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Chiusura delle liti in Commissione Tributaria Centrale

L’agenzia delle Entrate con la Circolare del 02.10.2012 n. 39/E fornisce i chiarimenti sulla chiusura delle liti ultradecennali pendenti in Commissione Tributaria Centrale.
A cura di Paolo Giuliano
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Agenzia delle Entrate

Circolare n. 39/E del 2 ottobre 2012

Oggetto: Definizione delle liti ultradecennali pendenti in Commissione Tributaria Centrale – Articolo 29, comma 16–decies, del decreto legge  29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni,  dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14

Indice

Premessa; 1. Quadro normativo e giurisprudenza comunitaria; 2. Ambito di applicazione; 3. Presupposto della soccombenza; 4. Efficacia temporale della norma di interpretazione autentica; 5. Ulteriori presupposti richiesti per la definizione automatica; 6. Passaggio in giudicato della decisione; 7. Reclamo;

Premessa

L’articolo 29, comma 16-decies , del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (c.d. Milleproroghe 2011), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha introdotto alcune nuove disposizioni riguardanti la Commissione tributaria centrale.

In particolare, il citato comma 16-decies, inserito in sede di conversione, è intervenuto sulle previsioni recate dall’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, stabilendo:

· il differimento al 31 dicembre 2013 del termine “per l’esaurimento dell’attività della Commissione tributaria centrale”, che l’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), secondo periodo, del DL n. 40 del 2010 fissava al 31 dicembre 2012;

· l’interpretazione autentica delle disposizioni di cui all’articolo 3, comma 2- bis, lettera a), primo periodo, del DL n. 40 del 2010, concernenti la definizione automatica delle controversie ultradecennali pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale.

Con la presente circolare si forniscono chiarimenti in ordine agli effetti della predetta interpretazione autentica.

1. Quadro normativo e giurisprudenza comunitaria

Al fine di ridurre l’eccessiva durata dei processi tributari e di accelerare la chiusura dei giudizi pendenti in Commissione tributaria centrale, l’articolo 3, comma 2- bis, lettera a), primo periodo, del DL n. 40 del 2010 ha previsto che “le controversie tributarie pendenti che originano da ricorsi iscritti a ruolo nel primo grado, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (26 maggio 2010, n.d.r.), da oltre dieci anni, per le quali risulti soccombente l’Amministrazione finanziaria dello Stato nei primi due gradi di giudizio, … con esclusione di quelle aventi ad oggetto istanze di rimborso, sono automaticamente definite con decreto assunto dal presidente del collegio o da altro componente delegato.”.

Al riguardo, con circolare n. 37/E del 21 giugno 2010, è stato chiarito che la norma richiede, in pratica, che “il ricorso introduttivo del giudizio sia stato iscritto a ruolo entro la data del 25 maggio 2000”, come è, del resto, normale “per i ricorsi proposti ai sensi del previgente articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, vale a dire prima del 1° aprile 1996 (entrata in vigore della riforma del processo tributario)”. In sintesi, per tali ricorsi, “la data di iscrizione a ruolo in ogni caso è ovviamente anteriore al 26 maggio 2000”.

In ordine agli altri presupposti stabiliti dalla norma per la definizione delle liti ultradecennali, al punto 6.1.3 della circolare n. 37/E del 2010 si è precisato che “La definizione trova applicazione esclusivamente con riferimento alle controversie tributarie pendenti per le quali l’Amministrazione finanziaria sia risultata integralmente soccombente nei precedenti gradi del giudizio”.

Dalla formulazione della norma è stata, dunque, desunta la non definibilità delle liti “per le quali l’Amministrazione sia risultata anche parzialmente vittoriosa – indipendentemente dalla misura – in almeno uno dei precedenti gradi.” (citato punto 6.1.3 della circolare n. 37/E del 2010).

