtà che sia slealmente svantaggiosa per l'altro contraente in violazione alle regole di correttezza commerciale. Principi della correttezza e buona fede che devono essere valutati nella dinamica del rapporto contrattuale e che devono presiedere tanto nella fase della attuazione del contratto tanto nella fase della sua esecuzione.
Naturalmente, una vicenda di questo tipo deve essere provata:
- deve essere provato che il contraente danneggiato si è rivolto all'altro contraente chiedendo la sostituzione di chiavette
- deve essere provato che il contraente danneggiante abbia sostenuto che non era possibile la mera sostituzione delle chiavette perché la sola sostituzione delle chiavette non avrebbe consentito l'utilizzo dei programmi installati e che pertanto era necessario installarne di nuovi.
- occorre provare (con CTU) che la sostituzione delle chiavette era possibile e che la semplice sostituzione delle chiavette sarebbe stata sufficiente a consentire l'uso dei programmi.
- occorre, valutare la diversità delle spese (40.000 euro per i programmi e poche centinaia per le chiavette)
- occorre, infine, valutare, i comportamenti complessivi delle parti, delle parti,
tutti questi elementi confermano che il comportamento tenuto da uno dei contraenti ha avuto un'efficienza causale sulla determinazione e, quindi, sul consenso dell'altro contraente.
Cass., civ. sez. III, del 26 giugno 2015, n. 13186 in pdf