Dieci anni fa la zona di Forcella, cuore di Napoli e di una serie di vicende interminabili di cronaca nera, era proprio come oggi: all'apparenza aperta e allegra, nei fatti pericolosa e ostile. Esattamente dieci anni fa, quando Annalisa Durante, quattordici anni, fu colpita durante un conflitto a fuoco tra camorristi giovani e rapaci, le articolesse degli inviati dei Grandi Giornali, le considerazioni dei "camorrologi" e degli specialisti un-tanto-al-pezzo, le suggestioni dei narratori della camorra pop, di quel disinformato romanzo criminale vesuviano che mischia neomelodici, gioventù, pallottole e oleografia in una mezcla che fa più danni della grigia cronaca, hanno spiegato cosa vedevano quel dedalo di vicoli lasciato a marcire dal Dopoguerra, solo in quel momento svelato quale monumento all'illegalità, periferia nella città. Dieci anni fa il misciuglio di politica delle promesse, anticamorra militante, giornalismo commovente, sacerdoti in trincea e chi più ne ha, ne metta, tramutò (a parole) la tragedia in un'occasione di riscatto. Far rinascere il rione sporco di sangue innocente e trasformarlo in qualcosa di positivo. Che sfida. Una scuola "Annalisa Durante", un centro sociale per i giovani, i controlli di polizia contro piccole e grandi illegalità, i colpevoli dell'omicidio arrestati e processati, i giornali schierati con decisione sul fronte del rinnovamento sociale, morale e culturale. La favola bella che ieri m'illuse, che oggi ancora c'illude, per dirla col Poeta.
A Forcella dieci anni sono serviti a seppellire ogni progetto, a calpestare ogni promessa, a rendere ridicole le affermazioni pronunciate all'epoca da ministri, sindaci, presidenti di Provincia, di Regione, presidenti del Consiglio. Nell'ora degli anniversari con la cifra tonda ufficialmente – lo dice l'attuale assessore comunale alla Cultura – il Comune di Napoli, la Fondazione Pol.i.s. (quella finanziata dalla Regione Campania) e l'Associazione Annalisa Durante e Libera "si asterranno dal promuovere iniziative pubbliche, nel rispetto della volontà della famiglia di Annalisa che ha voluto in questa occasione solo un momento intimo e privato di raccoglimento religioso". La verità che nell'ovattato ambiente dell'anticamorra partenopea si sussurra ma non si esplicita è quella semplicissima e ovvia: perché dopo dieci anni bisognerebbe ritornare nella Forcella dimenticata? Per mettere un fiocco sull'oblìo? Per un applauso al fallimento? Per un commosso inchino all'inutilità delle forze politiche, sociali, culturali e pure alle forze dell'ordine? Il papà di Annalisa, Giovanni, ha creato un centro culturale per bambini in cui raccoglie libri da ragazzi del quartiere. Tutt'intorno, il deserto. Esattamente come in quel mese di marzo di tanto tempo fa.