Risoluzione alternative delle controversie (ADR)
Un sistema in cui l'esercizio della giurisdizione è affidato allo stato, cioè è sostanzialmente pubblico (e, in un sistema, in cui il ricorso agli arbitri privati è visto con sfavore oppure, quanto meno, è disincentivato) per ridurre il numero dei procedimenti pendenti possono essere seguite alcune strade:
- 1) aumentano i giudici e i funzionari addetti alla macchina della giustizia (aumentando il costi dello stato);
- 2) si disincentiva il ricorso alla giustizia (aumentando i costi per il cittadino, si aumentano i costi di accesso alla giustizia aumentando bolli contributi ecc.), ma disincentivare il ricorso alla giustizia non è mai una vittoria per lo stato, posto che si crea un sistema di illegalità diffusa (ed impunita);
- 3) oppure si crea un sistema alternativo di risoluzione delle controversie (più o meno amichevole) c.d. ADR, i cui costi sono a carico dei cittadini. Il tentativo obbligatorio di conciliazione tende a soddisfare l'interesse generale sotto un duplice profilo, da un lato, evitando che l'aumento delle controversie attribuite al giudice ordinario provochi un sovraccarico dell'apparato giudiziario, con conseguenti difficoltà per il suo funzionamento; dall'altro, favorendo la composizione preventiva della lite, che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento più immediato rispetto a quella conseguita attraverso il processo.
Mediazione obbligatoria
La mediazione obbligatoria è uno degli istituti che rientra nel più ampio sistema ricompreso in quello che viene definito come "risoluzioni alternative delle controversie". In assenza di un volontario ricorso alle procedure di risoluzione alternative delle dispute è necessario rendere obbligatorio o "imporre ex lege" l'uso di tali strumenti, rendendo il procedimento di mediazione (o di qualsiasi una qualsiasi adr) necessariamente propedeutico all'accesso alla giustizia.
Non è mancato chi ha visto nell'uso obbligatorio (o imposto ex lege) della mediazione (o degli altri strumenti di risoluzione della lite) una evidente contraddizione simile a quella nella quale si cadrebbe nel momento in cui ci si reca in un ospedale per essere curati e l'ospedale prima di accogliere il malato impone allo stesso di curarsi da solo …!
Anche quando si rende la mediazione obbligatoria, non tutti i procedimenti giurisdizionali possono essere subordinati al tentativo obbligatorio di mediazione, (almeno immediatamente) infatti, sono esclusi sia quelli urgenti, sia quelli che per struttura (semplificata) e funzione (accertamento sommario) hanno un impatto limitato sul sistema giustizia e il tentativo di mediazione obbligatoria viene attivato in una fase successiva.
Anche in questo modo il sistema della mediazione non è esente da problematiche, infatti, se il decreto ingiuntivo non è immediatamente subordinato alla mediazione obbligatoria, ma diventa necessario esperire il tentativo di mediazione obbligatoria solo in presenza dell'opposizione al decreto ingiuntivo, diventa controverso chi tra debitore e creditore deve iniziare il tentativo obbligatorio di mediazione.
Altre situazioni complesse sorgono nel momento in cui l'atto processuale è subordinato a termini di decadenza come nell'ipotesi dell'art. 1137 cc .
Conciliazione Corecom
L'obbligo di procedere ad un tentativo di conciliazione obbligatoria presso il c.d. Corecom nasce dall'art. 1 comma 11 della legge 31 luglio 1997, n. 249 (recante "Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni" Agcom) "L'Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze. Per le predette controversie, non puo' proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione"
Con delibera n. 173 del 2007 l'AGCOM ha adottato un nuovo regolamento che ha confermato il tentativo obbligatorio di conciliazione per "le controversie in materia di comunicazioni elettroniche tra utenti finali ed operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale ed ai diritti degli utenti finali stabilite dalle norme legislative, dalle delibere dell'Autorità, dalle condizioni contrattuali e dalle carte dei servizi" (art. 2, comma 1), disponendo che "il ricorso in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Co.re.com competente per territorio munito di delega a svolgere la funzione conciliativa".
Decreto ingiuntivo e conciliazione corecom: insistenza di una norma di legge che impone il tentativo obbligatorio di conciliazione
L'obbligo di effettuare il tentativo di conciliazione anche quando si usa lo strumento del decreto ingiuntivo non può derivare dal regolamento Agcom del 2007/173 in quanto l'art. 1, comma 11 della legge n. 249/1997 -richiamato espressamente dall'art. 84 del Codice- limitato la competenza in materia dell'AGCOM solo:
- a) alla disciplina delle "modalità" attraverso le quali le parti in lite potenziale possono pervenire ad una "soluzione non giurisdizionale" delle controversie
- b) alla individuazione delle singole tipologie di controversie -in materia di comunicazioni- tra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze, ovvero tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze, da assoggettare alla procedura conciliativa obbligatoria.