Sullo specifico presupposto della soccombenza dell’Amministrazione finanziaria è intervenuto il comma 16-decies  dell’articolo 29 del DL n. 216 del 2011, in base al quale l’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), primo periodo, del DL n. 40 del 2010 “si interpreta nel senso che, con riferimento alle sole controversie indicate nel predetto comma ed in presenza delle condizioni previste dalla predetta disposizione, nel caso di soccombenza, anche parziale, dell’amministrazione finanziaria nel primo grado di giudizio, la mancata riforma della decisione di primo grado nei successivi gradi di giudizio determina l’estinzione della controversia ed il conseguente passaggio in giudicato della predetta decisione”.

Successivamente, la Corte di giustizia europea, con la sentenza del 29 marzo 2012, causa C-500/101, ha sancito la compatibilità con i principi comunitari in materia di IVA della disciplina concernente la definizione automatica delle liti ultradecennali pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale, contenuta nell’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), del DL n. 40 del 2010.

A sostegno della decisione, la Corte di giustizia ha osservato che “l’obbligo di garantire l’efficace riscossione delle risorse dell’Unione non può contrastare con il rispetto del principio del termine ragionevole di un giudizio”, rilevando che l’articolo 3, comma 2-bis , lettera a), del DL n. 40 del 2010 “prevede l’estinzione dei soli procedimenti in materia tributaria la cui durata, a decorrere dalla proposizione del ricorso in primo grado, sia superiore a dieci anni alla data di entrata in vigore di detta disposizione, e che esso persegue l’obiettivo, …, di rimediare alla violazione dell’osservanza del termine ragionevole prevista dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU”.

Inoltre, i giudici europei hanno ritenuto che la misura in esame “Non costituisce una rinuncia generale alla riscossione dell’IVA per un dato periodo, bensì una disposizione eccezionale diretta a far osservare il principio del termine ragionevole, estinguendo le procedure più vecchie pendenti dinanzi al giudice tributario di terzo grado, con la conseguenza che la decisione di secondo grado passa in giudicato”.

2. Ambito di applicazione

L’interpretazione autentica recata dall’articolo 29, comma 16- decies, del DL n. 216 del 2011 riguarda la sola definizione automatica delle liti ultradecennali pendenti in Commissione tributaria centrale, come peraltro emerge dalla formulazione letterale della medesima norma, riferita unicamente alle disposizioni di cui alla lettera a) del comma 2- bis  dell’articolo 3 del DL n. 40 del 2010.

Si sottolinea, pertanto, che la norma in commento non produce alcun effetto rispetto alla definizione agevolata delle controversie ultradecennali pendenti in Corte di cassazione, disciplinata dalla successiva lettera b) del comma 2-bis dell’articolo 3 del DL n. 40 del 2010.

In virtù di tale ultima disposizione, le controversie ultradecennali pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l’Amministrazione finanziaria dello Stato fosse risultata soccombente nei precedenti gradi di giudizio, potevano “essere estinte con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia …, e contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89”.

In merito alla predetta definizione agevolata rimangono, pertanto, integralmente validi i chiarimenti forniti al riguardo nella circolare n. 37/E del 2010, in base alla quale “ai fini della valutazione del presupposto della soccombenza, occorre guardare all’esito conforme nei precedenti gradi del giudizio, avendo presente che le pendenze in Cassazione possono essere definite anche se precedute da tre gradi di giudizio (Commissioni tributarie di primo, secondo grado e centrale) a condizione tuttavia che sia stato registrato un triplice, conforme esito sfavorevole per l’Amministrazione finanziaria” (richiamato punto 6.1.3).

Più specificamente, per la definizione agevolata delle liti ultradecennali pendenti innanzi alla Suprema Corte continua a sussistere il presupposto della totale soccombenza dell’Amministrazione finanziaria nei precedenti gradi di giudizio; in definitiva, in tali ipotesi la definizione agevolata è sempre esclusa a fronte di una soccombenza meramente parziale.

Si ricorda, inoltre, che la Corte di giustizia europea, con sentenza del 29 marzo 2012, causa C-417/102, ha statuito la legittimità anche della definizione agevolata delle liti ultradecennali pendenti innanzi alla Corte di cassazione di cui alla lettera b) del comma 2-bis dell’articolo 3 del DL n. 40 del 2010.

