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Domanda di rivendica e domanda del legittimo uso del bene comune

Cassazione del 12.12.2018 n. 32146 La domanda di rivendica proposta (verso un terzo) da coloro che assumano di essere proprietari esclusivi del bene è diversa da quella avanzata da alcuni dei comproprietari ex art. 1102 cc e rivolta ad ottenere la eliminazione di presunte condotte illegittime poste in essere da un altro comproprietario.
A cura di Paolo Giuliano
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L'azione di rivendica ex art. 948 cc              

Il proprietario del bene può chiedere di far accertare il suo diritto contro chiunque contesti il diritto di proprietà (o altro diritto).

L'azione di rivendica può essere esercitata

  • dall'unico proprietario del bene contro un terzo estraneo,
  • dal comproprietario del bene contro un terzo estraneo
  • dal comproprietario del bene contro un altro comproprietario (che asserisce di essere l'unico proprietario del bene oppure che asserisce di avere una quota di proprietà più ampia del dovuto, non riconoscendo la comproprietà degli altri contitolari)

Domanda d'uso del bene comune ex art. 1102 cc

Diversa dalla domanda di rivendica è la domanda diretta ad accertare se l'uso del bene comune ex art. 1102 cc (che spetta ad ogni contitolare) ha superato i limiti consentiti dalle norme (l'uso non può modificare la destinazione del bene e non deve essere impedito agli altri contitolari di fare identico uso del bene comune).

Differenze tra domanda di rivendica ex art. 948 cc e domanda d'uso del bene comune ex art. 1102 cc

Le differenze tra le due domande possono essere evidenziate in questo modo:

a) sono diversi i soggetti a cui sono dirette le due domande, infatti,  la domanda di rivendica è diretta (di solito) contro un terzo non proprietario, la domanda relativa all'uso del bene comune è diretta (solo) contro uno degli altri contitolari del bene (non può essere diretta contro un terzo estraneo alla comunione);

b) diversi sono gli accertamenti alla base delle due domande necessari per ottenere una soluzione della controversia, nella domanda di rivendica occorre provare la proprietà del bene; nella domanda d'uso del bene comune (il presupposto è la contitolarità del bene) la prova è relativa all'accertamento sull'eventuale abuso del bene comune.

Interferenze tra azione di rivendica e domanda di accertamento dell'uso del bene comune

Anche se le due domande sono diverse, non si può escludere una possibile interferenza teorica (l'azione di rivendica è esperibile anche contro uno dei contitolari che nega il diritto degli altri) e di fatto (basta pensare all'ipotesi in cui uno dei contitolari costruisca su un suolo comune, ritenendolo di proprietà esclusiva, escludendo il pari uso degli altri, di fatto, escludendo gli altri contitolari dalla proprietà del bene e non solo dall'uso del bene).

In situazioni ambigue non si pone solo la questione di distinguere tra azione di rivendica e domanda di accertamento dell'suo legittimo del bene comune, ma si pone anche un problema di preclusioni processuali, infatti, ad esempio, occorre valutare se iniziato il procedimento con un'azione di rivendica (e ripristino dello stato dei luoghi) contro un soggetto che appare terzo non proprietario (e che ha effettuato delle costruzioni su un terreno), durante il procedimento il terzo  si dimostrerà essere un contitolare del medesimo bene, in questa situazione occorre valutare, si ripete, se  tale procedimento comprende anche l'eventuale accertamento del legittimo uso del bene comune ex art. 1102 cc) oppure tale ulteriore domanda deve essere disattesa poiché l'originaria (ed unica) a domanda di rivendica si basa sul presupposto della proprietà esclusiva del bene e dunque si basa su una causa petendi diversa da quella dell'accertamento del legittimo uso di un bene comune che presuppone la comproprietà del terreno.

Diversità della domanda di rivendica e della domanda del legittimo uso del bene comune

Si potrebbe sostenere che alla base c'è sempre il diritto di proprietà (proprietà esclusiva e comproprietà) e questo permette di poter chiedere – in entrambe le ipotesi – l'adozione degli stessi provvedimenti ripristinatori, in realtà occorre ribadire che la domanda di rivendica proposta da coloro che assumano di essere proprietari esclusivi del bene (con domanda diretta ad eliminare costruzioni abusive) sia diversa da quella avanzata invece quali comproprietari e rivolta ad ottenere la eliminazione di presunte condotte illegittime poste in essere dal comproprietario.

Il principio dell'indifferenza tra accertamento della proprietà esclusiva ovvero della comproprietà deve reputarsi effettivamente operante nel caso in cui l'azione sia diretta verso il terzo estraneo, asseritamente autore della condotta lesiva del diritto di proprietà, in quanto in tal caso l'assenza di diritti di comunione sul bene da parte del convenuto implica che l'accertamento circa la fondatezza della domanda non involga apprezzamenti anche in fatto differenti, atteso che in entrambe le ipotesi la fondatezza della domanda, presuppone l'assenza di un contrastante o concorrente diritto di proprietà del convenuto.

In tal senso deve darsi continuità a quanto in passato affermato da questa Corte a mente della quale esorbita dai limiti di una consentita emendatio libelli il mutamento della causa petendi che consista in una vera e propria immutazione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, in guisa tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo, perché fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell'atto introduttivo del giudizio, così da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza..

In tale ipotesi deve invero ritenersi che la differenza tra la richiesta di tutela della proprietà esclusiva ex art. 948 c.c. e quella volta invece a riconoscere la violazione dell'art. 1102 c.c., come appunto accaduto nella fattispecie, non sia di carattere meramente quantitativo, ma investa un profilo anche ed evidentemente qualitativo, che si ripercuote quindi sulla possibilità di ravvisare o meno un'identità tra le due domande.

Colui che invoca la tutela della proprietà esclusiva può infatti limitarsi ad allegare la compromissione del suo diritto con la lesione della sfera dominicale, senza la necessità di alcun altro apprezzamento circa la compatibilità dell'uso con il pari diritto del comproprietario, indagine che invece si impone nella diversa ipotesi di cui all'art. 1102 c.c., occorrendo verificare il mantenimento della destinazione e la non compromissione del pari uso degli altri comunisti.

Trattasi quindi di elementi che in quanto necessari da verificare ai fini della fondatezza della domanda, investono anche la causa petendi, e che depongono quindi per la diversità delle due domande.

Cass., civ. sez. II, del 12 dicembre 2018, n. 32146          

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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