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Acquisizione dei documenti del decreto ingiuntivo nell’opposizione al decreto

Cassazione 28.9.2018 n. 23455 i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo., seppur non prodotti nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice, in forza del principio “di non dispersione della prova” ormai acquisita al processo, e non possono perciò essere considerati nuovi.
A cura di Paolo Giuliano
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Le prove fornite a sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo.

Quando il creditore decide (e ha la possibilità) di usare il procedimento previsto per ottenere il decreto ingiuntivo deve portare a sostegno della sua domanda (del credito vantato) una serie di documenti, che verranno depositati insieme al ricorso per decreto ingiuntivo.

Le prove fornite durante la successiva fase di opposizione al decreto ingiuntivo.

Se il debitore decide di opporsi al decreto ingiuntivo, si apre un procedimento di cognizione piena, nel quale il debitore porterà a sostegno della propria domanda  altri documenti (con l'opposizione a decreto ingiuntivo, che è sostanzialmente un atto di citazione) il creditore potrà depositare altri documenti con la comparsa di risposta.

L'acquisizione dei documenti depositati con il ricorso per decreto ingiuntivo nella  successiva fase di opposizione al decreto ingiuntivo.

Resta da chiedersi cosa accade se il creditore non deposita nel procedimento di opposizione le prove depositate con il decreto ingiuntivo, la stessa domanda può essere posta chiedendosi se  le prove fornite durante la fase monitoria devono essere (di nuovo) depositare durate la fase a cognizione piena, oppure, sono  acquisite automaticamente al processo di opposizione.

Si tratta (in generale) anche di coordinare due principi: quello dell'inesistenza,  nel processo civile, del principio di "immanenza della prova", (non si può tener conto di  documenti "fisicamente" assenti dal fascicolo al momento della decisione) e il principio "di non dispersione della prova ormai acquisita" , fondato su motivi di economia processuale e sulla ragionevole durata del processo (ad esempio, i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo seppur non prodotti nuovamente nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice di tale fase).

Il rapporto tra fase monitoria e fase a cognizione pinea

Occorre chiarire il rapporto tra fase monitoria (decreto ingiuntivo) e fase a cognizione piena (opposizione a decreto ingiunto) non sussiste  autonomia tra il procedimento che si apre con il deposito del ricorso monitorio e quello originato dall'opposizione ex art. 645 c.p.c., ecco, quindi, che se non sussiste autonomia tra le due fasi è evidente che non dovrebbe sussistere un problema di deposito di nuovi documenti o di acquisizione di nuovi documenti.

I documenti non depositati nell'opposizione a decreto ingiuntivo, ma depositati al momento del ricorso per decreto ingiuntivo

I documenti allegati al ricorso per decreto ingiuntivo  benché non prodotti nella fase di opposizione nel termine di cui all'art. 184 c.p.c.,  seppur non prodotti nuovamente nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice di tale fase, in forza del principio "di non dispersione della prova" ormai acquisita al processo, e non possono perciò essere considerati nuovi, sicché, ove siano in seguito allegati all'atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili"

Principi generali acquisizione in materia di documenti e prove e ritiro produzione di parte

I principi possono essere così sintetizzati

  • la documentazione prodotta unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo su cui si fonda la pretesa vantata deve ritenersi acquisita al giudizio anche per le successive fasi di cognizione;
  • la prova documentale e testimoniale esaminata dal giudice di primo grado che, quanto alla sua storicità, ne dà conto in motivazione, pur soggetta a nuova valutazione da parte del giudice d'appello deve ritenersi acquisita agli atti, anche in base alla sentenza di primo grado pronunciata, visto il valore di atto pubblico del provvedimento decisorio del giudice;
  • la perentorietà del termine entro il quale, a norma dell'art. 169, comma 2, c.p.c., deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento dell'art. 345 c.p.c. alle sole prove "nuove" e, quindi, ai documenti che si pretenda di introdurre per la prima volta nel secondo grado, tra i quali non rientrano quelli contenuti nel fascicolo di parte di primo grado, ove prodotti nell'osservanza delle preclusioni probatorie di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c.;
  • nell'ipotesi in cui la costituzione in giudizio dell'appellato avvenga in udienza e ne venga dato atto nel relativo verbale ( documento fidefacente) nel quale poi si attesti il ritiro del fascicolo di parte, l'avvenuto deposito di esso ( del quale risultano a disposizione del collegio le veline) e la sua esistenza devono ritenersi dimostrate attraverso la susseguenza logica di tali eventi, comprovati dagli atti fidefacenti che ne danno conto;
  • nel caso in cui, nel giudizio d'appello, la parte, dopo essersi costituita, ritiri il fascicolo di parte ed ometta di depositarlo nuovamente dopo la precisazione delle conclusioni, incorre in una mera irregolarità che il giudice di merito può fronteggiare attraverso una prudente valutazione delle veline a sua disposizione o, nel dubbio, attraverso la rimessione della causa sul ruolo.

Cass., civ. sez. III, del 28 settembre 2018, n. 23455  

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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