La funzione della divisione
La divisione ha lo scopo di mettere fine alla comunione attribuendo ai diversi contitolari beni specifici (in proporzione al valore delle quote di ogni condividente). All'estinzione dello stato della comunione si può giungere anche vendendo i beni ad un terzo estraneo (i condividenti si divideranno il ricavato della vendita) oppure assegnando i beni da dividere ad uno dei condividenti (il quale dovrà liquidare gli altri condividenti in denaro).
Divisione parziale
La divisione è in teoria totale, (dovendo porre fine alla comunione), ma è possibile anche avere una diviisone parziale (in cui dopo la divisione permane una comunione).
Le ipotesi di divisione parziale possono essere raggruppate in due categorie categorie:
- divisione parziale oggettiva (ad esempio si scopre l'esistenza di altri beni da dividere dopo la divisione)
- divisione parziale soggettiva (ad esempio alcuni condividendi decidono di conservare la comunione sui beni a loro assegnati, in quanto, procederanno in seguito ad una vendita o divisione, oppure viene liquidato/assegnata solo la quota di un condividente cd stralcio divisionale)
In tutte queste ipotesi all'esito della divisione permane ancora uno stato di comunione
Divisione parziale e rappresentazione ereditaria
Esiste un'altra ipotesi di divisione parziale (legale) e si può verificare in caso di rappresentazione ereditaria.
La rappresentazione ereditaria è regolata dall'art. 467 cc e permette ai discendenti di subentrare nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato. (l'esempio più semplice di rappresentazione è questo nonno tizione muore e lascia due figli primo e secondo, il figlio primo rinunzia all'eredità di tizione, il figlio secondo accetta l'eredità di tizione, Il figlio primo ha tre figli terzo, quarto e quìnto. La rappresentazione permette a terzo, quarto e quinto di subentrane nell'eredità del nonno tizione al posto del loro padre primo, l'eredità sarà sempre divisa tra secondo (una quota) e terzo quarto e quinto (una seconda quota).
Dall'esempio risulta evidente che – in presenza della rappresentazione – per porre fine alla comunione occorre procedere a due divisioni
- una prima divisione tra la stirpe di primo e secondo
- e sussiste una seconda divisione all'interno della stirpe di primo (tra terzo quarto e quinto)
Rappresentazione ereditaria e divisione per stirpi ex art. 469 cc
Il legislatore si occupa della divisione quando si verifica la rappresentazione stabilendo con l'art. 469 cc che quando vi è rappresentazione, la divisione si fa per stirpi e se uno stipite ha prodotto più rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo, e per capi tra i membri del medesimo ramo.
Il legislatore, però, non chiarisce se in presenza di rappresentazione
- la divisione deve essere effettiva, cioè si conclude solo "quando e se" si effettua la divisione anche all'interno di ogni stirpe (nell'esempio fatto la divisione si concluderebbe solo quando si giunge anche alla divisione tra terzo quanto e quinto)
- oppure basta effettuare una prima divisione creando due quote assegnando una prima quota a secondo e una seconda quota a terzo quarto e quinto i quali procederanno ad una seconda successiva divisione.
La differenza tra le due ipotesi è evidente nella prima ipotesi un erede (secondo) rimarrà bloccato e subirà gli effetti di una divisione che non gli interessa (in quanto all'interno della stirpe che comprende solo terzo quarto e quinto)
In presenza di rappresentazione la divisione ereditaria non deve comprende la formazione delle porzioni all'interno di ciascuna stirpe
Per il combinato disposto degli artt. 469 e 726 c.c., la divisione ereditaria, quando vi è rappresentazione avviene per stirpi, procedendosi alla formazione di tante porzioni, una volta eseguita la stima, quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti, mentre non è prevista l'ulteriore formazione di altrettante subporzioni all'interno di ciascuna stirpe, sempre che non si formi al riguardo un accordo fra tutti i partecipanti, non potendo i restanti condividenti essere tenuti a subire le remore e le spese di una suddivisione interna alla stirpe cui non appartengono e che quindi non li interessa in alcun modo.
Stabilito con sentenza quali siano i beni da dividere e formate le porzioni quanti siano gli eredi o le stirpi condividenti, le statuizioni relative all'appartenenza alla massa di detti beni ed alla loro concreta attribuzione diventano irrevocabili ed irretrattabili a causa della mancata impugnazione.
Il principio riguardante la natura unitaria del giudizio di divisione va, invero, riferito alla comunione ereditaria che venga sciolta nei modi e nelle forme di legge, ma non si estende alle ipotesi di divisione di singoli beni ereditari,
In tal caso ciascuna divisione, anche se collegata con la successiva, ha una propria autonomia processuale, mentre sul piano del diritto sostanziale, ai fini della efficacia preclusiva di eventuali giudicati, assume rilievo il contenuto delle domande espresso nel petitum effettivamente richiesto nei diversi giudizi (Cass. Sez. 2, 16/06/1972, n. 1902).
Cass., civ. sez. II, del 8 gennaio 2020, n. 139