Quindi, il "regolamento" approvato con delibera n. 173/2007, deve ritenersi in contrasto con la norma di legge attributiva della competenza, ed in quanto tale deve essere disapplicato ai sensi dell'art. 5 della legge 20.3.1865 n. 2248 All. E.
Decreto ingiuntivo e conciliazione corecom: insistenza di una interpretazione che impone il tentativo obbligatorio di conciliazione
L'obbligatorietà del tentativo di risoluzione extragiudiziaria della controversia, comportando un inevitabile effetto dilatorio della tutela giurisdizionale, dovuto ai tempi (per quanto ridotti) di svolgimento della procedura conciliativa, viene necessariamente a cedere di fronte ad immediate esigenze di tutela anticipata cui provvedono le "misure cautelari", in quanto strumentali ad evitare un attuale pregiudizio grave ed irreparabile al diritto.
Negli altri "procedimenti sommari", diretti a fornire spedita tutela al diritto allo scopo di evitare lo svolgimento del giudizio di merito, si tratterà di verificare, caso per caso, se gli obiettivi cui è preordinato il tentativo obbligatorio di conciliazione siano – egualmente o meglio- già assicurati dalle modalità di svolgimento di tali procedimenti giurisdizionali (rendendosi quindi inutile un ulteriore aggravio di tempi connessi alla procedura conciliativa), ovvero se, invece, la procedura conciliativa, intesa a pervenire ad un accordo stragiudiziale sostitutivo della decisione di merito adottata all'esito del giudizio, risulti oggettivamente incompatibile con la struttura stessa di detti procedimenti. In entrambi questi casi, infatti, tali procedimenti dovrebbero ritenersi sottratti alla condizione di procedibilità del previo esperimento del tentativo conciliativo.
Un elemento di incompatibilità tra procedimento sommario (decreto ingiuntivo) e conciliazione è stato individuato nel contraddittorio delle parti: infatti, il procedimento di conciliazione (presuppone il contraddittorio) ed il procedimento monitorio (che non prevede contraddittorio nella fase sommaria).
All'istituto della conciliazione sono quindi per estranei i casi in cui il processo si debba svolgere in una prima fase necessariamente senza contraddittorio, come accade per il procedimento per decreto ingiuntivo. Non avrebbe infatti senso imporre, nella fase pregiurisdizionale relativa al tentativo di conciliazione, un contatto fra le parti che invece non è richiesto nella fase giurisdizionale ai fini della pronuncia del provvedimento monitorio."
Tale argomento è stato alla base anche della disciplina della condizione di procedibilità della "mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali", introdotta dal travagliato decreto delegato 4.3.2010 n. 29 che all'art. 5, comma 4, lett. a), ha previsto espressamente tra i casi per i quali è esclusa la obbligatorietà della mediazione i procedimenti per ingiunzione.
Pertanto, deve ritenersi non conforme a diritto, e va dunque cassata, la statuizione del Giudice di appello che ha ritenuto di assoggettare il ricorso monitorio, nelle materie riservate alle competenze dell'AGCOM, al previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, dovendo in conseguenza ritenersi errata la qualificazione della condizione di accesso al giudizio di merito avanti l'AG, prevista dall'art. 1, comma 11, della legge n. 249/1997, come "condizione di proponibilità" dell'azione giudiziaria -in tal senso è stata implicitamente intesa dai Giudici di merito che hanno revocato il decreto monitorio-, dovendo la stessa intendersi piuttosto avuto riguardo alle indicate modalità di applicazione del modello conciliativo alla peculiare disciplina processuale del ricorso monitorio- come "condizione di procedibilità", conformemente alla interpretazione che della norma di legge è stata fornita da questa Corte alla stregua della esplicita indicazione contenuta nell'art. 3, comma 1, del "regolamento" approvato con delibera AGCOM n. 173/2007 ("… il ricorso in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione…"). Ne segue che il giudice di primo grado o di appello, qualora dichiari la temporanea improcedibilità della opposizione a decreto ingiuntivo, deve sospendere il processo ed assegnare, ove necessario, alle parti, il termine per l'esperimento dello stesso, restando salvi, al momento della prosecuzione del processo, gli effetti sostanziali e processuali dell'atto introduttivo del giudizio di merito proposto dall'opponente.
Cass., civ. sez. III, del 14 dicembre 2016, n. 25611