I delitti contro la Pubblica Amministrazione, dal peculato alla corruzione
I reati contro la Pubblica Amministrazione si suddividono in due grandi categorie: da un lato, ci sono quelli che rappresentano una aggressione ad interessi della stessa Pubblica Amministrazione, e che quindi sono compiuti all'interno dai propri funzionari, pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio; dall'altro, ci sono quelli commessi dai privati ai danni della Pubblica Amministrazione. Della prima categoria fanno parte alcuni, come corruzione, peculato e concussione, di cui si legge continuamente sui giornali. Ecco, di seguito, l'elenco dei delitti più frequenti di questo tipo previsti dalla legge italiana, ricordando che la PA è essenzialmente composta da tutte le amministrazioni dello Stato, dal Consiglio dei Ministri ai singoli Ministeri, le istituzioni scolastiche, gli enti territoriali, compresi Comuni, Province e Regioni, e gli altri enti pubblici, nazionali e locali, tra cui le istituzioni universitarie, gli enti pubblici di ricerca, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e gli enti che compongono il Servizio Sanitario Nazionale.
Peculato
Il reato di peculato è previsto all'articolo 314 del Codice Penale, dove si legge: "il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria; detto reato è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi". Questa disciplina è stata poi parzialmente modificata con la legge 86/1990. Rientrano in questa definizione, l'uso di carte di credito e automobili aziendali. È inoltre specificato che il reato di peculato è punibile a titolo di dolo generico. Mentre è necessario il dolo specifico per il solo caso di peculato d'uso, che invece si configura quando il funzionario pubblico si appropria della cosa al solo scopo di farne uso momentaneo e, dopo tale uso, la restituisce immediatamente. In questo caso, la pena è la reclusione da 3 a 6 anni.
Concussione
L'articolo 317 del Codice Penale definisce il reato di concussione. In questo caso, è punito ai sensi della legge "il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni". Si definisce come reato proprio, in quanto può essere commesso soltanto da un funzionario della PA ed è quello più gravemente sanzionato. In alcuni casi, può comportare anche l'interdizione dagli uffici, perpetua o temporanea. In poche parole, può essere accusato di questo comportamento illegale chi si fa dare o promettere, per sé o per altri, denaro, la cosiddetta mazzetta del gergo giornalistico, o un altro vantaggio anche non patrimoniale abusando della propria posizione. Caso molto frequente nella cronaca giornalistica è anche quello del funzionario della PA che chiede di nominare una persona come tecnico per l'esecuzione di alcune opere da lui imposte. Esistono, poi, vari tipi di concussione, da quella violenta a quella fraudolenta, e anche la condotta può esplicitarsi in due differenti modalità: costrizione e induzione.
Corruzione
In generale con corruzione si indica l'azione del funzionario della Pubblica amministrazione che accetta un'utilità (in genere la cosiddetta "mazzetta") per compiere o non compiere un atto relativo alla sua attività. Il Codice penale riconosce casi e reati specifici.
Corruzione per l'esercizio della funzione
L'articolo 318 del Codice Penale precisa: "Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a sei anni". Questo è il reato di corruzione per l'esercizio della funzione o corruzione impropria antecedente. In alcuni casi, stabiliti all'articolo 322 ter del Codice Penale, è prevista anche la confisca dei beni che costituiscono l'oggetto del profitto indebito, e al 322 quater cp la riparazione pecuniaria.
Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio
Del reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio si parla all'articolo 319 del Codice Penale: "Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni". Questa, definita corruzione propria, è la forma più grave di corruzione perché danneggia l'interesse della Pubblica Amministrazione al rispetto dei criteri di buon andamento e imparzialità a cui è chiamata dalle legge. Sono previste, infine, anche delle circostanze aggravanti, per cui la pena può essere aumentata "quando il fatto ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene". Si ricorda che il corruttore rischia le stesse pene del corrotto.
Corruzione in atti giudiziari
In base all'articolo 319 ter del Codice Penale, se i fatti di corruzione siano commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni; se poi, da ciò deriva la condanna ingiusta di qualcuno la pena aumenta da sei a dodici anni di reclusione, arrivando addirittura a 20 se la condanna ingiusta per il terzo soggetto va dai 5 anni di carcere all'ergastolo.
Istigazione alla corruzione
L'ordinamento giuridico italiano prevede anche il reato di istigazione alla corruzione. L'articolo 322 cp prevede che chiunque cerchi di corrompere una persona senza riuscirci è punito con le medesime pene previste nel caso in cui la corruzione riesce, ma ridotte di un terzo.
Malversazione
Si parla di malversazione ai danni dello Stato all'articolo 326 Bis del Codice Penale: "Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni".
Abuso d'ufficio
Il reato di abuso d'ufficio (art. 323 cp) si ha quando un pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio delle sue funzioni produce un danno o un vantaggio patrimoniale che è in contrasto con le norme di legge o di regolamento, come per esempio l'attribuzione di un posto di lavoro. In altre parole, in questo modo si tende a difendere la trasparenza della stessa PA. La pena è la reclusione da uno a quattro anni, ma può essere aumentata in caso di particolare gravità.
Rifiuto e omissione di atti d'ufficio
Questi reati sono entrambi previsti e disciplinati dall'articolo 328 cp: "Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni". E continua: "Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa". In altre parole, il reato si verifica quando il Pubblico Ufficiale o l'incaricato di Pubblico servizio non compie un atto richiestogli, quindi dovuto, entro 30 giorni, non esponendo le ragioni del ritardo.
Usurpazione di funzioni pubbliche
Questo reato è commesso da chi chi svolge delle funzioni pubbliche o si appropria di attribuzioni pubbliche senza averne titolo. In particolare, l'articolo 347 del Codice Penale recita: "Chiunque usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico impiego è punito con la reclusione fino a due anni". Lo stesso vale anche per il funzionario pubblico che non cessa le sue funzioni quando gli è richiesto. In questo caso "la condanna importa la pubblicazione della sentenza".