In proposito, la Corte di giustizia ha affermato che “Il diritto dell’Unione … deve essere interpretato nel senso che non osta … all’applicazione di una disposizione nazionale che prevede l’estinzione dei procedimenti pendenti dinanzi al giudice che pronuncia in ultimo grado in materia tributaria, mediante pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia, qualora tali procedimenti traggano origine da ricorsi proposti in primo grado più di dieci anni prima della data di entrata in vigore di tale disposizione e l’amministrazione finanziaria sia rimasta soccombente nei primi due gradi di giudizio”.

3. Presupposto della soccombenza

Come anticipato, la disposizione interpretativa di cui all’articolo 29, comma 16- decies, del DL n. 216 del 2011 chiarisce che “nel caso di soccombenza, anche parziale, dell’amministrazione finanziaria nel primo grado di giudizio, la mancata riforma della decisione di primo grado nei successivi gradi di giudizio determina l’estinzione della controversia ed il conseguente passaggio in giudicato della predetta decisione”.

Pertanto, la lite è definibile anche qualora il primo grado di giudizio si sia concluso con una pronuncia parzialmente sfavorevole all’Amministrazione finanziaria e i giudici di appello abbiano confermato detta pronuncia.

In altri termini, la definibilità della controversia sussiste anche qualora l’Amministrazione finanziaria sia rimasta soltanto parzialmente soccombente in primo grado, a patto, tuttavia, che tale soccombenza sia stata confermata dal giudice di secondo grado.

La casistica riconducibile alla fattispecie normativamente individuata è, dunque, la seguente:

a) decisione di primo grado totalmente sfavorevole all’Amministrazione finanziaria, confermata in secondo grado;

b) decisione di primo grado parzialmente sfavorevole all’Amministrazione finanziaria, confermata in secondo grado.

Di contro, sono escluse dalla definizione automatica le controversie in cui la decisione di secondo grado parzialmente sfavorevole non confermi esattamente la decisione di primo grado parzialmente sfavorevole.

Alla luce dell’articolo 29, comma 16-decies, del DL n. 216 del 2011, “la mancata riforma della decisione di primo grado nei successivi gradi di giudizio” va, infatti, intesa come precisa conferma della pronuncia emessa sul ricorso introduttivo del giudizio.

Al riguardo si precisa che la conferma in appello della sentenza di primo grado è ravvisabile solo nei casi in cui ad essere accolta è la medesima domanda giudiziale (o le medesime domande) su cui si è pronunciato favorevolmente il giudice di prime cure.

A titolo di esempio, va esclusa la definibilità della lite qualora il giudice di primo grado abbia accolto la prima delle domande azionate con il ricorso introduttivo del giudizio, mentre il giudice di appello si sia pronunciato favorevolmente sulla seconda ovvero su eventuali altre domande, esprimendosi negativamente in ordine alla prima.

Va anche evidenziato che l’identità di soccombenza deve essere valutata solo in rapporto alla domanda giudiziale (c.d. petitum) e non in relazione ai motivi su cui tale domanda si fonda (c.d. causa petendi).

A titolo di esempio, è ammessa la definibilità automatica della lite per la quale il giudice di appello abbia accolto la medesima domanda giudiziale accolta dal giudice di prime cure, sia pure assumendo a sostegno della decisione motivazioni diverse.

In coerenza con la predetta soluzione, le controversie ultradecennali pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale risultano non definibili qualora:

  • la decisione di primo grado totalmente sfavorevole all’Amministrazione finanziaria sia stata riformata dal giudice di secondo grado con una pronuncia totalmente o parzialmente favorevole alla stessa;
  • la decisione di primo grado parzialmente sfavorevole all’Amministrazione finanziaria sia stata riformata dal giudice di secondo grado con una pronuncia totalmente favorevole alla stessa;
  • la decisione di primo grado parzialmente sfavorevole all’Amministrazione finanziaria sia stata riformata dal giudice di secondo grado con una pronuncia totalmente sfavorevole alla stessa;
  • la decisione di primo grado parzialmente sfavorevole all’Amministrazione finanziaria non sia stata esattamente confermata dal giudice di secondo grado (come nell’esempio fatto in precedenza, può accadere che il giudice d’appello si sia pronunciato favorevolmente su domande giudiziali diverse da quelle accolte dalla Commissione di primo grado).

