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Cessione del credito durante l’esecuzione forzata

Cassazione del 30.8.2018 n. 21395 ha affermato che in caso di cessione del credito l’esecuzione forzata in corso può proseguire su impulso creditore cedente, ma il cessionario può intervenire nel processo, facendo valere il negozio di cessione, con estromissione del cedente. Qualora il cessionario del credito, ovvero l’attuale titolare del diritto di credito per la cui soddisfazione si procede, abbia spiegato il suo intervento, costituendosi, è a lui che passa la facoltà di dare impulso al processo esecutivo, determinandosi la estromissione automatica del cedente, senza necessità che essa venga espressamente disposta, non potendo i due soggetti condividere lo stesso ruolo.
A cura di Paolo Giuliano
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Cessione del credito

Il credito può essere trasferito da un soggetto ad un altro. Questo istituto viene regolato dal codice con al cessione del credito. si tratta di un negozio bilaterale, a cui partecipano solo creditore originario (cedente) e nuovo creditore (cessionario), il debitore non è parte della cessione, ma al debitore va notificata la cessione del credito solo al fine di garantire una corretta legittimazione all'adempimento (pagamento al nuovo creditore e non al vecchio creditore).

In altri termini, al cessione potrebbe anche non essere mai portata a conoscenza del debitore e il debitore conserverebbe il diritto a pagare all'originario creditore  e non al cessionario del credito. Se la cessione non viene notificata al debitore è il creditore successivo che si assume il rischio di non ricevere il pagamento da debitore.

La cessione presuppone la sostituzione di un creditore (originario) ad un nuovo creditore (cessionario), ci si chiede se rientra anche nella cessione del credito situazioni che portano a risultati simili (ma non identici), come, ad esempio, la cessione dell'intera partecipazione in una società.

Non trattandosi di un negozio formale, la prova della cessione del credito può essere fornita con ogni mezzo.

Diversa dalla prova della cessione del credito è la prova relativa all'ammontare del credito che non può essere fornita dalla cessione del credito, ma deve essere fornita dal titolo con il quale è sorto il credito.        

La cessione del credito presuppone un credito e, quindi, nella maggior parte dei casi un precedente negozio (ad esempio un mutuo) dal quale sorge il credito, se viene meno il contratto ad quale sorge il credito viene meno anche la cessione del credito.

Cessione del credito e l'esecuzione forzata

La cessione del credito non ha limiti di tempo, nel senso che può essere effettuata in qualsiasi tempo prima dell'adempimento del debitore (poiché una cessione del credito effettuata dopo il pagamento del debitore avrebbe ad oggetto un bene, il credito,  non più esistente).

La cessione del credito può essere effettuata anche durante l'esecuzione forzata, iniziata dal creditore originario, il quale ha anche iniziato l'esecuzione forzata per recuperare il credito.

Cessione del credito durante l'esecuzione forzata e individuazione della parte processuale

Quando il creditore inizia l'esecuzione forzata per recupere il credito e nel corso dell'esecuzione forzata cede il credito, si verifica una successione nella titolarità del credito dal creditore originario al nuovo creditore, ma sorge anche un problema relativo alla procedura esecutiva, infatti, occorre individuare quale soggetto è legittimato a dare impulso al procedimento esecutivo.

Occorre, cioè individuare il principio giuridico che permette di individuare la parte processuale nel processo esecutivo in presenza di una cessione del credito (considerando che la cessione del credito non deve essere – necessariamente – portata a conoscenza del debitore).

Al processo esecutivo si applica, con gli eventuali, necessari adattamenti, l'art. 111 c.p.c., per cui, in caso di trasferimento a titolo particolare del diritto controverso, il processo normalmente prosegue tra le parti originarie salva la facoltà dell'avente causa dalla parte originaria di intervenire.

Pertanto, in caso di cessione del diritto di credito per il quale è stata promossa espropriazione forzata, il cedente mantiene la legittimazione attiva ("ad causam") a proseguire il processo, salvo che il cessionario si opponga (l'art. 111 cod. proc. civ. si  applica all'espropriazione immobiliare quanto alla successione a titolo particolare nella posizione creditoria, non anche quanto alla successione a titolo particolare nella posizione debitoria: cfr. Cass. n. 8936/13, pur con gli adattamenti richiesti dalle caratteristiche del processo).

