Vizi dell'opera nel contratto di appalto
L'art. 1668 cc applica, in concreto, il principio generale della conservazione del contratto, offrendo al committente la possibilità di conservare l'opera (anche se difforme dalle aspettative) infatti, il codice prevede che il committente può chiedere che le difformità dell'opera (rispetto a quanto concordato) oppure i vizi dell'opera (realizzata dall'appaltatore) siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno.
Quindi, nel contratto di appalto il committente, che lamenti difformità o difetti dell'opera, può richiedere, a norma dell'art. 1668, primo comma, cod. civ., che le difformità o i difetti siano eliminati a spese dell'appaltatore (mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall'esecuzione forzata degli obblighi di fare art. 2931 cod. civ.), oppure che il corrispettivo sia ridotto e, in aggiunta o in alternativa, che gli venga risarcito il danno derivante dalle difformità o dai vizi.
L'effetto finale è quello di permettere al committente di acquisire l'opera e di conservare il contratto di appalto.
Eliminazione dei vizi e l'integrale rifacimento dell'opera
Quando si discute di vizi dell'opera si considerano sempre i vizi di minore entità che possono essere facilmente eleminati, ma nulla esclude che possono essere presenti dei vizi che per essere eliminati devono portare all'integrale rifacimento dell'opera appaltata.
Ora, nulla esclude che per eliminare i vizi si debba procedere all'integrale rifacimento dell'opera.
Sul punto la Cassazione civ. sez. II del 2 aprile 2019 n. 9152 ha stabilito che "il risarcimento e/o la eliminazione dei danni da difformità dell'opera può richiederne anche il totale rifacimento, senza che ciò determini un vizio di extrapetizione. Anche in presenza dei presupposti per domandare la risoluzione del contratto di appalto, il committente può limitarsi a chiedere l'eliminazione, a spese dell'appaltatore, delle difformità o dei vizi da cui l'opera risulta affetta, pure se tale eliminazione sia possibile solo attraverso l'integrale rifacimento dell'opera medesima (Cass. n. 3454 del 1996). E che la responsabilità dell'appaltatore per le difformità ed i vizi dell'opera, va quantificata nella spesa necessaria per l'eliminazione dei vizi anche ove questa comporti l'integrale rifacimento dell'opera (Cass n. 5948 del 2000; cfr. anche Cass. n. 7061 del 2002)." Cass. civ. sez. II del 2 aprile 2019 n. 9152
Pagamento del corrispettivo all'appaltatore in presenza dei vizi dell'opera
Capita spesso che il committente sospende il pagamento del corrispettivo dopo aver denunciato i vizi, ritenendo che i vizi dell'opera facciano perdere all'appaltatore il diritto al corrispettivo; in realtà, quando il committente, rileva l'esistenza di vizi dell'opera (e non pretende l'eliminazione diretta da parte dell'esecutore del lavoro) e chiede, invece, il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento), il credito dell'appaltatore per il corrispettivo rimane invariato.
Le diverse domande risarcitorie proponibili in presenza di vizi dell'appalto
I vizi dell'opera appaltata possono portare al risarcimento del danno, ma sussistono delle differenze tra le diverse domande risarcitori proponibili in presenza di vizi dell'opera appaltata.
Infatti, da un lato, si pone la domanda risarcitoria, proposta quando l'azione di eliminazione dei vizi non sia utilizzabile, dall'altro si pone la domanda risarcitoria proposta quando l'azione di eliminazione dei vizi è proponibile, ma resta senza esito:
- la prima postula la colpa dell'appaltatore ed è utilizzabile per il ristoro del pregiudizio che non sia eliminabile mediante un nuovo intervento dell'appaltatore stesso (come nel caso di danni a persone o a cose, o di spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente);
- la seconda, che prescinde dalla colpa dell'appaltatore tenuto comunque alla garanzia ex art. 1667 cod. civ., tende a conseguire un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica che l'art. 1668 accorda in prima battuta, della quale rappresenta il sostitutivo legale, mediante la prestazione della eadem res debita.
La domanda risarcitoria proposta sotto forma di restituzione del corrispettivo
Può capitare che il committente chieda con un atto processuale la restituzione del corrispettivo (già corrisposto) dell'appalto in presenza di vizi dell'opera. In questa situazione occorre chiedersi se si è in presenza di una domanda di risoluzione del contratto o di una domanda di risarcimento del danno (equiparato al corrispettivo) ex art. 1668 comma I cc.
Naturalmente, la soluzione dipende dall'interpretazione dell'atto di citazione attività riservata al giudice. E per trovare una soluzione si può fare riferimento all'ipotesi in cui il committente vuole riservare a se l'eliminazione dei vizi, in tale situazione la domanda di risarcimento è fatta comunque rientrare nell'azione di riduzione del corrispettivo (non già corrisposto).
Questo significa che non contrasta con il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, se la domanda accolta (che la parte ricorrente indica come di restituzione del corrispettivo, implicante cioè una risoluzione non domandata) rispetto a quella proposta (di risarcimento del danno).
Cass. civ. sez. II del 16 ottobre 2017 n. 24305