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Divisione volontaria o giudiziaria del condominio art 1119 cc

Cassazione 15.10.2019 n 26041 L’art 1119 cc va interpretato nel senso che “le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione”, a meno che – per la divisione giudiziaria – la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa e – per la divisione volontaria – a meno che non sia concluso contratto con il consenso di tutti i partecipanti al condominio (quest’ultimo requisito non è richiesto per la divisione giudiziaria).
A cura di Paolo Giuliano
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Divisione volontaria e giudiziaria

La comunione può essere sciolta seguendo due strade: a) una divisione amichevole; b) una divisione giudiziaria. Entrambe richiedono la partecipazione di tutti i comproprietari alla divisione, mentre una differenza potrebbe essere evidenziata nel fatto che una divisione amichevole potrebbe agevolmente superare i limiti della divisione giudiziaria (ad esempio convenendo la creazione di una serie di servitù per poter dividere il bene che in sede giudiziaria non porterebbero essere costituite e che determinerebbero la vendita del bene e la divisione del ricavato).

La divisione può essere totale (alla comunione si sostituiscono tanti beni singoli e privati) oppure parziale (in seguito alla divisione restano in comune alcuni beni oppure alcuni beni restano in comune solo tra  alcuni degli originari contitolari).

In entrambe le ipotesi alla divisione devono partecipare tutti i proprietari.

Divisione dei beni del condominio ex art. 1117 cc

Il condominio è un particolare tipo di comunione (comunione condominiale), basta pensare che le norme del condominio si trovano dopo le norme della comunione (entrambe nella sezione dei diritti reali) e che nell'ambito del condominio si parla di beni comuni e si richiamano le norme sulla comunione per quanto non espressamente previsto in materia di condominio.

Anche nel condominio è prevista la divisione dei beni condominiali e la divisione (scissione) del condominio.  Nel condominio la divisione (nei sui due aspetti) è regolata in due articoli diversi l'art. 1119 cc e l'art. 61 e 62 dips att cc.

Le differenze evidenti tra le due norme possono essere sintetizzate in questo modo:

L'art. 1119 cc è una norma che presuppone l'estinzione totale della comunione condominiale, in altri termini, alla fine del procedimento divisione non ci sono residui comuni e  il bene in origine condominiale diventa completamente di proprietà esclusiva. Questa divisione ha due vincoli: richiede il consenso di tutti i proprietari e non si può fare se la divisione rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino.

Gli art. 61 e 62 cc regolano l'ipotesi di divisione mediante scissione del condominio, in altre parole, un unico condominio si suddivide in due. Risulta evidente che in questa ipotesi all'esisto del procedimento di divisione i beni restano parzialmente condominiali, nel senso che variano (si riducono) i titolari dei beni condominiali.

L'art. 61 e 62 disp att cc non prevedono come  limite alla divisione l'uso più incomodo dei beni condominiali come l'art. 1119 cc, mentre l'art. 61 e 62 disp att prevede una delibera dell'assemblea per la divisione (non prevista dall'art. 1119 cc) e prevede che la divisione può essere ottenuta anche tramite una divisione giudiziaria se richiesto da 1/3 dei comproprietari (non previsto dall'art. 1119 cc)

Divisione del condominio tramite divisione amichevole o giudiziaria

Le differenze tra le due ipotesi di divisione spingono a chiedersi se ed entro quali limiti le due norme sono applicabili alla divisione giudiziaria o amichevole, in particolare ci si chiede se la divisione ex art. 1119 cc può essere solo giudiziaria e non amichevole o convenzionale (posto che l'art. 1119 non prevede una delibera di divisione)  oppure se la divisione ex art. 1119 cc presuppone una domanda congiunta di tutti i proprietari (posto che solo nel 61 e62 dip att cc la legittimazione a chiedere la divisione presuppone solo alcuni dei proprietari).

La forma della divisione ex art. 1119 cc

La divisione delle cose comuni ex art. 1119 cc è materia sottratta alle competenze riconosciute esemplificativa mente all'assemblea dall'art. 1135 cod. civ., per cui la divisione delle parti comuni non potrebbe essere decisa mediante lo schema della delibera dei partecipanti in assemblea.

Il consenso unanime dei condomini dovrebbe essere raccolto non in una mera delibera, ma in una scrittura privata o atto pubblico ex art. 1350 cod, civ., quindi, non la divisione ex art. 1119 cc non è solo giudiziaria.

La divisione ex art. 1119 cc quando l'uso è meno comodo

Se la divisione ex art,. 1119 cc non può seguire lo schema della delibera, ma è può essere ottenuta tramite un atto negoziale o una divisione giudiziale,  occorre chiedersi se la divisione ex art 1119 cc è esclusa  quando "la divisione si può fare rendendo più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino".

Se si considera che sono eccezionali gli  impedimenti allo scioglimento delle comunioni rispetto il  prevalente favor divisionis ne discende che sicuramente il  "consenso" di tutti i partecipanti può superare il limite della difficoltà di godimento previsto dall'art. 1119 cc.,

Resta da valutare se l'eventuale divisione giudiziaria può essere ottenuta se all'esito della divisione si rende più incomodo l'uso del bene.

Requisiti della divisione amichevole o giudiziaria dei beni condominiali ex art. 1119 cc

In definitiva,  l'art. 1119 cod. civ., nel nuovo testo come modificato dall'art. 4 della I. n. 220 dell'11.12.2012, va interpretato nel senso che "le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione", a meno che – per la divisione giudiziaria – "la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino" e – per la divisione volontaria – a meno che non sia concluso contratto che riporti, in scrittura privata o atto pubblico, il "consenso di tutti i partecipanti al condominio" (quest'ultimo requisito non essendo richiesto per la divisione giudiziaria).

L'accertamento del requisito della comoda divisibilità del bene è riservato all'apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione idonea.

Cass., civ. sez. II, del 15 ottobre 2019, n. 26041

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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