Le spese processuali
Il legislatore prevede che la parte processuale soccombente nel processo deve versare alla parte vittoriosa le spese processuali. Si tratta dell'applicazione del principio generale secondo il quale colui che crea un danno ad un determinato soggetto deve risarcirlo, e se una parte impone all'altra un procedimento giudiziario per tutelare la propria diritto deve tenere indenne dalle spese processuali colui che è costretto ad agire in sede processuale ed esce dal processo vittorioso.
Procedimento di recupero delle spese processuali
La condanna al pagamento delle spese processuali è – di fatto – la condanna al rimborso di alcune spese, ed identifica il debitore (parte processuale soccombente) e il creditore (parte processuale vincitrice). Si presume che la parte processuale ha anticipato le spese processuali fornendo all'avvocato le relative provviste per i pagamenti necessari.
E' la parte processuale (e non il difensore: salvo il caso patologico di esercizio del "jus postulandi" in difetto di procura "ad litem") l'unica destinataria del provvedimento giudiziale di condanna al pagamento delle spese di lite. Inoltre, solo la parte processuale –e non anche il difensore- può risultare soccombente sul capo delle spese e dunque legittimata alla proposizione della relativa impugnazione.
La parte che è stata assistita (vittoriosa in giudizio) vanta un credito alla rifusione delle spese di lite nei confronti della parte soccombente condannata al relativo pagamento, ma contemporaneamente è debitrice del proprio difensore ai sensi dell'art. 1720 c.c. per il pagamento dell'onorario,
Questo comporta alcuni corollari:
- gli unici soggetti che possono disporre del credito o del debito (rappresentato dalle spese processuali) sono il debitore e il creditore. Quindi, gli unici soggetti che possono compiere atti relativi al credito (rinunzia, riduzione, dilazione del pagamento) sono il creditore e il debitore (le parti processuali e non gli avvocati che hanno rappresentato le medesime nel processo).
- la parte creditrice delle spese processuali, dovrà farsi pagare il debito e, poi, saldare l'avvocato per l'onorario.
L'immediata attribuzione delle spese processuali all'avvocato antistatario
L'art. 93 cpc al fine di semplificare la procedura del recupero degli onorari permette all'avvocato della parte vittoriosa (che ha anticipato le spese processuali) di chiedere al giudice di farsi immediatamente attribuire le spese legali.
L'attribuzione delle spese processuali presuppone che l'avvocato abbia anticipato le spese processuali (senza chiedere nulla al cliente)
L'istituto della distrazione delle spese processuali all'avvocato della parte vittoriosa è un istituto di carattere generale applicabile ad ogni procedimento giudiziale, ma si stratta sempre di un istituto che non si applica automaticamente, ma si basa su una scelta soggettiva.
L'attribuzione delle spese processuali richiede una espressa istanza in tal senso, in mancanza il provvedimento della condanna seguirà la strada ordinaria.
Natura giuridica dell'attribuzione all'avvocato delle spese processuali
Quando il giudice attribuisce all'avvocato anticipatario le spese processuali, il difensore distrattario è titolare di un proprio ed autonomo diritto alla prestazione avete ad oggetto il pagamento delle spese di lite liquidate in sentenza.
In altri termini, mentre il debitore resta sempre la parte processuale soccombente, il creditore è l'avvocato. Del resto si afferma che l'assenso (espresso o tacito) della parte assistita alla dichiarazione di distrazione resa in giudizio dal proprio difensore, perfeziona una fattispecie delegatoria per cui la parte soccombente è tenuta ad adempiere la propria obbligazione direttamente nei confronti del difensore-distrattario (creditore), estinguendo, al tempo stesso, anche il debito per le spese di lite nei confronti della parte processualmente vittoriosa.
Secondo altri, invece, con l'attribuzione delle spese parte processuale (titolare del credito) diventa l'avvocato, anche se di fatto, un unico pagamento estingue due debiti come nella delegazione.
Il difensore che ha avuto l'attribuzione delle spese, pur non potendo assumere la qualità di parte del processo ed impugnare il capo sulle spese (sia per quanto riguarda la condanna, sia per quanto attiene alla liquidazione), è invece titolare di un autonoma pretesa a conseguire direttamente la prestazione dalla parte processuale soccombente, tenuta al pagamento delle spese, in tal senso venendo il difensore ad estinguere il credito al rimborso delle anticipazioni (ed al compenso professionale) vantato nei confronti del proprio cliente, secondo una tecnica del tutto simile alla delegazione di pagamento.
Transazione sulle spese attribuite all'avvocato antistatario
Questo comporta che un eventuale atto di transazione in ordine alle spese oggetto di distrazione stipulato dal difensore-distrattario è un atto dispositivo del "proprio" credito (credito dell'avvocato) che riverbera esclusivamente nella sua sfera giuridica patrimoniale dell'avvocato, il quale può anche rinunciare parzialmente (aliquid datum) ad un diritto del quale è esclusivo titolare in virtù della non contestata dichiarazione di distrazione.
Ne segue che la stipula dell'accordo transattivo sulle spese di lite distratte a favore del legale non implicava in alcun modo la "necessaria" partecipazione della parte processuale vittoriosa. Rimanendo del tutto estraneo a tale accordo il rapporto concernente il diritto sostanziale oggetto della controversia tra le parti processuali.
Diversa questione è quella relativa alla sorte dell'accordo transattivo, il cui oggetto rimane tuttavia "sub judice" in quanto pur sempre "dipendente" da un capo della sentenza di primo grado, immediatamente esecutiva, che potrebbe in sede di impugnazione essere riformato, con conseguente insorgenza degli obblighi restitutori, salvo che all'atto di transazione non si riconduca un effetto abdicativo della ripetizione del quantum corrisposto al legale, nel caso in cui la parte processuale soccombente in primo grado dovesse risultare successivamente vittoriosa nel merito in secondo grado.
Cass., civ. sez. III, del 29 maggio 2018, n. 13367