In forza delle disposizioni recate dall’articolo 29, comma 16-decies, del DL n. 216 del 2011 e avuto riguardo alla sola definizione automatica delle liti ultradecennali pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale, si devono ritenere superati i chiarimenti forniti con la circolare n. 37/E del 2010 relativamente al presupposto della soccombenza dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare, limitatamente alla definizione automatica in esame, devono ritenersi non più valide le precisazioni di cui al punto 6.1.3 della citata circolare, nella parte in cui si afferma che “La definizione trova applicazione esclusivamente con riferimento alle controversie tributarie pendenti per le quali l’Amministrazione finanziaria sia risultata integralmente soccombente nei precedenti gradi di giudizio. Non sono pertanto definibili le liti per le quali l’Amministrazione sia risultata anche parzialmente vittoriosa – indipendentemente dalla misura – in almeno uno dei precedenti gradi”.

4. Efficacia temporale della norma di interpretazione autentica

L’articolo 29, comma 16- Decies , secondo periodo, del DL n. 216 del 2011, avendo natura interpretativa, è dotato di efficacia retroattiva. Pertanto, è applicabile a tutti i rapporti giuridici che al momento della sua entrata in vigore –  vale a dire al 28 febbraio 2012 – non erano ancora esauriti presso la Commissione tributaria centrale.

Si ribadisce che – come già precisato al punto 6.2 della circolare n. 37/E del 2010 – la definizione automatica concerne le controversie pendenti, alla data del 26 maggio 2010, innanzi alla Commissione tributaria centrale.

Di conseguenza esulano dall’ambito di applicazione dell’articolo 3, comma 2- bis , lettera a), del DL n. 40 del 2010 – e della relativa norma interpretativa qui in commento –le controversie per le quali, alla data del 26 maggio 2010, risultava già depositato il dispositivo della decisione presso la segreteria, in quanto il relativo giudizio presso la Commissione tributaria centrale deve considerarsi esaurito. La pubblicazione del dispositivo della decisione della Commissione – mediante il deposito presso la segreteria – invero “individua il momento terminale del giudizio” (citato punto 6.2 della circolare n. 37/E del 2010).

5. Ulteriori presupposti richiesti per la definizione automatica

Fermo restando quanto chiarito in merito alle ipotesi di soccombenza parziale dell’Amministrazione finanziaria, si evidenzia che, ai fini della definizione automatica delle liti ultradecennali pendenti in Commissione tributaria centrale, è necessaria la sussistenza degli ulteriori presupposti stabiliti dall’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), del DL n. 40 del 2010.

Ai sensi dell’articolo 29, comma 16-Decies, del DL n. 216 del 2011, è, infatti, richiesta la “presenza delle condizioni previste dalla predetta disposizione”, vale a dire dall’articolo 3, comma 2-bis , lettera a), del DL n. 40 del 2010.

In sintesi, è necessario che:

  • · la controversia origini da un ricorso introduttivo del giudizio iscritto a ruolo entro la data del 25 maggio 2000 (cfr. punto 6.1.1 della circolare n. 37/E del 2010);
  • · parte in giudizio sia “l’Amministrazione finanziaria dello Stato” ovvero l’Agente della riscossione, “quando l’ente titolare della pretesa tributaria in contestazione è comunque l’Amministrazione finanziaria dello Stato” (punto 6.1.2 della circolare n. 37/E del 2010);
  • · la controversia sia pendente alla data del 26 maggio 2010, vale a dire a tale data non sia stato depositato il dispositivo della decisione presso la segreteria della Commissione tributaria centrale (cfr. punto 6.2 della circolare n. 37/E del 2010);
  • · la controversia non abbia ad oggetto istanze di rimborso ovvero la mera spettanza di un’agevolazione (cfr. punto 6.3 della circolare n. 37/E del 2010);
  • · la controversia non abbia ad oggetto “avvisi di accertamento o in rettifica volti a contestare il diritto ad eccedenze d’imposta, dalle quali possa derivare, al definitivo esito del processo, l’obbligo di effettuare un rimborso a favore del contribuente” (punto 6.3 della circolare n. 37/E del 2010).

