I contratti di locazione ad uso abitativo liberi o concordati dopo la legge del 9 dicembre 1998 n. 431
Come è ormai risaputo la legge del 1998 n. 431 ha previsto due tipi di contratti di locazione ad uso abitativo (non transitorio): il primo, sostanzialmente libero nella determinazione del canone e nelle clausole da inserire nel contratto, un secondo modello a canone concordato (o predeterminato) con contenuto contrattuale stabilito dal medesimo legislatore o dagli accordi delle associazioni di categoria territoriali.
Differenze tra contratto di locazione ad uso abitativo (ordinario o libero) e contratto di locazione ad uso abitativo alternativo (o concordato, vincolato, agevolato)
L'art. 2 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 prevede due modelli di stipula dei contratti di locazione ad uso abitativo:
- un modello ordinario, che rimette alla volontà delle parti la determinazione del canone, fissando però imperativamente la durata minima, con rinnovazione automatica alla prima scadenza, salva facoltà di diniego del rinnovo in casi tassativi;
- un modello alternativo o concordato (o vincolato o agevolato), questo modello è caratterizzato da una durata per legge non inferiore ai tre anni (con proroga biennale, di diritto, alla prima scadenza), nonché dalla determinazione del valore del canone e dell'ulteriore contenuto negoziale in base a quanto stabilito «in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e /e organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative».
Rapporto tra contratto di locazione ad uso abitativo ordinaria (o libero) e concordata (o vincolata)
Nelle intenzioni del legislatore i due modelli di contratto di locazione ad uso abitativo sono previsti in alternativa (in antitesi e contrapposizione) tra loro, il modello concordato o vincolato (disciplinato dal terzo comma dell'art. 2 della legge n. 431 del 1998) è alternativo al modello ordinario (o libero) disciplinato dal primo comma dell'art. 2 della legge del 1998 n. 431.
Quanto detto comporta alcune conseguenze:
- i contratti di locazione ad uso abitativo, non transitorio, sono soltanto di due tipi;
- se un contratto non stipulato ai sensi dell'art. 2, comma terzo (vincolato o concordato) è – per forza – stipulato ai sensi dell'art. 2 comma primo e, di conseguenza, soggetto alla disciplina ordinaria, quale risultante dalle altre disposizioni della stessa legge dettate per le locazioni abitative di natura non transitoria, nonché dalle disposizioni residuali della legge 27 luglio 1978 n. 392 e del codice civile.
Il contenuto del contratto di locazione ad uso abitativo concordato e gli accordi tra le organizzazioni di categoria
Il contenuto dei contratti ad uso abitativo concordati è determinato a livello nazionale da una convenzione (che recepisce le indicazioni delle associazioni di categoria) o da un decreto ministeriale (in assenza di convenzione) e a livello locale dagli accordi tra le associazioni di categoria
Il legislatore ha delineato il rapporto tra il tipo di contratto, indicato nella convenzione nazionale (o nel decreto ministeriale sostitutivo di questa), ed il contratto-tipo, da adottarsi in sede locale, in modo che le clausole indicate come obbligatorie od inderogabili nel tipo di contratto centralizzato non possano mancare né essere derogate dal contratto-tipo risultante dall'accordo in sede locale.
Se, nei contratti concordati o vincolati è chiara la porta inderogabile delle clausole relative alla durata e alla quantificazione del canone, resta da valutare la possibile deroga (o modifica) al contenuto stabilito dagli accordi di categoria.
Derogabilità o modifica del contenuto del contratto di locazione ad uso abitativo concordato
Si potrebbe sostenere che nel contratto di locazione ad uso abitativo c.d. concordato sarebbe inderogabile solo la disciplina relativa alla quantificazione del canone e la durata del contratto, mentre le parti sarebbero libere di modificare tutte le altre condizioni contrattuali definite negli accordi territoriali delle associazioni di categoria, continuando a beneficiare dei vantaggi fiscali assicurati dal contratto agevolato.
Del resto, non esistono limiti all'autonomia privata, per cui le parti sono libere di definire il proprio assetto di interessi in termini del tutto conformi al contratto-tipo, ovvero di discostarsene.
In primo luogo, se questa fosse stata questa l'intenzione del legislatore, sarebbe stato sufficiente prevedere accordi nazionali e locali soltanto per la determinazione del canone, mentre il legislatore del 1998, prima, e quello del 2002, poi, ha voluto superare la previgente disciplina vincolistica, valorizzando l'esperienza della contrattazione, non solo assistita, ma anche condotta, in ambito nazionale e locale, dalle organizzazioni della proprietà edilizia ed organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative.
In secondo luogo, la questione non è da porsi in termini di derogabilità o inderogabilità del contenuto degli accordi previsti dalle associazioni di categoria, ma in termini di qualificazione di contratto.
Infatti, il rapporto tra il contratto individuale ed il contratto-tipo non si atteggia in termini di derogabilità/inderogabilità di quest'ultimo da parte dei singoli contraenti. Si tratta piuttosto, di una questione di qualificazione del contratto individuale. Per cui, proprio perché non ci sono limiti all'autonomia privata le parti sono libere di definire il proprio assetto di interessi in termini del tutto conformi al contratto-tipo, ovvero di discostarsene.
