È dura la vita dei fustigatori quando si ritrovano a dover governare un partito, ad avere a che fare con delle elezioni e quindi le conseguenti candidature e soprattutto quando si tratta di giudicare il proprio lavoro piuttosto che puntare il dito contro gli altri. E così il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio si ritrova, proprio mentre proseguono le trattative per trovare una via per formare un governo, ad avere la sua prima bugia certificata (o mancata promessa o "fake news" o chiamatela come volete) rimangiandosi ciò che aveva dato su Emanuele Dessì, il cinquantaquattrenne eletto nel collegio Lazio 3 nella lista plurinominale per il Senato. È la parabola, inevitabile e scontata, di chi punta tutto sulla "pulizia morale" impegnandosi con tutte le forze nel denunciare le sporcizie degli altri (fino a spingersi nel credersi gli unici "puri") tralasciando la discussione sulla scelta della classe dirigente, sul metodo democratico (ma che sia anche garanzia di qualità) e su una sana autocritica. L'impalcatura del Movimento – «gli onesti siamo solo noi» – implica una rovinosa caduta nel caso in cui gli (inevitabili) errori della politica avvengano in casa. Non c'è nulla di diverso da quella che fu la traiettoria dell'Italia dei Valori (nonostante Di Pietro non arrivò mai a percentuali così alte, ma erano altri tempi) e non sarà nemmeno l'ultimo caso di fustigatori che finiscono fustigati dallo stesso sdegno che hanno alimentato. Almeno che non ci si corregga in fretta.
«Ho sentito Emanuele Dessì oggi, e abbiamo prima di tutto convenuto che è incensurato, non è un impresentabile, ma lui stesso ha convenuto con grande senso di responsabilità che continuare a farsi strumentalizzare per attaccare il M5S non ha senso, quindi mi ha dichiarato la sua volontà di fare un passo indietro e ha rinunciato alla sua candidatura e ha rinunciato alla sua eventuale elezione in Parlamento», aveva annunciato Di Maio il 3 febbraio scorso, facendo riferimento all'amicizia del candidato senatore con un membro del clan Spada a Ostia, alle sue dichiarazioni su facebook in cui si vantava di avere picchiato un rumeno e a quei 7 euro al mese che Dessì paga di affitto per la sua abitazione di proprietà Ater, l’azienda comunale che si occupa dell’edilizia popolare per il comune di Frascati.
Ieri invece Danilo Toninelli (capogruppo al senato del M5S) ha candidamente dichiarato che Dessì sarà regolarmente iscritto nel gruppo del Movimento poiché non «è stato riscontrato, infatti, alcun profilo di incompatibilità, né sono emersi elementi di natura penale, civile o anche fiscale che impediscano a Dessì di partecipare alla vita politica del gruppo in cui è stato regolarmente eletto» aggiungendo che «la richiesta che egli stesso ha avanzato al comune di Frascati, di rideterminazione del canone abitativo con effetto immediato, anticipando quindi di circa un anno le verifiche previste dalla normativa, risulta un gesto apprezzabile che rimuove anche eventuali ostacoli di opportunità, fatto sempre salvo che il canone abitativo finora corrisposto da Dessì è previsto dalla legge».
Ma il tema, attenzione, non è il candidato "sbagliato" che capita ogni volta che ci si ritrova a scegliere tra grandi numeri (e ci si ritrova di fronte a travolgenti risultati elettorali): qui il punto è la patetica reazione di fronte all'errore. Dichiarare come ha fatto Toninelli che "non risultano elementi di natura penale) significa di fatto azzerare le fondamenta di tutta la critica grillina degli ultimi anni. Ci sono profili inopportuni indipendentemente dalle rilevanze penali oppure no? Questa è la scelta. Se davvero su Dessì non dovrebbero interessarci le foto con il mafioso, le parole violente e inopportune o il privilegio (questo sì, da "casta") di avere una casa "gratis" a differenza dei comuni cittadini allora non si spiega perché le critiche politiche sugli avversari dovrebbero invece valere; se davvero il M5S è "diverso" dagli altri partiti che promettono cose che non fanno allora perché non si è avverata questa promessa sull'impresentabile Dessì? E poi: se questa legge elettorale è una "truffa" (come la definì Di Maio) poiché non fa scegliere i cittadini che c'entrano i voti con Dessì (inserito nel listino proporzionale, dove stanno quelli che vengono definiti "paracadutati" se sono di altri partiti)?
Oppure, semplicemente, la politica è una pratica molto più complessa di quello che a qualcuno torna comodo far credere. E anche sei questo forse Di Maio farebbe bene a riflettere. In fretta.