In particolare, con riferimento alla cessione del credito, l'esecuzione in corso può proseguire su impulso (o con l'intervento) del cedente, ma il cessionario può intervenire nel processo, facendo valere il negozio di cessione, con estromissione del cedente (Cass. n. 7780 del 2016) .

Ne consegue che qualora il cessionario del credito, ovvero l'attuale titolare del diritto di credito per la cui soddisfazione si procede abbia spiegato il suo intervento, costituendosi, è a lui che passa la facoltà di dare impulso al processo esecutivo, determinandosi la estromissione automatica del cedente, senza necessità che essa venga espressamente disposta, non potendo i due soggetti condividere lo stesso ruolo.

Posizione più vantaggiosa del creditore originario (cedente)

Potrebbe capitare che – nell'esecuzione forzata – la posizione de creditore originario è più vantaggiosa rispetto a quella del creditore acquirente del credito (cessionario).

In queste situazioni, il cessionario che abbia scelto di intervenire disvelando il suo ruolo di titolare attuale del credito non può pretendere validamente di trincerarsi dietro la posizione del suo dante causa, se più favorevole, e di giovarsi della più favorevole condizione del suo dante causa, soprattutto quando  non abbia compiuto un adempimento necessario per rendere opponibile ai terzi anche in suo favore il privilegio di cui godeva il cedente ( v. anche Cass. n. 15622 del 2017, secondo la quale legittimazione ad agire in executivis deve essere risolta attribuendo la stessa anche al cedente, che ben può proseguire nell'esecuzione, a meno che il cessionario non si opponga).

In altri termini, il creditore cessionario non può pretendere al tempo stesso di intervenire in giudizio quale attuale titolare del credito, in virtù della cessione, e che il ricavato della vendita fosse attribuito alla sua dante causa, ormai estromesso, per fruire del privilegio ipotecario di questa.

Principi generali in caso di cessione del credito durante l'esecuzione forzata

E' opportuno affermare che:

-anche al processo esecutivo si applica, con gli eventuali, necessari adattamenti, l'art. 111 c.p.c., per cui il processo, in caso di trasferimento a titolo particolare del credito per cui si procede, di regola prosegue tra le parti originarie salva la facoltà dell'avente causa dalla parte originaria di intervenire;

-con l'intervento del cessionario il cedente non è più legittimato nella procedura esecutiva, senza che sia necessaria di una espressa declaratoria di estromissione in tal senso;

-il cessionario di un credito ipotecario, non annotato a margine dell'iscrizione ipotecaria, non può avvalersi del privilegio ipotecario in danno dei creditori sia precedenti che successivi alla cessione, atteso il valore costitutivo della annotazione, ex art. 2843 c.c. ( v. Cass. n. 17644 del 2007 e succ);

– non è quindi la cessione del credito che rimane inefficace nei confronti dei terzi, ma è il trasferimento del privilegio, che può avvenire solo previa annotazione a margine dell'atto di iscrizione;

-questa regola non produce i suoi effetti nel solo caso in cui l'intervento sia spiegato dopo la vendita del bene e dopo l'emissione del decreto di trasferimento perché, in quel momento, la garanzia si è già trasferita sul prezzo ricavato dalla vendita forzata e la surrogazione è, di per sé sola, sufficiente a trasferire il diritto di essere soddisfatto con preferenza su tale prezzo. Se l'intervento viene effettuato quando il bene è stato già venduto, infatti, non è più possibile effettuare l'annotazione del mutamento soggettivo del creditore e della sua surrogazione, perché essendo già stato venduto in sede esecutiva il bene non esiste più la formalità ipotecaria sul bene e sono cadute le facoltà conseguenti, salvo il diritto di prelazione che si è trasferito sul ricavato della vendita.

Cass., civ. sez. III, del 30 agosto 2018, n. 21395

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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