6. Passaggio in giudicato della decisione

L’articolo 29, comma 16- decies, del DL n. 216 del 2011 prevede che “la mancata riforma della decisione di primo grado nei successivi gradi di giudizio determina l’estinzione della controversia ed il conseguente passaggio in giudicato della predetta decisione”.

La lettera della norma indurrebbe, quindi, a ritenere che – a seguito della definizione – si verifichi il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

Si osserva, tuttavia, che, in base alle comuni regole processuali, il passaggio in giudicato si verifica nei confronti dell’ultima sentenza resa; tali regole sono, peraltro, confermate anche dalle statuizioni espresse dalla Corte di Giustizia europea con la sentenza del 29 marzo 2012, causa C-500/10, citata al punto 1.

Invero, i giudici comunitari – nello stabilire che il diritto europeo non osta all’applicazione dell’articolo 3, comma 2- bis, lettera a), del DL n. 40 del 2010 – hanno precisato che la conseguente estinzione automatica della controversia “produce il passaggio in giudicato della decisione di secondo grado, nonché l’estinzione del credito rivendicato dall’Amministrazione tributaria”.

Rapportando il predetto principio con la norma di interpretazione autentica in commento, ne deriva che l’estinzione della controversia verificatasi a seguito della definizione automatica determina, in ogni caso, il passaggio in giudicato della decisione di secondo grado.

In realtà, la formulazione della norma può trovare giustificazione nel significato dell’interpretazione autentica in essa contenuta, la quale richiede ai fini della definizione che, in caso di sentenza di primo grado parzialmente favorevole all’Amministrazione finanziaria, la sentenza d’appello non ne stabilisca la riforma, secondo quanto precisato al precedente punto 3.

Ulteriore effetto – espressamente indicato dalla Corte di giustizia europea – è l’estinzione del credito rivendicato dall’Amministrazione finanziaria, che è da ritenersi parziale nel caso in cui la stessa Amministrazione non sia stata integralmente soccombente in secondo grado.

Pertanto, limitatamente alla definizione automatica delle controversie ultradecennali pendenti in Commissione tributaria centrale, devono ritenersi superati i chiarimenti forniti al punto 6.3 della circolare n. 37/E del 2010, nella parte in cui si afferma che la dichiarazione di estinzione del giudizio per intervenuta definizione non “comporta il passaggio in giudicato della sentenza sfavorevole all’Amministrazione finanziaria, impugnata dal contribuente in Commissione tributaria centrale”.

7. Reclamo

Come evidenziato al punto 6.4 della circolare n. 37/E del 2010, le controversie ultradecennali pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale “sono automaticamente definite con decreto assunto dal presidente del collegio o da altro componente delegato”.

Si ribadisce, quindi, che l’articolo 3, comma 2-bis, lettera a), del DL n. 40 del 2010 non richiede la presentazione di un’istanza da parte del contribuente né il versamento di alcuna somma.

Si tratta, in definitiva, di una definizione che opera ex lege, in presenza dei presupposti fin qui descritti, e che viene dichiarata con decreto del Presidente o di altro componente delegato della Commissione tributaria centrale.

Si ricorda che tale decreto, poiché dichiara la cessazione della materia del contendere a seguito della definizione, ha il medesimo contenuto decisorio dell’ordinanza prevista dal primo comma dell’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636.

Pertanto, ai sensi dell’indicato primo comma dell’articolo 27 del DPR n. 636 del 1972, il provvedimento di estinzione viene comunicato alle parti “a mezzo di raccomandata a cura della segreteria” e l’estinzione diviene definitiva se, “entro 60 giorni dalla predetta comunicazione, non venga da una delle parti avanzato ricorso al collegio con formale istanza notificata alla controparte”.

In definitiva, il decreto di estinzione è reclamabile innanzi al Collegio entro 60 giorni dalla comunicazione.

Qui la circolare in formato pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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