Conseguenze derivanti dalla modifica del contenuto del contratto di locazione ad uso abitativo concordato
Pertanto, posto che le parti possono discostarsi dalle «condizioni contrattuali» previste nello schema contrattuale concordato, gli effetti di queste modifiche sui contratti individuali di locazione saranno le seguenti:
- qualora le parti regolino il contratto in modo tale che il contratto non appaia più sussumibile nello schema del contratto c.d. concordato, in quanto viene alterato l'assetto degli interessi da questo complessivamente definito, la conseguenza è che il contratto deve essere disciplinato come contratto ordinario, ai sensi del primo comma dell'art. 2 della legge n. 431/1998; in tale eventualità non potranno le parti, ed in specie il locatore, godere delle agevolazioni fiscali cui è funzionale la stipulazione dei contratti c.d. concordati, pur quando abbiano formalmente adottato la denominazione di contratto agevolato e richiamato la norma dell'art. 2, comma terzo, della legge n. 431/1998;
- qualora, invece, le parti, utilizzando questa denominazione e richiamando questa norma, nonché lo schema del contratto c.d. concordato adottato in ambito territoriale, se ne discostino in parte, regolando diversamente soltanto obbligazioni accessorie o aspetti marginali delle obbligazioni principali, sì da non alterare l'assetto degli interessi quale precostituito nel contratto-tipo, il contratto individuale riconducibile alla disciplina "vincolistica" del terzo comma dell'art. 2, quanto a durata ed a canone, con le correlate previsioni di nullità dell'art. 13 della legge n. 431/1998, ma anche con i correlati benefici fiscali dell'art. 8 della stessa legge.
In conclusione, va affermato che va qualificato come contratto agevolato ai sensi dell'art. 2, comma terzo, della legge 9 dicembre 1998 n. 431 un contratto di locazione ad uso abitativo non transitorio che rispetti il tipo di contratto di cui all'art. 4 bis della legge 9 dicembre 1998 n. 431 e l'accordo contrattuale definito in sede locale dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, sia quanto a canone e durata, che quanto ad ogni altra condizione contrattuale. La qualificazione di contratto c.d. concordato e la correlata applicazione dei benefici fiscali vengono meno se le parti, pur rispettando la durata legale e la determinazione del canone risultante dagli accordi definiti in sede locale, modifichino, in tutto o in parte, le altre condizioni contrattuali, in modo da alterare l'assetto dei reciproci interessi precostituito nel modello concordato. In tale eventualità, ferme restando le clausole convenute, il contratto non sarà riconducibile al terzo comma dell'art. 2 cit., e rientrerà nel primo comma dello stesso art. 2, con applicazione della disciplina del contratto ordinario ed esclusione delle agevolazioni fiscali.
Validità ed effetti delle clausole difformi nel contratto di locazione ad uso abitativo concordato
Le clausole difformi dallo schema del tipo di contratto continuano a regolare l'assetto di interessi delle parti. Ove questo, malgrado siffatta difformità, sia riconducibile al modello concordato, si applicherà la disciplina risultante dagli artt. 2, comma terzo, e 13, comma terzo e quarto, della legge n. 431 del 1998, ma il locatore si avvantaggerà dei benefici fiscali; ove il contratto individuale, a causa della difformità dal contratto-tipo, ne modifichi significativamente l'assetto di interessi, si applicherà la disciplina del contratto ordinario, ma il locatore non si avvantaggerà dei benefici fiscali.
Ciò che evidentemente non è consentito alla parte locatrice è di godere di questi ultimi, pretendendo poi di ricondurre al modello ordinario un contratto stipulato come concordato, per evitare la sanzione della nullità del quarto comma dell'art. 13.
Criteri ed elementi per valutare la difformità o la conformità
L'attività di qualificazione del contratto individuale, al fine della sua conformità o meno al modello di contrato di locazione concordato di cui all'art. 2, comma terzo, della legge 9 dicembre 1998 n. 431, è riservata al giudice di merito.
Anche se non è imposta alle parti l'utilizzazione del modello grafico del tipo di contratto adottato in sede nazionale e/o locale, questo è tuttavia un dato dirimente ai fini della qualificazione: pertanto, non è dato discutere di disciplina applicabile -che non può essere altra che quella risultante dagli artt. 2, comma terzo, 4, 4 bis, 8 e 13 della legge n. 431/1998 – ogniqualvolta il modello utilizzato sia quello allegato al decreto interministeriale, così come recepito nell'accordo locale applicabile al caso di specie.
Rilevante, ma non altrettanto decisivo, ai fini della qualificazione del contratto come concordato e dell'applicazione della disciplina ivi prevista, è il richiamo che le parti abbiano espressamente fatto, in premessa od in relazione ad una più clausole contrattuali, alle norme predette della legge n. 431 del 1998, al decreto ministeriale di recepimento della convenzione nazionale e/o all'accordo territoriale tra le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative.
Decisivo è il contenuto del contratto individuale, vale a dire l'assetto degli interessi di ciascuna delle parti e tra le parti, quale risultante dal confronto tra contratto individuale e contratto-tipo. Allora, si deve concludere nel senso che vanno tenute ferme le previsioni del contratto-tipo che riguardano le obbligazioni principali di locatore e conduttore (soprattutto quando siano riproduttive di previsioni del tipo contrattuale centralizzato, indicate dal D.M. come non derogabili con scelte alternative in sede locale), mentre non compromettono la possibilità di qualificare il contratto come concordato o agevolato soltanto le modificazioni o le omissioni nel contratto individuale di corrispondenti previsioni del contratto-tipo che concernono obbligazioni accessorie ovvero aspetti marginali delle obbligazioni principali.
Cass., civ. sez. III, del 27 dicembre 2016, n. 27022