Di Maio avverte i dissidenti M5s: “Dobbiamo essere compatti, dovete accettare le decisioni”
Sceglie la metafora della “testuggine romana” Luigi Di Maio per chiamare a raccolta parlamentare e militanti del Movimento 5 Stelle in uno dei momenti più delicati della vita del governo Conte. Alla vigilia di passaggi parlamentari decisivi, che culmineranno con il lavoro sulla legge di bilancio (che si annuncia lungo e complesso, anche in ragione delle bocciature della UE e degli analisti indipendenti), il vicepresidente del Consiglio scrive un lungo post per “richiamare all’ordine” i parlamentari del Movimento 5 Stelle “dissidenti”, ovvero coloro i quali hanno espresso più di un dubbio sulle ultime scelte del governo, dalla TAP al condono per le case di Ischia, passando per il decreto fiscale e l’arrendevolezza alla Lega su alcune norme del decreto immigrazione.
“Nel giro di quattro mesi e mezzo abbiamo portato a casa metà del programma elettorale votato da un terzo degli italiani”, spiega Di Maio, aggiungendo che il M5s è al centro di una campagna fatta di “vili attacchi” da UE, stampa, agenzie di rating e opposizione parlamentare. Poi l’affondo:
Siamo seduti dalla parte giusta della Storia e se avanzeremo insieme compatti anche la vittoria di questa battaglia sarà nostra. Ma dobbiamo essere compatti. Molto compatti. Fusi insieme. Come lo era la testuggine romana, una formazione di fanteria dell'esercito romano che era di grande complessità perché richiedeva un importante coordinamento collettivo. Dava come risultato una massa compatta e protetta in modo impenetrabile e veniva usata in particolare durante gli assedi. Se qualcuno dei soldati si fosse sfilato dalla formazione a testuggine avrebbe condannato i propri compagni e tutte le retrovie alla morte o a finire prigionieri. Avrebbero anche messo a repentaglio l'esistenza stessa dello Stato romano e tutti i soldati erano ben consci delle loro responsabilità, non solo come gruppo, ma anche come individui. Oggi nel nostro esercito alcuni stanno dando segni di cedimento e visto che tra di noi siamo in famiglia è bene che queste cose ce le diciamo. Questi cedimenti non ce li possiamo permettere. Non possiamo permetterceli come MoVimento 5 Stelle, non possiamo permetterceli come governo e soprattutto non possiamo permetterceli come Italia. Perché al minimo cedimento su qualsiasi fronte tutto il terreno che abbiamo conquistato tornerà terra di nessuno. E dopo tutti gli sforzi fatti sarebbe un delitto rimanere con un pugno di mosche in mano. I cittadini, giustamente, non ce lo perdonerebbero mai.
Nella lettura del ministro del Lavoro, infatti, “tutto quello che stiamo facendo rispetta i 20 punti che abbiamo presentato in campagna elettorale, quello che abbiamo votato su Rousseau e i nostri principi”, dunque le critiche devono necessariamente essere smorzate e ricondotte a dialettica interna. E dunque:
Qualcuno di noi però si sta prendendo a cuore alcune cose, alcuni dettagli che sollecitano una loro sensibilità individuale, non un nostro valore comune. E il risultato è che minaccia di sfilarsi dalla testuggine mettendo a repentaglio non solo il Governo, ma anche le possibilità dell'Italia di avere un futuro diverso da quello che gli altri avevano già scritto per noi. E' bene infatti avere molto chiaro che dalla compattezza della testuggine del MoVimento dipende non solo il futuro del governo, ma anche quello del nostro Paese. Chi si sfila si prende questa responsabilità dinanzi ai cittadini e di questo dovrà renderne conto.
Ogni singolo problema va affrontato e anche le sensibilità di ognuno hanno un grande valore, ma mai al punto di mettere in discussione il supremo bene collettivo di tutti i cittadini. Le decisioni nel MoVimento 5 Stelle si prendono sempre a maggioranza e per questo devono essere accettate da tutti i singoli componenti. Non possiamo rischiare che il reddito di cittadinanza, la pensione di cittadinanza, il superamento della Fornero, l'eliminazione delle pensioni d'oro, gli investimenti per le imprese, la riaffermazione della nostra sovranità come Paese vengano rimessi in discussione perché qualcuno decide di fare un passo indietro di testa sua.